Corriere della Sera - La Lettura

L’UOMO CHE NON VEDRÀ

- Di CHRISTINA HESSELHOLD­T

Le due donne, sorprese in giardino dalla sera e dalla nebbia, non erano più eccitate o folli. Ma solo stanche, ubriache e vecchie. Perciò presero la bottiglia e fecero scorrere la porta a vetri che dava sul giardino per rientrare in soggiorno. Lì si sedettero a osservare il vento che lacerava la nebbia. C’era qualcosa di inquieto nel tempo, nel fiume James che scorreva lì sotto, e anche in loro. Prima che Nancy salisse in auto per tornare a casa, però, c’era ancora una storia che voleva che la sua amica Lucy ascoltasse, la storia de...

Il giardino era in basso, accanto al fiume James e, quando scese la sera, la nebbia si ritirò dall’acqua per posarsi su di esso. Questo le rese inquiete, perciò presero la bottiglia, fecero scorrere la porta a vetri ed entrarono nel soggiorno. Lì si sedettero a osservare il vento che lacerava la nebbia. Non erano più eccitate o folli, ma solo stanche, ubriache e vecchie. Prima che Nancy prendesse l’auto per tornare a casa però c’era ancora una storia che voleva che Lucy ascoltasse, la storia di un uomo con cui Nancy era uscita. Aveva la barba e la sua bocca quasi non si vedeva. «Dov’era Derek?», domandò Lucy. «Bah, era fuori con le mazze da golf», rispose Nancy. «O no, aspetta: se ne stava con i piedi in una bacinella ad armeggiare con un’unghia difficile».

I due, Nancy e il tipo barbuto, erano usciti insieme tre volte e ogni volta lui l’aveva invitata a casa sua, ma lei aveva rifiutato, non perché non ne avesse voglia, ma perché prima doveva perdere un paio di chili. La quarta volta aveva detto di sì, e lui non aveva fatto altro che toccarla tutta la sera, le aveva messo il braccio intorno alle spalle guardandol­e i seni con aria rapita e lei non era più riuscita a pensare ad altro. Alla fine si erano seduti vicino alla parete in fondo a una delle grandi stanze della casa, che dava su un altro ampio soggiorno... non c’era un libro, non un soprammobi­le, nemmeno una maglia appesa allo schienale di una sedia, nulla faceva pensare che quel luogo fosse abitato, uno spazio solitario come Nancy non ne aveva mai visti... chi prenderà posto a tutti quei tavoli? Su tutte le sedie che li circondano... Che giochi verranno giocati nel prato deserto su cui nessuno isserà una tenda che, una volta smontata, lascerà al suo posto un quadrato giallo? E non c’è nessuno che fa la ruota, una vertiginos­a serie di ruote (la terra ora su e il cielo giù e poi viceversa, e ancora e ancora) fino ai grandi alberi sul limitare del prato, per cadere poi a terra ansimante e restare lì steso per un po’, sudando, sentendosi vivo sotto le nuvole. In tutto il giardino c’è soltanto lui che si ferma ad annusare un fiore. Un regno il cui sovrano è completame­nte solo.

Sedevano in silenzio e osservavan­o, ciascuno dalla propria sedia, quando all’improvviso un cespuglio si mosse e apparve uno di quei cani cinesi rossi, un chow chow con la lingua penzoloni che avanzò sul prato con dolorosa lentezza e, dopo quella che sembrò un’eternità, attraversò la porta aperta entrando nel soggiorno con la sua lingua blu; la bestia non li degnò di uno sguardo, non guardò nemmeno il suo padrone, il tipo barbuto, ma si diresse verso la sua cuccia dove scomparve sotto una coperta. Dovette cadere immediatam­ente in un sonno agitato, perché la coperta continuava a muoversi su e giù con un tale ritmo da far pensare che là sotto qualcuno si stesse masturband­o con violenza. Visto che tra loro non succedeva nulla, lei pensò: non è soltanto un solitario, all’improvviso è anche timido. A quel punto abbandonò la propria sedia per scivolargl­i in grembo — be’, prima posò la mano su quella di lui, che emise un lieve gemito dolente dal quale Nancy avrebbe dovuto intuire che non era più affamato, ma ormai il desiderio era troppo grande, perciò si chinò in avanti e lo baciò; in seguito avrebbe pensato: una solitudine che cercava di affondare gli artigli in un’altra.

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