Corriere della Sera - La Lettura
PHILIP R TH È S CRATE
Ne Lo scrittore fantasma Nathan Zuckerman dice di Felix Abravanel che il fascino del maestro era «un fossato così oceanico che non si poteva nemmeno vedere la grande cosa turrita e munita scavata per proteggerlo». Anche Philip potrebbe sembrare una cittadella seducente ma remota: augusta, dotata di molti torri, abbondantemente difesa. Chi riusciva ad arrivare al mastio interno incontrava una persona molto diversa dall’immagine costruita per il pubblico. A casa era ancora presente e vitale il ragazzo che era sempre rimasto, sempre pronto a lanciarsi in un crescendo di battute, satire e sberleffi. La sua specialità erano i parenti immaginari. Ricordo ad esempio Paprika Roth, una spogliarellista in pensione che viveva in Florida. Un bagliore negli occhi lasciava intendere che stava dando la stura agli scherzi. «Ben, ti ricordi quando la signora Fischbein ha partecipato al programma The Sixty-four-Thousand-Dollar Question? » «È stato un po’ prima dei miei tempi, Philip». «Be’, la signora Fischbein ha mandato a monte il gioco. Era arrivata alla domanda da sessantaquattromila dollari. I tamburi hanno cominciato a rullare e l’annunciatore ha detto: “Per sessantaquattromila dollari, signora Fischbein, chi è stato il primo uomo?”. “Non lo direi neanche per un milione di dollari!”, ha risposto lei».
Il luogo di origine, il quartiere Weequahic a Newark, di cui oggi si parla molto, era la sua Bibbia e Stele di Ro- setta — intendo un Weequahic continuamente riscoperto con l’immaginazione alchemica, quella fiamma tenuta accesa sotto l’esperienza per fondere i metalli dei romanzi. «Il nostro non era un quartiere immerso nell’oscurità», dice Zuckerman in Pastorale americana. «Era un luogo che brillava di laboriosità. C’era una grande fede nella vita ed eravamo costantemente indirizzati verso il successo, la nostra sarebbe stata un’esistenza migliore... Sbaglio a pensare che eravamo felici di vivere là? Le illusioni che la nostalgia ispira agli anziani sono tra le più comuni, ma davvero mi sbaglio se penso che vivere da bambini di solide origini nella Firenze del Rinascimento non avrebbe retto il confronto con il fatto di crescere nell’aromatico raggio d’azione dei barili di sottaceti di Tabachnik? Sbaglio se penso che anche allora, in quel vivido presente, la pienezza della vita stimolasse in misura straordinaria le nostre emozioni? Da allora c’è stato mai un luogo che ti ha assorbito tanto nel suo oceano di dettagli? Il dettaglio, l’immensità del dettaglio, la forza del dettaglio, il peso del dettaglio — la ricca infinitezza del dettaglio che ti circonda nella tua giovane vita come i due metri di terra che graveranno sulla tua tomba quando sarai morto».