Corriere della Sera - La Lettura
Versi non da leggere ma da guardare
Immaginate di avere a disposizione tutta l’arte, tutta la poesia, tutta la produzione mediatica di questo mondo, e di doverla rielaborare e condensare in una cartolina 12x10. Immaginate di avere una possibilità per esprimere tutti voi stessi in un piccolo rettangolo. Come per ogni cosa esperibile dall’essere umano, quel che creerete, anche la più insignificante delle opere, avrà dei livelli interpretativi, avrà delle sfumature, dei piccoli perché dentro a perché più grandi. Quel che produrrete sarà figlio del vostro background culturale, della vostra educazione, della vostra indole e delle vostre conoscenze. Anche ciò che non avrà senso per voi stessi creatori, potrebbe averlo per chi dovesse incappare nella vostra opera. Che cosa realizzereste? Una foto? Un testo? Un collage?
Ecco, questa è la sfida di Imago Mundi, e questo è il mondo di possibilità che ritroverete in questo «catalogo» di poesia visiva creata da artisti provenienti da tutta Europa. Come per molte opere d’arte, questa produzione potrà sembrare uno sforzo immenso per un’operazione estetico-archivistica fine a sé stessa, potrà piacervi come idea, come forma, come aspetto e come oggetto, oppure potrà, come ha fatto a me, farvi venire voglia di imparare tutto quello che si possa sul lavoro degli artisti e su ciò che c’è dietro a quasi tutte le opere presenti. Potreste trovarci ricordi che pensavate perduti, oppure scoprire collegamenti o rimandi ad altre opere d’arte. Insomma, potreste sentirvi come loro, i creatori di quel che state osservando.
Ogni livello di fruizione di questo testo, da semplice oggetto da collezione a compendio da consultare per cercare appigli per aprirci nuovi mondi, è appagante e utile. L’oggetto in sé è bello, l’introduzione piacevole, lo sfoglio ispira, la lettura informa e soffermarsi su quei piccoli lavori cattura. Quindi, l’unico consiglio che si può dare nell’affrontare questo libro è: perdetevi. Un’immagine può colpire per la sola estetica, come quelle di Bove o di Gerbi, per i significati letterali, come quelle di Dal Fior o Galántal & Kótun, o per l’unione dei due aspetti, come in Albani, Corsini o Frateur.
Perdetevi a capirle, perdetevi a non capirle, perdetevi a leggere la breve biografia di chi le ha create e provate a perdervi nei perché, nei rimandi, nei titoli, provate a seguire fili di pensieri, onde di significati che diventano significanti e viceversa. Provate a capire chi per voi sia un vero artista, un vero poeta, qualcuno in grado di dare, oltre che di ricevere e rielaborare; provate a lasciarvi suonare da quel che vedete, trovate quelle che per voi sono poesie, trovate quelle che non vi dicono nulla e scoprite quanto sia bella la sorpresa di capire che, in realtà, quelle a voi incomprensibili, a volte sono solo inaccessibili perché non conoscevate ancora ciò che le ha generate (a volte sono solo pretenziose ideuzze, ma la vita è così): ritrovatevi senza respiro davanti al mondo che avete ancora da conoscere, da scoprire, da imparare. Godetevi quel sentirsi inutili, quel sentirsi «in potenza» che ci dimentichiamo troppo spesso essere il motivo primo per cui siamo ancora in grado di stupirci.
Geografie Un’esposizione a Treviso e un volume danno conto della vivace fioritura di un genere, la poesia visiva, che ha solide radici nel ’900. È la nuova mappatura del progetto Imago Mundi, una pluralità di voci che invita a perdersi. E a ricordarsi che l’arte è limite e volontà di superarlo. Qui ne scrive il tre volte campione di «poetry slam»
Chiedetevi perché. Chiedetevi che cosa sia successo nelle vite di questi artisti, perché davanti alla possibilità di veicolare il più alto dei messaggi possibili, abbiano scelto ciò che state osservando, fatevi colpire da particolari derivati da derive che anche voi avete assimilato, durante la vostra vita. Trovate soggetti o interpretazioni che vi rispecchino, trovate chi abbia un gusto diametralmente opposto al vostro.
