Corriere della Sera - La Lettura
Sotto Stalin fu un vero genocidio
La definizione fissata dal giurista ebreo Lemkin
Il 9 dicembre 1948, contestualmente alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, l’Assemblea generale dell’Onu approvava anche la Convenzione per la prevenzione e la repressione del genocidio. È noto che l’infaticabile promotrice del primo documento fu Eleanor Roosevelt, la vedova del presidente americano; altrettanto nota è la foto che la ritrae mentre esibisce un manifesto contenente la Dichiarazione. Molto meno noto, soprattutto in Italia, è l’ispiratore della Convenzione, il giurista Raphael Lemkin (1900-1959), che fin dal 1944 aveva coniato il termine «genocidio» e l’aveva utilizzato nell’opera Axis Rule in Occupied Europe («Il dominio dell’Asse nell’Europa occupata»), mai tradotta in italiano. Secondo la Convenzione, entrata in vigore nel 1951 dopo le ratifiche degli Stati membri, il genocidio si configura attraverso atti «commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale».
Nato e cresciuto in Polonia, Lemkin si era specializzato in diritto internazionale e aveva in gioventù seguito con attenzione la terribile vicenda dello sterminio degli armeni e dei vani tentativi di istituire procedimenti giudiziari contro i dirigenti turchi responsabili. Tra il 1929 e il 1939 seguì con uguale attenzione la politica di Stalin in Ucraina e nel resto dell’Unione Sovietica, caratterizzata dapprima dalla brutale collettivizzazione delle campagne, poi da purghe tanto irrazionali quanto spietate, con un numero enorme di vittime. Nel 1939, in seguito alla spartizione della Polonia tra Urss e Terzo Reich, Lemkin si trasferì negli Stati Uniti, da dove continuò a seguire gli eventi europei e a lavorare sul concetto per il quale coniò un termine specifico, appunto «genocidio», dopo aver assistito allo sterminio del suo popolo, quello ebraico.
Del tutto sconosciuto in Italia è il seguito della vicenda. Fin dal 1933, l’anno principale della grande carestia artificiale oggi nota come Holodomor, provocata da Stalin con le requisizioni forzate di grano ai contadini che resistevano alla collettivizzazione delle terre, gli ucraino-americani avevano organizzato manifestazioni di protesta. Due decenni dopo, in occasione del ventesimo anniversario, di fronte a migliaia di persone radunate nel New York Manhattan Center, lo stesso Lemkin pronunciava un discorso memorabile, il cui testo fu ritrovato una decina d’anni fa negli archivi della New York Public Library e pubblicato da Roman Serbyn dell’Università di Montréal in varie sedi, compreso un libro promosso dal governo ucraino con la traduzione in 28 lingue, tra cui quella italiana curata da Tommaso Petrucciani. Il titolo dice tutto: Genocidio sovietico in Ucraina.
Dopo aver notato come le politiche staliniane di sterminio fossero state ereditate da quelle zariste, e che varie popolazioni ne erano state vittime, Lemkin arrivava al punto: «Finché l’Ucraina conserva la sua unità nazionale, finché i suoi abitanti continuano a concepirsi come ucraini e a perseguire l’indipendenza, fino ad allora l’Ucraina rappresenta una grave minaccia nel cuore stesso del regime sovietico». L’assalto ai contadini, come parte del più generale sforzo per collettivizzare l’intera agricoltura, fu condotto anche in altre parti dell’Urss, come il Kazakistan e la stessa Russia, e ciò viene oggi ampiamente riconosciuto perfino a Mosca. Meno noto è, come disse Lemkin, che «l’Ucraina è particolarmente predisposta all’omicidio razziale per gruppi selezionati, per cui la tattica comunista non ha seguito lo schema adottato nelle offensive tedesche contro gli ebrei. La nazione è troppo popolosa per essere sterminata completamente con una qualche efficienza. La sua leadership religiosa, intellettuale, politica, le sue élite sono però molto ristrette e dunque sono state facilmente eliminate ed è particolarmente su questi gruppi che si è abbattuta tutta la potenza della scure sovietica, con la sua solita strumentazione fatta d’omicidi di massa, deportazioni e lavoro forzato, esilio e affamamento».