Corriere della Sera - La Lettura

David Zwirner è l’uomo più potente dell’arte

Protagonis­ti La rivista britannica «ArtReview» ha stilato la classifica dei personaggi del 2018. Sono David Zwirner, gallerista tedesco, 5 sedi nel mondo, la prossima disegnata da Renzo Piano: primo (lo abbiamo intervista­to). E Kerry James Marshall, artis

- di STEFANO BUCCI

Chd due hissà ragazzi se Gilbert terribili & George della lo sanno. Chissà se i Brit Art degli anni Settanta hanno mai immaginato che se oggi il cinquantaq­uattrenne David Zwirner è — sostiene la rivista «ArtReview» — l’uomo più potente de del mondo dell’arte, è tutta colpa loro. E, in particolar­e, d della loro Singing Sculpture, performanc­e datata 1969 c che vedeva i due artisti in piedi sopra un tavolo (vernviciat­i (verniciati d’oro o d’argento a seconda dell’occasione) cantare e m muoversi come automi al ritmo di Underneath the Arches, Arches canzone tradiziona­le che voleva celebrare la libertà dei vagabondi. «Non ricordo bene l’anno, ma di certo ero ancora in Germania, forse a Colonia, dove sono nat nato, poteva essere il Museum Ludwig; di certo ero molto m piccolo — racconta David Zwirner a “la Lett Lettura” — così piccolo che mio padre mi aveva car caricato sulle spalle per farmi vedere due strani sig signori che giocavano a fare le marionette cante terine: sembravano giocattoli, invece era arte c contempora­nea, ma io non potevo ancora sap perlo; sapevo soltanto che quello che stavo vedendo mi piaceva moltissimo». Oggi David Zwirner è a capo di un impero di cinque gallerie (tre nell’Upper Side di New York, una a Londra, un’altra appena inaugurata a Hong Kong), un tycoon dell’arte contempora­nea che per il suo prossimo spazio ha scelto Renzo Piano come progettist­a: un luogo da 50 milioni di dollari per cinquemila metri quadrati divisi su cinque piani sulla West 21st Street a Chelsea, dove già si trovano due delle tre gallerie newyorkesi di Zwirner, pronto nel 2020 («Al massimo nel 2021»). Nel suo parco-artisti ci sono stelle come Marlene Dumas, Dan Flavin, Isa Genzken, Donald Judd, Jeff Koons, Yayoi Kusama, Chris O Ofili e personaggi ancora tutti da scoprire com me Jockum Nordström, Josh Smith e Ruth Asaw Asawa. Oltre a quel Franz West con cui, di fatto, David ha in iniziato la propria attività di gallerista venticinqu­e anni fa in un piccolo spazio al 43 di Green Street a Soho, Ne New York, «che voleva proporre arte senza compromess­i» (tra i suoi primi acquisti le foto di architettu­ra di Bern Bernd e Hilla Becher). È un rapporto molto profondo quello con West, quasi familiare, rafforzato in occasione dell delle celebrazio­ni per il venticinqu­ennale della galleria: u un rapporto testimonia­to da una foto del 1995 che mostr mostra David con la moglie Monica Seeman (stilista e co-fonda co-fondatrice della MZ Wallace, società che produce accessori d di moda) e i figli Marlene e Lucas (direttore re-

sponsabile della David Zwirner Books) mentre, nel corso di un’inaugurazi­one, giocano con una scultura di Franz West, Passtücke (Adaptives). Proprio come David aveva a suo tempo giocato con le Singing Sculpture di Gilbert & George. Altrettant­o stretto sembra il legame che unisce Zwirner all’afroameric­ano Kerry James Marshall (classe 1955, nato a Birmingham, Alabama), altro artista della scuderia Zwirner, passato quest’anno (abbastanza a sorpresa) dal 68° al secondo posto della stessa classifica che ha incoronato David, una classifica compilata da trenta artisti, curatori e critici internazio­nali.

Il secondo posto di Marshall è il riconoscim­ento evidente al talento della Black Art che tanto appassiona Zwirner (nella classifica compaiono anche Thelma Golden, direttrice dello Studio Museum di Harlem, il teorico Fred Moten, la collezioni­sta Pamela J. Joyner). Nonché la certificaz­ione di una tendenza emersa anche dalla grande retrospett­iva che il Metropolit­an Museum di New York aveva dedicato nell’ottobre 2016 a Marshall ( Mastry), dalla monografic­a al Carnegie Museum of Art di Pittsburgh (fino al 25 marzo) e da History of painting appena conclusa nella sede londinese di Zwirner. Nel maggio 2016, da Christie’s a New York, per il suo Plunge (acrilico più collage su tela del 1992) sono stati sborsati 2,1 milioni di dollari e oggi quello stesso Plunge fa parte della collezione permanente del MoMa, fianco a fianco con le opere di (ormai) classici come Jackson Pollock e Ellsworth Kelly.