Provate a cercare somiglianze e differenze, provate a collegare luoghi e parole, giocate con questi pezzi di un puzzle più grande delle parti che lo compongono. Provate a provare. Lasciatevi sorprendere. Che sia anche solo l’impatto dello scoprire l’immensa produzione di Imago Mundi, oppure la sensazione tattile del libro tra le mani, il profumo delle pagine, l’impaginazione, ogni singola immagine, o, ultimo ma non ultimo, tutto ciò che sta «dietro» l’immagine, lasciate che la vostra testa si pieghi, o il vostro sopracciglio si inarchi, che la mascella scenda o che le spalle si sollevino, vivete questo libro come si vivono le prime volte.
Vivetelo come si vivono le cose sublimi, quelle che ci fanno paura e affascinano: vivetelo un po’ come un falò. In ogni scintilla contenuta in questo libro, ci sono incendi interi, mondi da scoprire; fatevi infiammare, tra francobolli, tele apparentemente bianche (che fanno sorridere bello), cascate di lettere, forme composte (e scomposte) da parole, ritagli di giornale, rimandi, zanzare, trattati e colori.
Scorretelo veloce e mescolate tutto in un flusso informe, apritelo a caso una volta al giorno, leggete ogni singola pagina e dedicate tutto il tempo che credete giusto alle immagini, vi posso assicurare che, la prossima volta che lo riaprirete, troverete un particolare che non avevate notato, un’idea sulla quale non vi eravate soffermati, un peso che non vi aveva ancora cambiati.
Lasciate che ogni spunto sia un frattale che si dirama come i rimandi ipertestuali a cui siamo ormai abituati, lasciate anche solo fluire il sapore del colore, nelle papille visive. Vi accorgerete di quanto annichilente, a volte, possa essere per un artista, per un poeta, per uno scrittore, trovarsi di fronte la pagina bianca e tutto un mondo di possibilità. Se particolarmente ispirati, invece, scoprirete quanto semplice possa risultare lasciar sgorgare la propria urgenza comunicativa, anche in uno spazio angusto come queste cartoline.
Una sensazione che vi potrebbe colpire mentre sfogliate queste pagine pesanti, è la paura: come per la grande varietà di livelli interpretativi di queste, come di tutte le opere d’arte, potreste provare un’infinità di paure differenti. Potreste sentirvi piccoli e incapaci di immagazzinare ogni informazione presente in ogni dettaglio di ogni quadro; potreste sentirvi paurosamente potenti, capaci di saltare da rimandi a stereotipi a sintesi di abitudini; potreste ritrovare candori infantili cancellati dalla fretta della routine, come potreste sorridere vuoto davanti a cartoline banali che non sanno dirvi nulla.
Insomma, ci troverete di tutto, dalle cose per cui direte: «Vabbè, l’ho già visto» o, per i più arditi, «ci avevo già pensato»; a idee per le quali su internet si sprecherebbero i: «genio!»; dai «Perché?!» che vi faranno scuotere la testa, agli «Wow» che vi scuoteranno. Troverete immagini che proveranno a smontarvi, a smontare le sovrastrutture che l’abitudine al quotidiano vi ha costruito addosso, a smuovere le vostre fondamenta o che vi lasceranno indifferenti. Troverete immagini che crederete inutili, soluzioni materiche che sfruttano dimensioni differenti dalla sola tela, un sacco di lettere (che uno dice: «È poesia, vuoi che non ci siano le lettere?», sì, beh… certo, ma è complicato), qualche euro e un mucchio di cultura; anzi, di culture. Questa è la forza dell’arte, questa è la forza delle collezioni, questa è la forza di questo libro: la capacità di convogliare culture verso chi abbia la voglia di assaggiarle (perché purtroppo la tendenza della società è quella di lasciarsi sopraffare dalla pigrizia mentale, capace di annientare quest’incredibile forza). Perché ciò che non andrebbe mai dimenticato e che gioca un ruolo fondamentale nella fruizione dell’arte (e, di conseguenza, della vita), sono i limiti: i limiti dell’artista, i limiti del mezzo e i limiti dello spettatore. Tutti i limiti hanno il medesimo peso e nessuno merita meno rispetto degli altri.
Questo, come tutti i libri, come tutti i quadri, come tutte le poesie, come ogni espressione dell’arte, è un mattone che va a costruire quella solida ed effimera struttura che è la cultura umana; quella ricchezza senza limiti che nessun’arma potrà mai fermare; quel liquido vitale che, ove oppresso, trova spiragli per permeare; quella forza incessante e fine a se stessa, che move il sol e l’altre stelle; quel sogno senza limiti che ci arricchisce nel vero senso della parola.
E io, con i miei limiti, nell’approcciare questo tomo, ho provato questo: Non sono certo di avere capito Non sono certo di avere Non sono certo Non sono