Corriere della Sera - La Lettura
San Iacopo: 17 orafi, 169 anni di lavoro
Torna a splendere nella cattedrale di Pistoia l’altare argenteo dedicato al patrono e portato a termine tra il 1287 e il 1456. Ora un libro narra questo viaggio nella spiritualità, pensando anche a un docu-film...
Il volto di san Iacopo, in una nicchia della pala d’altare, è intenso, consolatore. Gli occhi sono pieni di misericordia, l’argento dorato in cui è sbalzato si fa quasi soffice, sembra carne. Fu realizzato da Giglio Pisano in anni precisi, tra 1349 e 1353, dopo la terribile peste nera che colpì anche Pistoia: la città, in ginocchio, si affidava al suo santo. Lo aveva sempre fatto, fin da quando il vescovo vallombrosano Atto, nel 1145, aveva introdotto il culto (e le reliquie) dell’apostolo «padre dei pellegrini» seguendo l’esempio di Compostela.
Quella devozione ha un simbolo, splendido, e da poco ripulito: l’altare argenteo costruito tra 1287 e 1456, meraviglia della cattedrale pistoiese, una delle più complesse opere di oreficeria giunte fino a noi. Oggetto di venerazione. Di studio. Di desiderio. Di lotta politica. Diciassette orafi (da Andrea di Iacopo d’Ognabene a Filippo Brunelleschi a Lorenzo Ghiberti) si alternarono, lungo 169 anni, nella realizzazione dell’Altare argenteo di San Iacopo a Pistoia, che è anche il titolo del volume edito da Giorgio Tesi con i testi di Lucia Gai e le fotografie di Nicolò Begliomini. Ed è un viaggio illustrato nella spiritualità medievale e rinascimentale, nella storia dell’arte ma anche nella cronaca di una città. Nella bellezza.
Lo sguardo si posa sui paliotti (i tre pannelli in argento istoriato che compongono la parte inferiore dell’altare) con le scene del Vangelo — l’Annunciazione, la Natività, fino alla Crocifissione e alle Marie nel sepolcro — cui si aggiungono, sui lati, gli episodi dell’Antico Testamento e quelli dell’apostolo san Giacomo, Iacopo a Pistoia, dalla Vocazione al trasporto in mare della salma in Galizia. Le storie illustrate sono in tutto 33 (cui si aggiungono, nella parte superiore, santi, profeti, cherubini, vescovi, apostoli: in tutto una settantina di figure): le immagini del volume consentono di coglierne, con stupore, dettagli incredibili, come la delusione del pretendente di Maria che, rifiutato, spezza la sua verga che non è fiorita, o il nicchio, la conchiglia compostelana, che decora la scarsella (la borsa degli antichi pellegrini) sorretta da san Iacopo, o ancora la volpe a caccia tra le rupi nella scena della Vocazione, le lacrime dei discepoli sul corpo dell’apostolo durante l’ultimo viaggio per mare. E poi ancora gli splendidi smalti che adornano l’intera opera. I modelli artistici sono evidenti: si passa dai volti ieratici degli apostoli che appartengono a un Medioevo ascetico, distaccato dal mondo, alla tenerezza della Madonna in trono con il Bambino benedicente sulle ginocchia.
Già agli inizi del Duecento san Iacopo fu voluto dalla collettività come patrono di Pistoia. Della sua reliquia — unica in Europa oltre a quella di Compostela, e che ancora oggi è conservata nel Reliquiario di san Iacopo creato da Lorenzo Ghiberti nel 1407 — si sa per certo che dal 1145 fu custodita nell’altare in muratura della Cappella intitolata all’apostolo. Di quell’opera, però, non si hanno notizie per un centinaio di anni, finché la gestione della Cappella di San Iacopo nella cattedrale pistoiese passò direttamente al Comune. Solo grazie agli inventari pistoiesi è così possibile avere un’esatta cronologica degli interventi sugli addobbi sacri: nel 1273 fu rifatto l’altare in marmo (ora scomparso) da Nicola Pisano, mentre nel 1287 il consiglio comunale deliberò per la Cappella la realizzazione di un dossale argenteo con le immagini della Madonna in trono con Gesù bambino. Preventivo: 300 lire.
Sempre dai documenti dell’amministrazione cittadina è possibile risalire a una riparazione avvenuta alla fine di gennaio del 1293 dopo un furto. Quello di Vanni Fucci, reso immortale da Dante nel XXIV canto dell’Inferno, ai danni della
Ladro di oggetti sacri, Vanni Fucci («son Vanni Fucci/ bestia, e Pistoia mi fu degna tanta»), secondo le ultime interpretazioni, fu autore di un danneggiamento, più che di un’asportazione. E il motivo era chiaramente politico: Vanni Fucci, figlio illegittimo di un illegittimo, era legato ai magnati, i nobili pistoiesi (ostili alle ingerenze papali sulla Toscana), che temevano una serie di restrizioni in seguito agli Ordinamenti di giustizia pubblicati il 18 gennaio 1293.
Svellere il dossale argenteo fissato alla mensa dell’altare, come fece Vanni Fucci con due complici, rovinare quelle formelle che rappresentavano l’autorità della Chiesa alla guida dei popoli (in particolare quella della Madonna con gli apostoli), voleva dire contestare il passaggio di Pistoia dalla parte della Chiesa con la conseguente sottomissione a Firenze. Uno sfregio contro un’ideologia, contro l’atto di obbedienza di una città, prima libera, ora «serva».
Il delitto compiuto contro l’arredo liturgico sull’Altare di San Iacopo (probabilmente Vanni Fucci riuscì a rubare qualche addobbo nella fuga) risale al Carnevale del 1293, tra il 18 e il 25 gennaio. Nell’aprile di quello stesso anno il maestro Andrea di Iacopo d’Ognabene procedette al restauro delle parti sfregiate con due chili e 451 grammi di argento. Vanni Fucci fuggì lontano. Ma non volle rinunciare, dal suo esilio, a scagionare chi era stato ingiustamente accusato al posto suo, Rampino Foresi.
Il culto di san Iacopo a Pistoia continua a vivere nella spiritualità della cittadinanza, nei suoi modi (spesso coloriti) di dire, nelle tradizioni. L’altare argenteo (che ora è nella Cappella del Giudizio, nella cattedrale di San Zeno) «è il sacrario dei pistoiesi — ha sottolineato l’ex ministro dei Beni culturali Antonio Paolucci nella sua lectio di presentazione al libro —, il monumento attorno al quale si è composto e riconosciuto il corpo sociale, che ha dato a Pistoia una collocazione internazionale». In questo solco si inserisce l’iniziativa di gemellare Pistoia e Santiago de Compostela, appoggiata da Paolo Caucci von Saucken, membro del comitato internazionale di esperti del Culto e del Camino de Santiago: anche per questo il libro sarà presentato dagli autori alla fine di dicembre nella città galiziana in occasione della Festa della Traslazione del corpo dell’apostolo dopo il martirio dalla Palestina in Galizia. La Giorgio Tesi Editrice sta inoltre lavorando a un docu-film sulla «marcia di avvicinamento» tra Pistoia e Compostela. Un ponte lungo il cammino.