Corriere della Sera - La Lettura
Non scapperà il quaderno delle magie di Buontalenti
Si impone una premessa tecnica. Che cosa sono gli Uffici esportazione del ministero dei Beni culturali? Sono l’ultimo baluardo della tutela prima dell’espatrio. Sono gli uffici, distribuiti in tutte le regioni e dipendenti dalle Soprintendenze, che concedono (nella gran parte dei casi) o impediscono al patrimonio culturale di uscire definitivamente dai confini italiani come richiesto dai proprietari privati. Se dopo l’istruttoria si ritiene che il bene (oggetto artistico, archivistico o bibliografico) rivesta un interesse culturale nazionale, allora scatta il diniego alla libera circolazione: il bene deve rimanere in Italia. In tal caso, l’Ufficio esportazione può proporre alla Direzione generale del ministero l’acquisto del bene al prezzo dichiarato dal proprietario nella denuncia. Qualora la Direzione valuti l’oggetto meritevole di entrare nelle collezioni dello Stato, emana un decreto di acquisto coattivo. È accaduto di recente all’archivio e alla biblioteca di Mario Soldati, che gli eredi hanno messo all’asta a Roma, di essere oggetto di vincolo del ministero, che ha dato la sua disponibilità all’acquisto per la cifra, tra i 180 e i 200 mila euro, proposta dai figli dello scrittore. Dunque, tutti contenti: eredi, casa d’aste, ente pubblico e studiosi.
Ora, è inevitabile che l’acquisto coattivo venga vissuto dal proprietario come un intervento autoritario dello Stato, ma d’altra parte è indispensabile salvaguardare il patrimonio italiano, valorizzarlo sul territorio e renderlo disponibile alla comunità non solo specialistica. È questo il messaggio della mostra Memoria è futuro, che si tiene all’Archivio di Stato di Milano (via Senato 10). Annalisa Rossi, che da qualche mese dirige la Soprintendenza archivistica e bibliografica della Lombardia, non ha dubbi sulla coincidenza tra tutela e valorizzazione a beneficio della cultura collettiva: «La tutela, che può apparire come un atto di controllo, è invece una leva concreta per generare cultura sociale», dice.
E dunque eccoci qua ad ammirare 13 pezzi di assoluto pregio (artistico-culturale ed economico). Si può (forse si deve) partire da un taccuino del tutto particolare, detto anche Secco Suardo dal nome della famiglia che l’ha custodito nel castello avito di Lurano, in pro-
Gli Uffici esportazione del ministero dei Beni culturali sono preposti a evitare che opere di riconosciuto valore lascino il territorio italiano. E, nel caso, possono procedere all’acquisto. Alcuni pezzi rari e preziosi salvati dall’espatrio sono in mostra a Milano. Tra questi, il repertorio del genio alla corte ducale di Firenze
vincia di Bergamo. Si tratta del quaderno di grande formato uscito dalla bottega del grande architetto, ingegnere, pittore, miniatore, scultore e scenografo fiorentino Bernardo Buontalenti: blocco di appunti, cantiere di lavoro e insieme repertorio di modelli (quasi un book rinascimentale). Composto da più mani tra il 1570 e il 1608, anno della morte del maestro, gli studiosi lo definiscono un capolavoro assoluto, e sfogliandone le 80 carte non si stenta a crederlo, tale è la varietà, la finezza del tratto e la ricchezza dei disegni a china o a lapis, la bellezza degli acquerelli, lo scrupolo degli studi geometrici e prospettici realizzati con squadre e compassi, alcuni ben rifiniti, altri schizzati rapidamente come fossero prime idee, brogliacci, appunti su cui tornare. Rimasto orfano prestissimo, il Buontalenti fu accolto nella corte ducale fiorentina, dove divenne allievo di Giorgio Vasari e poi suo successore in veste di architetto ufficiale, rivelandosi un ingegno universale leonardesco.
Come illustra la storica dell’architettura Orietta Lanzarini, cui si deve l’attribuzione del manoscritto, Bernardo ebbe una carriera brillante, prima quale mentore storico e artistico del figlio di Cosimo I de’ Medici, Francesco I. Nel 1568 fu eletto «ingegnere dei fiumi e fossi», incarico che avrebbe ricoperto fino alla morte con una provvigione annua di 240 scudi: a questa funzione fanno riferimento i numerosi disegni dedicati al tema delle acque presenti nel Libro. Tra i lavori per Francesco, si ricordano parecchi prestigiosi palazzi e ville, tra cui la sfarzosa Villa Medicea di Pratolino (1569-1575), distrutta nel 1822 e resa famosa dalle invenzioni scenografiche tanto ricche di giochi artificiali, di scherzi d’acqua, di automi e statue antiche, madreperle, pietre dure e marmi pregiati. All’esterno il Palazzo era fornito di un grande parco circondato da abeti e impreziosito da fontane monumentali e fantasiosi colpi di ingegno. Le carte del manoscritto contengono tracce di queste elaborazioni. Come successore di Vasari, Buontalenti si occupò di parecchie fabbriche medicee, completò la residenza di Palazzo Pitti, disegnò il giardino di Boboli con le sue grotte artificiali ed ebbe parte anche nel Palazzo degli Uffizi, dove progettò la celebre Tribuna, sala ottagonale destinata a ospitare le opere più importanti della collezione ducale, la Galleria all’ultimo piano e il Teatro. Grande esperto anche di architettura militare e di balistica, ideò un particolare tipo di proietto a scoppio e un micidiale cannone chiamato «Scacciadiavoli».
