Corriere della Sera - La Lettura
Sott’esame il Rembrandt che «inventò» il cinema
Nel febbraio 2019 cominciano le iniziative per i 350 anni dalla morte di Rembrandt. Si preparano mostre, convegni e pubblicazioni, che indagheranno su vari aspetti dell’opera del pittore olandese: le sue investigazioni sull’interiorità e sui lati segreti di ogni individuo; le sue ricognizioni intorno alla «psicologia della carne», intesa come groviglio di emozioni, egoismi, odori, sessualità; le sue meditazioni sulla soglia che divide l’esistenza dal suo contrario; i suoi interrogativi sulla morte, presentata senza orpelli, come vulcano di energia, antro di dolori; infine, le sue scoperte nell’ambito del paesaggismo, che lo portano a cogliere l’anima nascosta nelle pieghe della natura.
Questo anniversario sarà anche un’occasione per misurarsi con la contemporaneità di Rembrandt (nato a Leida il 15 luglio 1606 e morto ad Amsterdam il 4 ottobre 1669). Che non è stato solo un mirabile ritrattista o un prodigioso paesaggista. Egli è stato anche tra gli involontari padri della «settima arte», come ha sottolineato con acume critico Peter Greenaway in un ciclo di lecture tenuto nel 2010 all’Università di Berkeley. «Si dice che il cinema sia nato con i fratelli Lumière nel 1895, ma in realtà io dico che il cinema è nato alla fine del XVI secolo grazie a quattro pittori: Caravaggio, Rembrandt, Rubens e Velázquez. Nelle punte delle loro dita hanno presente ogni elemento del cinema, hanno anche il movimento e quasi includono il suono».
Dipinta nel 1642 per decorare la Sala della guardia nel palazzo del Municipio di Amsterdam, in origine La ronda di notte era più grande: nel 1715 fu mutilata di circa sessanta centimetri in altezza e di quasi mezzo metro in larghezza per essere adattata a un’altra sala. Anche nelle dimensioni attuali, resta di straordinario impatto: sembra accogliere nel suo spazio illusorio lo spettatore, che ha l’impressione di sentire voci, rumori, colpi. Alcuni aspetti fondamentali la caratterizzano. Le figure «bagnate» da una luce che squarcia il buio. L’ombra, che risucchia le cose nel nulla. La volontà di esprimere — come fa Shakespeare — la Totalità come compresenza di Essere e Non-Essere. La sapienza con cui si allude alla percezione del moto di un gruppo militare: non soldati generici, né uomini riposti in un alveo intemporale, ma individui ben caratterizzati socialmente. Un ritratto di situazione.
P i t t o r e d i s t o r i a , me mo r e d e l l a comédie humaine di Bruegel, Rembrandt «filma» il momento esatto in cui il capitano della compagnia di Frans Banning Cocq — in primo piano, con il bastone e la fascia rossa del comando — dà l’ordine al suo luogotenente — vestito con un’uniforme color oro pallido — Willem van Ruytenburch di far avanzare in marcia i suoi uomini ancora sparpagliati. Intorno, fervono i preparativi: si caricano e si scaricano gli archibugi, si srotola la bandiera, si afferrano le picche, si muovono le bacchette sui tamburi. Decisivo il gesto della mano di Cocq. Che imprime un senso drammatico all’insieme. Si evoca il passaggio dalla staticità alla (potenziale) azione. Irradiata dagli effetti brillanti del chiaroscuro, la scena acquista un significativo vigore. Una luminosità quasi mistica enfatizza alcuni volti e alcuni corpi, un’architettura seminascosta, le lance e gli stendardi. Puro cinema in nuce, il cui autore sembra pre-vedere le immagini in movimento, comportandosi come un regista.
La qualità filmica del capolavoro di Rembrandt presto riaffiorerà di nuovo: su un altro registro. Nel luglio del prossimo anno inizierà il suo restauro. E sarà come un reality. Una parete di vetro trasparente separerà la «sala operatoria» dal pubblico. Il delicato intervento dei restauratori sarà documentato da una webcam. Il pubblico potrà assistere in diretta a questa cerimonia, che verrà trasmessa anche in streaming. Un modo diverso per provare a entrare in quel giacimento di misteri e di simboli nascosti che è La ronda di notte.
Benvenuti nel Nuovo Cinema Rembrandt.