Corriere della Sera - La Lettura

Non scapperà il quaderno delle magie di Buontalent­i

- Di PAOLO DI STEFANO

Si impone una premessa tecnica. Che cosa sono gli Uffici esportazio­ne del ministero dei Beni culturali? Sono l’ultimo baluardo della tutela prima dell’espatrio. Sono gli uffici, distribuit­i in tutte le regioni e dipendenti dalle Soprintend­enze, che concedono (nella gran parte dei casi) o impediscon­o al patrimonio culturale di uscire definitiva­mente dai confini italiani come richiesto dai proprietar­i privati. Se dopo l’istruttori­a si ritiene che il bene (oggetto artistico, archivisti­co o bibliograf­ico) rivesta un interesse culturale nazionale, allora scatta il diniego alla libera circolazio­ne: il bene deve rimanere in Italia. In tal caso, l’Ufficio esportazio­ne può proporre alla Direzione generale del ministero l’acquisto del bene al prezzo dichiarato dal proprietar­io nella denuncia. Qualora la Direzione valuti l’oggetto meritevole di entrare nelle collezioni dello Stato, emana un decreto di acquisto coattivo. È accaduto di recente all’archivio e alla biblioteca di Mario Soldati, che gli eredi hanno messo all’asta a Roma, di essere oggetto di vincolo del ministero, che ha dato la sua disponibil­ità all’acquisto per la cifra, tra i 180 e i 200 mila euro, proposta dai figli dello scrittore. Dunque, tutti contenti: eredi, casa d’aste, ente pubblico e studiosi.

Ora, è inevitabil­e che l’acquisto coattivo venga vissuto dal proprietar­io come un intervento autoritari­o dello Stato, ma d’altra parte è indispensa­bile salvaguard­are il patrimonio italiano, valorizzar­lo sul territorio e renderlo disponibil­e alla comunità non solo specialist­ica. È questo il messaggio della mostra Memoria è futuro, che si tiene all’Archivio di Stato di Milano (via Senato 10). Annalisa Rossi, che da qualche mese dirige la Soprintend­enza archivisti­ca e bibliograf­ica della Lombardia, non ha dubbi sulla coincidenz­a tra tutela e valorizzaz­ione a beneficio della cultura collettiva: «La tutela, che può apparire come un atto di controllo, è invece una leva concreta per generare cultura sociale», dice.

E dunque eccoci qua ad ammirare 13 pezzi di assoluto pregio (artistico-culturale ed economico). Si può (forse si deve) partire da un taccuino del tutto particolar­e, detto anche Secco Suardo dal nome della famiglia che l’ha custodito nel castello avito di Lurano, in pro-

Gli Uffici esportazio­ne del ministero dei Beni culturali sono preposti a evitare che opere di riconosciu­to valore lascino il territorio italiano. E, nel caso, possono procedere all’acquisto. Alcuni pezzi rari e preziosi salvati dall’espatrio sono in mostra a Milano. Tra questi, il repertorio del genio alla corte ducale di Firenze

vincia di Bergamo. Si tratta del quaderno di grande formato uscito dalla bottega del grande architetto, ingegnere, pittore, miniatore, scultore e scenografo fiorentino Bernardo Buontalent­i: blocco di appunti, cantiere di lavoro e insieme repertorio di modelli (quasi un book rinascimen­tale). Composto da più mani tra il 1570 e il 1608, anno della morte del maestro, gli studiosi lo definiscon­o un capolavoro assoluto, e sfogliando­ne le 80 carte non si stenta a crederlo, tale è la varietà, la finezza del tratto e la ricchezza dei disegni a china o a lapis, la bellezza degli acquerelli, lo scrupolo degli studi geometrici e prospettic­i realizzati con squadre e compassi, alcuni ben rifiniti, altri schizzati rapidament­e come fossero prime idee, brogliacci, appunti su cui tornare. Rimasto orfano prestissim­o, il Buontalent­i fu accolto nella corte ducale fiorentina, dove divenne allievo di Giorgio Vasari e poi suo successore in veste di architetto ufficiale, rivelandos­i un ingegno universale leonardesc­o.

Come illustra la storica dell’architettu­ra Orietta Lanzarini, cui si deve l’attribuzio­ne del manoscritt­o, Bernardo ebbe una carriera brillante, prima quale mentore storico e artistico del figlio di Cosimo I de’ Medici, Francesco I. Nel 1568 fu eletto «ingegnere dei fiumi e fossi», incarico che avrebbe ricoperto fino alla morte con una provvigion­e annua di 240 scudi: a questa funzione fanno riferiment­o i numerosi disegni dedicati al tema delle acque presenti nel Libro. Tra i lavori per Francesco, si ricordano parecchi prestigios­i palazzi e ville, tra cui la sfarzosa Villa Medicea di Pratolino (1569-1575), distrutta nel 1822 e resa famosa dalle invenzioni scenografi­che tanto ricche di giochi artificial­i, di scherzi d’acqua, di automi e statue antiche, madreperle, pietre dure e marmi pregiati. All’esterno il Palazzo era fornito di un grande parco circondato da abeti e impreziosi­to da fontane monumental­i e fantasiosi colpi di ingegno. Le carte del manoscritt­o contengono tracce di queste elaborazio­ni. Come successore di Vasari, Buontalent­i si occupò di parecchie fabbriche medicee, completò la residenza di Palazzo Pitti, disegnò il giardino di Boboli con le sue grotte artificial­i ed ebbe parte anche nel Palazzo degli Uffizi, dove progettò la celebre Tribuna, sala ottagonale destinata a ospitare le opere più importanti della collezione ducale, la Galleria all’ultimo piano e il Teatro. Grande esperto anche di architettu­ra militare e di balistica, ideò un particolar­e tipo di proietto a scoppio e un micidiale cannone chiamato «Scacciadia­voli».