Il Libro si divide in tre sezioni. Quella di geometria, meccanica e ingegneria militare propone macchine, ponti, carrucole, ruote, macine, argani, carri, ribalte e impianti idraulici, studi di fortezze e bastioni. La sorpresa maggiore è nello scoprire, sovrapposti sul foglio principale, foglietti mobili dentro cui scorre un filo teso a formare una sorta di pop-up ante litteram. Il nucleo più importante è quello sull’arte scenica, con macchine e ingranaggi per muovere le scene, figure e personaggi immaginati per spettacoli teatrali, cerimonie e feste. Appuntamenti e occasioni per cui Bernardo e i suoi collaboratori progettavano effetti mirabolanti, giochi pirotecnici, strepitosi cambi di scena, fondali e automazioni grandiose come quelle del Lucifero e del Pegaso presenti nel manoscritto, cavalli coperti da drappeggi lussureggianti. Infine le raffigurazioni di ordini, di portali, piante e vedute di ville e palazzi, studi di facciata di edifici ecclesiastici, ampie prospettive disegnate anche su fogli doppi ripiegati. E pensare che questo capolavoro sconosciuto, acquisito in tempi recentissimi e ora destinato all’archivio di Stato di Firenze, è stato presentato per l’espatrio senza alcuna attribuzione e con una valutazione decisamente sottostimata nell’aprile 2016: dopo l’esame degli esperti, avendo saputo del pregio del manufatto, il proprietario ha deciso di ritirarlo ed è dovuta intervenire la Soprintendenza per avviare la dichiarazione di interesse culturale e far partire la trattativa di acquisto.
Gli altri pezzi? Un piccolo Libro d’Ore, un «offiziolo» di preghiere per la devozione privata interamente miniato e risalente circa al 1470, codice allestito nella bottega dell’artista tedesco, ma fiammingo d’adozione, Willem Vrelant (è custodito adesso nella Biblioteca Marciana di Venezia). Un altro manoscritto, settecentesco, si deve al militare di carriera dello Stato sabaudo Giovanni Michele Ravicchio, incaricato di approntare un manuale scolastico per militari allievi, con didascalie, illustrazioni di cannoni, colubrine, mortai. Sono documenti che spesso permettono nuove conoscenze storico-culturali e aprono inedite prospettive di studio. È il caso, per esempio, del Trattato ecclesiastico, contenente un manuale per confessori del domenicano Antonino Pierozzi, autentico bestseller dell’epoca. Il codice fu trascritto dal teologo Ludovico della Torre tra il 1462 e il 1463 e donato dal suo estensore al convento francescano di San Bernardino di Verona, il cui patrimonio bibliografico è andato disperso: quel che conta è che si tratta di una preziosa testimonianza del ruolo rilevante svolto dal francescanesimo veronese durante il Rinascimento.
Certamente i bibliofili trasaliranno nel trovare in una teca della mostra un incunabolo stampato nel 1492 a Norimberga da Anton Koberger: il volume contiene le opere commentate di Virgilio e viene segnalato come uno dei rarissimi prodotti classici realizzati nell’officina dello stampatore tedesco, vero «imprenditore capitalista» capace di far funzionare 24 torchi, di far lavorare cento operai e di attivare una rete di agenti nelle capitali europee. Infine (ma c’è anche altro), stavano per oltrepassare il confine due disegni, accompagnati da alcune note autografe, dell’architetto milanese Gio Ponti relativi al progetto della villa di Garches (nell’Alta Senna) richiestagli nel 1926 dall’amico Tony H. Bouilhet, proprietario della celebre azienda Christofle: unico lavoro di Ponti destinato alla Francia, il progetto coinvolge, per espressa richiesta del committente, anche l’arredamento interno, i mobili, i decori, persino le maniglie delle porte e le stoviglie. L’Ange Volant era il nome dato alla casa, poiché lo stemma, posizionato sopra il portone d’ingresso, raffigura un angelo che regge tra le mani la planimetria disegnata da Ponti. E un Ange Volant che porta in volo alla collettività i beni recuperati potrebbe essere la figura che sintetizza questa mostra.