Corriere della Sera - La Lettura
Il segreto sta a Roma ma va cercato a Capri
Torna un romanzo di Mario Soldati del 1954, che si rivela un gioiello del Novecento
Soldati scrittore Mario regista, Mario Soldati scrittore e regista. C’era però un terzo Soldati più misterioso e affascinante: l’inconsapevole attore che recitava con inesauribile creatività sé stesso trasformandosi in un personaggio sempre diverso. In un qualcuno che riusciva sempre con le sue metamorfosi a sorprendere gli amici. Indro Montanelli, formidabile ritrattista nelle 4 mila battute d’un elzeviro, ha scritto con folgorante semplicità: «Soldati non si veste, si trucca». Perfetto. In Soldati, questo è certo, l’uomo di spettacolo e l’uomo-spettacolo avevano la meglio persino sul letterato formatosi su innumerevoli e raffinate letture accompagnate da serissimi studi di storia dell’arte. D’altronde proprio la cultura gli dà modo, in un suo libro bellissimo e meno noto Cinematografo (Sellerio), di spiegare parlando di grandi registi, di scrittori famosi, di operatori cinematografici, di teatri di posa cosa sia per lui la creatività. Un misto di magia, artigianato, azzardo creativo e complicità con il caso.
In ogni modo, anche se Mario protesterebbe, in lui il regista accompagna felicemente nelle opere migliori il roman- ziere. Se e quando la trama sembra vicino a incepparsi, a suggerirgli il seguito interviene proprio il mestiere cinematografico, il ricorso mirato ai colpi di scena e alle risoluzioni sorprendenti sperimentate nelle sceneggiature. E non è tutto. Nelle Lettere da Capri, adesso riproposto da Bompiani con una impegnativa e dunque meritevole introduzione di Mariarosa Bricchi, i personaggi femminili più che vere donne le diresti pensate da Soldati con i volti di attrici all’epoca famose. Le immagini, dopo che hanno recitato la parte loro assegnata con grande professionalità la- sciare il set per andare a struccarsi in camerino e tornare così sé stesse.
Siamo a Roma, corrono gli anni dell’immediato dopoguerra. Bighellonando per via Margutta, la famosa strada dei pittori, un regista rassegnato a una dignitosa ma non eccelsa professionalità, in cui Soldati si adopera non senza civetteria a farsi riconoscere, incontra un tal Harry. Un intellettuale americano, che arrivato nella Capitale con gli alleati, ha messo radici nella Città eterna appro- fittando d’una di quelle crisi esistenziali che giustificano assieme a un ozio immusonito uno sfacciato concedersi ai piaceri carnali. Eccolo così godersi i favori d’una attizzante prostituta, Dorothea, che un po’ lo ama e un po’ lo tradisce sapendo così di inuzzolirlo. Nella vita del nostro c’è tuttavia anche un’altra donna, Jane, che dietro l’intonaco d’una esistenza timida e castigata nasconde un segreto. Una torbida e lasciva relazione di cui le lettere capresi del titolo offrirebbero una testimonianza inquietante.
A questo punto il romanzesco trionfa e non si può fargli il torto di ridurlo a una fredda parafrasi. Basti che Soldati giochi non senza maliziosa consapevolezza con espedienti anche da scrittore d’appendice per dar vita a un romanzo fra i più leggibili e meritevoli del nostro secondo Novecento.