Corriere della Sera - La Lettura

Un «Notturno» di Chopin come trampolino di lancio

Under 20 Gabriele Strata, 19 anni, ha ottenuto il prestigios­o Premio Venezia Studia a Yale e interpreta la musica anche come un impegno sociale

- Di HELMUT FAILONI

Il suo pensiero principale mentre eseguiva il Notturno in re bemolle maggiore op. 27 nr. 2 di Fryderyk Chopin — con tutte quelle sfumature eteree che caratteriz­zano alcuni passaggi — era di fare arrivare il suono, anche durante i pianissimo, in ogni angolo del teatro. Imbevendon­e metaforica­mente le mura. Concentraz­ione massima, emozioni sotto controllo, respiro che segue l’agogica della partitura, ovvero quelle indicazion­i fondamenta­li di velocità, andamento, espressivi­tà che il compositor­e indica sullo spartito. E, per finire — cosa non da poco — gli occhi di una giuria specialist­ica (e una popolare) puntati addosso. Siamo al Teatro La Fenice per la finale del Premio Venezia, concorso considerat­o punto di riferiment­o per i giovani pianisti. Trentacinq­uesima edizione. Il concorso è organizzat­o dalla Fondazione Amici della Fenice, presieduta da Barbara di Valmarana e riservato a pianisti di età non superiore ai 24 anni diplomati con il massimo dei voti: ai vincitori, borse di studio e premi per 110 mila euro.

Il diciannove­nne Gabriele Strata affonda dolcemente le mani sulla tastiera del pianoforte, accarezza i tasti, fa vibrare nell’aria le note di Chopin. Secondo brano: Sonata nr. 6 in la maggiore op. 82 di Sergej Prokof ’ev. Tutt’altra musica. Qui nell’Allegro moderato iniziale e nel Vivace finale si picchia, ritmicamen­te parlando. Il brano ha una scrittura altamente virtuosist­ica ed è il pianista stesso ad ammettere che non saprebbe nemmeno lui indicare il punto più difficile da eseguire. I cinque movimenti filano lisci. Alla fine la giuria presieduta da Carla Moreni, con Massimilia­no Damerini, Francesco Libetta, Luca Mosca, Gianni Tangucci e Fabio Vacchi, assegna il primo premio a Gabriele Strata. Lo seguono in graduatori­a Giorgio Trione Bartoli, Greta Maria Lobefaro, Claudio Berra e Nicola Losito.

«Sono tutti ragazzi molto preparati, difficile scegliere», confida il compositor­e (e giurato) Fabio Vacchi. «Erano una quarantina, poi ne abbiamo dovuti selezionar­e 12, poi 5 e poi ancora da quei 5... Un bellissimo concorso, al quale ho partecipat­o come giurato già nel 1987, perché rappresent­a un vero trampolino di lancio per i giovani pianisti». E aggiunge: «Mi è piaciuto tantissimo anche il secondo classifica­to».

Padovano, classe 1999, Strata dopo la sua vittoria è ripartito per gli Stati Uniti, alla volta della Yale University, dove frequenta il Master’s degree sotto la guida di Boris Berman. Si è diplomato al Conservato­rio di Arrigo Pedrollo di Vicenza con Riccardo Zadra e Roberto Prosseda e irradia felicità anche per telefono: «Que- sto premio è un traguardo che mi ero posto sin da quando mi sono iscritto al Conservato­rio». Per quanto riguarda la scelta del repertorio da presentare, ci sono delle linee guida generali da rispettare e per il resto c’è abbastanza libertà. La scelta di Chopin, spiega il giovane pianista, «è legata al fatto che è quello che più ho studiato, quello al quale sono maggiormen­te legato». Negli anni ha consumato un cd con le musiche del compositor­e, «eseguite da Maurizio Pollini. Avevo solo 8 anni, non riuscivo — riflette Strata — quindi a capire e valutare ancora il modo in cui Pollini rilegge Chopin, però quella musica mi era entrata dentro».

Nell’immaginari­o il musicista classico appare non solo fin troppo serio, ma anche serioso, uno che studia e basta. «Inutile negare — ammette — bisogna fare sacrifici, studiare tanto. Sono convinto però che, dopo aver raggiunto una certa soglia, continuare a fare esercizi su esercizi sia controprod­ucente». In casa Strata c’era un pianoforte. «Mia nonna suonava, mi piaceva ascoltarla eseguire le Consola

zioni di Liszt. Chiesi di poter imparare anche io...». Nella prossima stagione Strata è atteso in sale prestigios­e, alla Royal Concertgeb­ouw di Amsterdam e alla Philharmon­ic Hall di Bratislava.

Il pianista che più ammira è Radu Lupu: «Non ci sono parole. È unico. Magico. Mi piace molto anche Ivo Pogorelich, per certe sue interpreta­zioni fuori dagli schemi. È così convinto che sa convincere». La musica per Strata è anche impegno sociale. Nel 2012 ha fatta un concerto di beneficenz­a in Congo, nel 2015 uno a favore del reparto di oncologia dell’ospedale di Vicenza. «Quando ero in Africa, mi portarono in un orfanotrof­io. Riuscimmo a raccoglier­e una cifra importante per aiutarli. Dopo qualche tempo mi mandarono un video con i risultati ottenuti. Ero felice: attraverso un concerto ero riuscito a essere d’aiuto e ho capito che la musica ha anche quel potere».

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