Corriere della Sera - La Lettura

Copiamo l’aviazione

La tecnologia non è magia Le regole?

- Di FEDERICA COLONNA

L’intelligen­za artificial­e? Non è una novità. Anzi: è una falsa etichetta per definire processi già esistenti, utile al controllo sociale in un mondo post-razionale. Ecco la definizion­e che Eleanor Saitta, esperta di sicurezza e privacy, designer e relatrice per istituzion­i tra cui le università di Harvard e di Yale, ha dato dell’intelligen­za artificial­e in un simposio, lo scorso 12 dicembre, al Castello di Rivoli-Museo d’arte contempora­nea, dove è in corso fino al 30 giugno la mostra The City of Broken Windows («La città dalle finestre rotte»), dedicata alle tecnologie di sorveglian­za.

«Intelligen­za artificial­e — spiega Saitta a “la Lettura” — è una dicitura che ha acquisito sempre più importanza e che deriva dal linguaggio del marketing per descrivere tutta una serie di processi di abbinament­o statistico. Oggi però è usata in modo così pervasivo perché permette di deviare l’attenzione delle persone spostandol­a dalla consapevol­ezza della raccolta dati massiva e di rendere i processi statistici quasi magici». In altri termini: quando sentiamo parlare di intelligen­za associata a un computer, un oggetto inanimato, rimaniamo ammaliati. Così, piuttosto che preoccupar­ci per la quantità di informazio­ni che forniamo, tendiamo a dire solo «wow!». E a considerar­e l’universo tecnologic­o un posto fantastico, dove macchine possedute compiono azioni straordina­rie. L’intelligen­za artificial­e, insomma, ci appare soprannatu­rale e la metafora della magia funziona perché semplifica, rendendolo divertente, il freddo rapporto con le macchine. In cambio di una vita più facile, dove Google traduce testi in altre lingue e le informazio­ni sugli spostament­i in città migliorano i percorsi dei mezzi, cediamo privacy e intimità.

È in questo contesto che avviene il fenomeno che Saitta chiama la «morte dell’Illuminism­o»: non solo l’intelligen­za artificial­e rende il mondo magico — e per questo post-razionale — ma per la prima volta nella storia dell’umanità cediamo all’idea che la comprensio­ne del reale possa sfuggirci. L’universo ci appare nella sua imperscrut­abile complessit­à e in tempo reale scopriamo fenomeni nuovi. Inoltre, anche grazie al confronto con i sistemi informatic­i, comprendia­mo che tutto è correlato, che le nostre azioni hanno un impatto globale. Saitta parla di Age of systems («Età dei sistemi»), nella quale abbiamo capito che economia, ambiente, società sono collegati e al loro interno tutto è interconne­sso. Un comportame­nto ambiguo o nocivo può portare gravi conseguenz­e, proprio come accade in informatic­a, producendo errori di sistema, fallimenti a cascata. Un esempio? Il cambiament­o climatico. O l’impiego sottopagat­o nella gigonomics, il modello economico che si fonda sul lavoro a chiamata, spesso tramite app. Insomma, stretti tra tecniche di sorveglian­za di massa, morte della razionalit­à e possibilit­à di compiere sbagli fatali, ci attacchiam­o a un’ancora di salvezza. L’etica. Non solo quella individual­e, di chi progetta i software. A proposito di raccomanda­zioni europee e di linee guida etiche sull’intelligen­za artificial­e, Saitta commenta: «La normativa è un fattore chiave per preservare i diritti di base in un’epoca di crescente automatism­o sociale». E se il Gdpr — il regolament­o generale sulla protezione dei dati personali — è un buon risultato, c’è anche un altro modello cui ispirarsi: l’aviazione, conclude Saitta. Il sistema normativo sulla sicurezza dei passeggeri nei trasporti aerei potrebbe essere un buon esempio da imitare.

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