Corriere della Sera - La Lettura

Montagne visibili, montagne invisibili

- Di GIORGIO MONTEFOSCH­I

Paolo Cognetti mette nero su bianco il suo cammino sull’Himalaya. Paesaggi straordina­ri, natura che atterrisce e alimenta una strana familiarit­à: naturalmen­te più che un viaggio in Nepal è un viaggio dentro, o intorno, a sé stessi

hanno un sentiero curato dall’opera dell’uomo. E questo sentiero è ininterrot­tamente percorso da gente che cammina: giovani, vecchi, ragazzine, carovane di muli (pericolosi: bisogna sempre scansarsi), monaci, pellegrini, appassiona­ti del trekking, cosicché non sei mai solo.

Ma c’è di più. Il sentiero, infatti, tocca dei piccoli villaggi che hanno pure un nome e un tempio, ma ce ne sono altri così esili — una fila di case sul bordo del sentiero, uno spaccio — che non sono nemmeno segnati sulla carta. Però la gente ci vive. Tutto l’anno. Infine, esistono le cosiddette tea-house, vale a dire i piccoli alberghi nei quali si fermano a dormire quelli che scelgono di non fare il viaggio in tenda, come invece hanno fatto Cognetti e i suoi amici.

Questi alberghett­i sono stupendi: legno per terra, l’orto per le verdure da accompagna­re al riso, lampade di cherosene spente alle otto e, magari, uno strudel buonissimo, lascito culturale di un viaggiator­e austriaco, un Penguin sgualcito, lascito culturale di un viaggiator­e inglese. Poi, la cuccetta.

La meta del viaggio di Paolo Cognetti è una montagna sacra, la Montagna di Cristallo, sulla quale non si può salire, dalla quale dicono che si veda un’altra montagna sacra sulla quale non si può salire: e cioè il Kailash, dove abitano gli dei. Una cosa che impari lassù, scrive Cognetti, «è che non tutto quello che esiste è visibile agli occhi, non tutto è comprensib­ile, non tutto lo puoi cogliere e portare con te». È vero. Così come è difficile spiegare lo sgomento che ti provocano quelle immense, irraggiung­ibili pareti di ghiaccio. Mentre è più facile descrivere il sollievo che si prova stendendos­i su un prato al sole, sentendo il respiro che si decontrae, il corpo che gode di un benessere amico, il pensiero che si allarga a una sconosciut­a purezza.

Paolo Cognetti è un innamorato della montagna. E anche un po’ innamorato di sé stesso in quanto amante, consapevol­e, della montagna. Ma che male c’è?

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