Corriere della Sera - La Lettura
Montagne visibili, montagne invisibili
Paolo Cognetti mette nero su bianco il suo cammino sull’Himalaya. Paesaggi straordinari, natura che atterrisce e alimenta una strana familiarità: naturalmente più che un viaggio in Nepal è un viaggio dentro, o intorno, a sé stessi
hanno un sentiero curato dall’opera dell’uomo. E questo sentiero è ininterrottamente percorso da gente che cammina: giovani, vecchi, ragazzine, carovane di muli (pericolosi: bisogna sempre scansarsi), monaci, pellegrini, appassionati del trekking, cosicché non sei mai solo.
Ma c’è di più. Il sentiero, infatti, tocca dei piccoli villaggi che hanno pure un nome e un tempio, ma ce ne sono altri così esili — una fila di case sul bordo del sentiero, uno spaccio — che non sono nemmeno segnati sulla carta. Però la gente ci vive. Tutto l’anno. Infine, esistono le cosiddette tea-house, vale a dire i piccoli alberghi nei quali si fermano a dormire quelli che scelgono di non fare il viaggio in tenda, come invece hanno fatto Cognetti e i suoi amici.
Questi alberghetti sono stupendi: legno per terra, l’orto per le verdure da accompagnare al riso, lampade di cherosene spente alle otto e, magari, uno strudel buonissimo, lascito culturale di un viaggiatore austriaco, un Penguin sgualcito, lascito culturale di un viaggiatore inglese. Poi, la cuccetta.
La meta del viaggio di Paolo Cognetti è una montagna sacra, la Montagna di Cristallo, sulla quale non si può salire, dalla quale dicono che si veda un’altra montagna sacra sulla quale non si può salire: e cioè il Kailash, dove abitano gli dei. Una cosa che impari lassù, scrive Cognetti, «è che non tutto quello che esiste è visibile agli occhi, non tutto è comprensibile, non tutto lo puoi cogliere e portare con te». È vero. Così come è difficile spiegare lo sgomento che ti provocano quelle immense, irraggiungibili pareti di ghiaccio. Mentre è più facile descrivere il sollievo che si prova stendendosi su un prato al sole, sentendo il respiro che si decontrae, il corpo che gode di un benessere amico, il pensiero che si allarga a una sconosciuta purezza.
Paolo Cognetti è un innamorato della montagna. E anche un po’ innamorato di sé stesso in quanto amante, consapevole, della montagna. Ma che male c’è?