Dunque, Mr. Zwirner, che cosa si prova a essere considerat­o l’uomo più potente del mondo dell’arte?

«Potrei sempliceme­nte dire che sono molto soddisfatt­o, perché è un riconoscim­ento alla qualità del mio lavoro durante tutti questi 25 anni, un premio significat­ivo che arriva nell’anno dell’anniversar­io, un anno davvero per me molto importante. Insomma, non mi posso lamentare, tantomeno adesso che siamo a Natale».

Le avrà fatto piacere, in questa «ArtReview Power 100», anche il secondo posto di Kerry James Marshall, uno degli artisti di punta della sua scuderia. Cosa ha, secondo lei, di speciale?

«Marshall è un grande artista, forse uno dei più grandi tra i contempora­nei, pieno di talento e ispirazion­e, dotato di un senso del colore e della forma eccezional­e e con una tecnica stupefacen­te. L’ho conosciuto molti anni fa, prima ancora che diventasse così famoso, e mi aveva colpito fin da subito per queste doti, anche se il grande salto Marshall l’ha fatto negli ultimi dieci anni. Prima era solo un artista molto bravo, ora è un simbolo».

Di che cosa?

«Della Black Art e più in generale dell’arte africana. È con personaggi come Marshall, grazie al suo lavoro sulla rappresent­azione di un universo afroameric­ano molto quotidiano, che è stata finalmente cancellata l’idea che l’arte africana sia solo folclore e che gli afro siano personaggi macchietti­stici o — sempre e solo — con una storia traumatica alle spalle. Insomma, grazie a Marshall abbiamo compreso quanto la società afroameric­ana sia simile, nel bene e nel male, alla nostra. E come noi sembrano averlo capito i grandi musei come il Met, le grandi fondazioni come quella di Prada che nella mostra Sanguine. Luc Tuymans on Baroque espone in questi giorni a Milano due Vignette di Marshall e i grandi collezioni­sti che a Londra hanno fatto letteralme­nte a gara per comprare i suoi lavori; uno di questi, un bellissimo dittico, se l’è accaparrat­o un collezioni­sta italiano. Ma non mi chieda il nome, non glielo dirò. Insomma, Marshall ha definitiva­mente corretto il nostro sguardo sull’arte africana».

Come nasce questa sua grande passione per l’arte africana contempora­nea?

«L’Africa rappresent­a il futuro. Lo dimostrano personaggi ormai celebri come Marshall e nuovi eroi come Roy DeCarava, fotografo di Harlem, scomparso nel 2009, che io considero uno dei più interessan­ti artmaker del suo tempo e su cui punto molto per il 2019».

Come sceglie gli artisti della scuderia?

«Ho sempre cercato di raccontare e di mettere in mostra prima di tutto nuove idee. Ma bisogna essere realisti: le nuove buone idee non sono così facili da trovare. Poi cerco di inseguire l’autenticit­à, di scoprire voci autentiche. Insomma, voglio lavorare solo con chi ha una voce forte, chiara e vera. I miei artisti non devono seguire la moda del momento per inseguire il successo e nemmeno realizzare qualcosa a tutti i costi originale; devono prima di tutto elaborare una loro idea di arte. Meglio aspettare e raggiunger­e più tardi il successo: il successo sarà più vero e durerà più a lungo».

Il suo è sempre un colpo di fulmine?

«Non sempre. Quando vedo un nuovo artista per la prima volta mi può succedere che la scintilla non scatti, magari perché non riconosco immediatam­ente il suo linguaggio. Ma è proprio allora che cerco di prestare ancora più attenzione a quello che l’artista mette in scena, alla sua rappresent­azione, non voglio lasciarmi scappare un talento. È anche una questione di mercato: se tu rappresent­i artisti bravi e di talento, sarà per te molto più facile venderli bene, i collezioni­sti vogliono prima di tutto la qualità». In base a questi criteri, «la Lettura» ha chiesto a David Zwirner di indicare i dieci artisti del XXI secolo che

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 ??  ?? Protagonis­ti Da sinistra: Kerry James Marshall (Birmingham, Alabama, Usa, 1965) e David Zwirner (Colonia, Germania, 1964). Zwirner e Marshall sono stati inseriti da «ArtReview» al primo e al secondo posto nella classifica dei cento personaggi più influenti dell’arte nel 2018. In alto: Untitled (Club Couple), 2014, di Marshall (Los Angeles, Museum of Contempora­ry Art); nella fotografia tra i due la Singing Sculpture di Gilbert & George
Protagonis­ti Da sinistra: Kerry James Marshall (Birmingham, Alabama, Usa, 1965) e David Zwirner (Colonia, Germania, 1964). Zwirner e Marshall sono stati inseriti da «ArtReview» al primo e al secondo posto nella classifica dei cento personaggi più influenti dell’arte nel 2018. In alto: Untitled (Club Couple), 2014, di Marshall (Los Angeles, Museum of Contempora­ry Art); nella fotografia tra i due la Singing Sculpture di Gilbert & George

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