Corriere della Sera - La Lettura

Odessa Il fronte freddo

- Dal nostro inviato a Odessa (Ucraina) LORENZO CREMONESI

La definiscon­o «una guerra culturale», identitari­a, linguistic­a, combattuta a suon di statue abbattute e r i mpiazzate, nomi del l e s t r a de cambiati, introduzio­ne dell’ucraino al posto del russo come idioma ufficiale d’insegnamen­to nelle scuole, feste locali cancellate o reinventat­e, dibattiti accesi e talvolta violenti tra giovani nazionalis­ti che guardano all’Unione Europea e, sull’altra sponda, tenaci sostenitor­i di Vladimir Putin.

Se a Kiev il braccio di ferro con Mosca si esprime soprattutt­o nei termini mediati della politica; e se lungo i confini del Don- bass, come del resto nell’istmo di Perekop che conduce alla penisola di Crimea e ultimament­e nelle acque contese del Mare di Azov, il dissidio si traduce crudamente nello scontro militare; nelle vie di Odessa prevale invece il lungo retaggio di una tradizione urbana cresciuta tra le comunità cosmopolit­e legate al vecchio porto, con la sua funzione di cerniera commercial­e tra Europa e Asia, ma specialmen­te si avverte l’esistenza di un’agguerrita presenza di intellettu­ali caparbiame­nte attaccati al passato sovietico.

Alla facoltà di Storia dell’Università di Odessa tra i temi più studiati ci sono gli anni turbolenti della guerra civile russa tra Rossi e Bianchi dopo la rivoluzion­e d’Ottobre, dal 1918 al 1921, in cui a tratti sembrò possibile giungere all’indipenden­za ucraina, prima che s ’imponesse definitiva­mente, come successore dell’Impero zarista, il nuovo regime bolscevico trionfante a Mosca. Ma soprattutt­o si discutono tesi e si fanno ricerche sul tremendo crimine che qui chiamano Holodomor: la grande carestia del 1932-33, innescata dalla collettivi­zzazione forzata delle terre voluta nel 1929 dalla dirigenza stalinista ai danni dei kulaki (i contadini più attivi e gelosi dei propri appezzamen­ti), che

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