Corriere della Sera - La Lettura
Queen Lear
Il castello è diventato un monolocale, la brughiera un ospizio, vince la guerra chi è più pop o più trash. Soprattutto, il sovrano di Shakespeare si trasforma in un’anziana italiana che vive a Londra, dove ha una cartoleria zeppa di giocattoli e cianfrusa
Anche Re Lear, uno degli eterni personaggi scespiriani, è diventato una drag. Nel senso di queen. Infatti Lea R. è il nuovo titolo di questa contaminazione (dal 10 gennaio al Carcano di Milano, poi a Prato), opera collettiva delle cinque Nina’s che hanno già divorato lungo la strada Cechov, Brecht e magari poi ci proveranno con Molière, attratte da perfide crinoline.
«Stavolta siamo 50 a 50. La metà resta di Shakespeare, con alcuni monologhi intatti, il resto è farina del nostro sacco», dice a «la Lettura» Sax Nicosia che veste i panni caldi di Lea R., anziana italiana che vive a Londra, ha un negozio di cartoleria, giocattoli, cianfrusaglie e molte bambole di cui una, la più amata, diventa il fool. Vecchia, la donna molesta le ingrate figlie con la sua vecchiaia. Un po’ Baby Jane? «La riduzione e il soggetto sono di Francesco Micheli, la stesura della drammaturga inglese Claire Dowie, anche per andare fuori dai confini, le musiche originali di Enrico Melozzi e collettiva la regia che privilegia la parte privata della storia regale: la tragedia della vecchiaia e della demenza senile la viviamo tutti e tutti abbiamo dato qualcosa. Il regno da dividere è il negozio e le bambole sono quel che resta del potere, oltre la fidatissima dama di compagnia Kate. Un discorso sulla famiglia, le figlie devono ospitare mamma a Londra, Lei chiede chi la ama di più…». Eccetera, eccetera.
Dice Lorenzo Piccolo, che sarà Gonerilla: «Sono la primogenita ma non la preferita, ma io e Regana qui non siamo le solite cattivone, siamo ragionevoli, mentre Cordelia è una ragazza new age con capelli arcobaleno che non accetta ricatti e sensi di colpa». Inevitabilmente le sorelle finiscono per rompere i giocattoli, le bambole vanno in pezzi, Lea R. impazzisce e allora scoppia una tempesta molto cinefila che evoca le icone anni Cinquanta. «Ecco che nella mia testa folle — continua SaxLear — sento, fra i tamburi, le voci delle dive del passato, Norma Desmond (Gloria Swanson doppiata da Andreina Pagnani), Joan Crawford e Faye Dunaway appaiate in Mammina cara, la Vivien Leigh-Blanche del Tram e la Silvana Mangano del Processo di Verona ».
Rinunciando al consueto saccheggio queer delle canzoni da discoteca gay, le Nina’s hanno però tenuto strette, ma recitandole in prosa, le parole di alcuni successi come La voce del silenzio scritta da Paolo Limiti per Mina, per cui a un certo punto Lea dice: «Volevo stare un po’ da sola e pensare…». «Ce ne sono molte altre. Cordelia — dice Piccolo — come Gloria Gaynor recita I’ll survive e poi parole di Lucio Dalla, Caterina Caselli, i Matia Bazar, La canzone del sole di Lucio Battisti, La cura di Franco Battiato da Regana alla madre, Questione di feeling di Mina-Cocciante per l’idillio tra Lea e la sua “dama” del cuore Kent. È un linguaggio che diverte e apre le porte dell’immaginario dello spettatore».
Pensato e provato «in residenza» nelle lunghe e fredde notti di un paesino disperso in Finlandia, le drag, tutte laureate in accademia, hanno avuto tempo per pensare al destino di madri, figlie e bambole. «E le canzoni di Melozzi, un po’ tipo Beatles, le cantiamo dal vivo», assicura la Queen. Vestiti? «Il vero problema — dicono tur- bate insieme — è che siamo tutte vestite di lana, tweed, colori d’autunno, quindi meno male che fa freddo». E naturalmente molti cappelli e capelli assai cotonati, un hairspray colorato. Del resto il genere drag ha preso il potere sulla scena: si riprende Priscilla, ha debuttato Kinky Boots, a Londra furoreggia Jamie, storia di un ragazzino già drag a scuola.
«Per dimostrare — dicono — che non siamo traditrici del Bardo, alla fine ci sarà la scena della piuma e c’è Edmund, un po’ anche Edgar, giovane rapper italiano emigrato in Inghilterra dove vive una condizione di bastardo, un ragazzo con l’energia della dolce ala della giovinezza che aiuta Lea». La regina è calata nella realtà contemporanea, i castelli sono monolocali, le brughiere ospizi e la guerra la vince chi è più pop e trash. «Ma dentro ci sono i temi importanti del nostro tempo, la vecchiaia e l’integrazione, la malattia e la morte, segni di una società disgregata e di una malferma eredità». Le Nina’s (Alessio Calciolari, Edmund più Cordelia; Gianluca Di Lauro, Kate; Sax Nicosia, Queen; Lorenzo Piccolo, Gonerilla; Ulisse Romanò, Regana) assicurano che il pubblico si divertirà entrando nelle fessure kitsch con balocchi e profumi. Prodotto dalle protagoniste e dai teatri Carcano di Milano e Metastasio di Prato, Queen Lea R. promette un viaggio trasversale in un’ora e 45 minuti: Shakespeare non si scompone, gli hanno già fatto di tutto, Lear fu anche un western con Spencer Tracy ( La lancia che uccide) e il cambio di sesso non scandalizza. «Parliamo di cose che nessuno affronta restando indenne, non si è lontano da Shakespeare».