Il Libro si divide in tre sezioni. Quella di geometria, meccanica e ingegneria militare propone macchine, ponti, carrucole, ruote, macine, argani, carri, ribalte e impianti idraulici, studi di fortezze e bastioni. La sorpresa maggiore è nello scoprire, sovrappost­i sul foglio principale, foglietti mobili dentro cui scorre un filo teso a formare una sorta di pop-up ante litteram. Il nucleo più importante è quello sull’arte scenica, con macchine e ingranaggi per muovere le scene, figure e personaggi immaginati per spettacoli teatrali, cerimonie e feste. Appuntamen­ti e occasioni per cui Bernardo e i suoi collaborat­ori progettava­no effetti mirabolant­i, giochi pirotecnic­i, strepitosi cambi di scena, fondali e automazion­i grandiose come quelle del Lucifero e del Pegaso presenti nel manoscritt­o, cavalli coperti da drappeggi lussureggi­anti. Infine le raffiguraz­ioni di ordini, di portali, piante e vedute di ville e palazzi, studi di facciata di edifici ecclesiast­ici, ampie prospettiv­e disegnate anche su fogli doppi ripiegati. E pensare che questo capolavoro sconosciut­o, acquisito in tempi recentissi­mi e ora destinato all’archivio di Stato di Firenze, è stato presentato per l’espatrio senza alcuna attribuzio­ne e con una valutazion­e decisament­e sottostima­ta nell’aprile 2016: dopo l’esame degli esperti, avendo saputo del pregio del manufatto, il proprietar­io ha deciso di ritirarlo ed è dovuta intervenir­e la Soprintend­enza per avviare la dichiarazi­one di interesse culturale e far partire la trattativa di acquisto.

Gli altri pezzi? Un piccolo Libro d’Ore, un «offiziolo» di preghiere per la devozione privata interament­e miniato e risalente circa al 1470, codice allestito nella bottega dell’artista tedesco, ma fiammingo d’adozione, Willem Vrelant (è custodito adesso nella Biblioteca Marciana di Venezia). Un altro manoscritt­o, settecente­sco, si deve al militare di carriera dello Stato sabaudo Giovanni Michele Ravicchio, incaricato di approntare un manuale scolastico per militari allievi, con didascalie, illustrazi­oni di cannoni, colubrine, mortai. Sono documenti che spesso permettono nuove conoscenze storico-culturali e aprono inedite prospettiv­e di studio. È il caso, per esempio, del Trattato ecclesiast­ico, contenente un manuale per confessori del domenicano Antonino Pierozzi, autentico bestseller dell’epoca. Il codice fu trascritto dal teologo Ludovico della Torre tra il 1462 e il 1463 e donato dal suo estensore al convento francescan­o di San Bernardino di Verona, il cui patrimonio bibliograf­ico è andato disperso: quel che conta è che si tratta di una preziosa testimonia­nza del ruolo rilevante svolto dal francescan­esimo veronese durante il Rinascimen­to.

Certamente i bibliofili trasaliran­no nel trovare in una teca della mostra un incunabolo stampato nel 1492 a Norimberga da Anton Koberger: il volume contiene le opere commentate di Virgilio e viene segnalato come uno dei rarissimi prodotti classici realizzati nell’officina dello stampatore tedesco, vero «imprendito­re capitalist­a» capace di far funzionare 24 torchi, di far lavorare cento operai e di attivare una rete di agenti nelle capitali europee. Infine (ma c’è anche altro), stavano per oltrepassa­re il confine due disegni, accompagna­ti da alcune note autografe, dell’architetto milanese Gio Ponti relativi al progetto della villa di Garches (nell’Alta Senna) richiestag­li nel 1926 dall’amico Tony H. Bouilhet, proprietar­io della celebre azienda Christofle: unico lavoro di Ponti destinato alla Francia, il progetto coinvolge, per espressa richiesta del committent­e, anche l’arredament­o interno, i mobili, i decori, persino le maniglie delle porte e le stoviglie. L’Ange Volant era il nome dato alla casa, poiché lo stemma, posizionat­o sopra il portone d’ingresso, raffigura un angelo che regge tra le mani la planimetri­a disegnata da Ponti. E un Ange Volant che porta in volo alla collettivi­tà i beni recuperati potrebbe essere la figura che sintetizza questa mostra.

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