Corriere della Sera - La Lettura
L’aria del Mediterraneo che ispirò Antonello
Classici Palermo celebra uno degli artisti siciliani, formatosi tra Messina e Napoli, più illustri e misteriosi. Ecco la meraviglia della luce e dello spazio
La pittura di Antonello da Messina è una misteriosa somma di culture. Il siciliano è unico, sia per quella tecnica quasi fiamminga che solo lui riesce a sposare senza affanno con la spazialità toscana, sia per la sua eccellente ritrattistica, mutuata in verità da Petrus Christus, che anticipa di mezzo secolo il metodo di Lorenzo Lotto. Su di lui rare verità, molte ipotesi, tante pagine scritte e poco più di una trentina di opere certe. Come spiegare allora questo sereno, mai tormentato crogiuolo di stili che ha dato vita a opere immortali? Ci sono solo gli appunti ottocenteschi di Giovanni Battista Cavalcaselle, che ricostruiscono anche graficamente il primo catalogo delle sue opere, e le preziose ricerche d’archivio dell’erudito messinese Gaetano La Corte Cailler, che nel 1903 trascrive documenti originali che verranno poi distrutti dal devastante terremoto di Messina cinque anni dopo. Tra questi c’è pure il punto di fine e il punto di partenza della storia di Antonello, ossia il fondamentale testamento che ne certifica la morte nel febbraio 1479 a 49 anni.
Alcune fonti ci ricordano che il giovane artista fece apprendistato a Napoli presso Colantonio, pittore che potrebbe essere stato a sua volta a bottega da Barthélemy van Eyck, chiamato a dipingere da Renato d’Angiò e da cui Colantonio potrebbe aver appreso la pittura a olio. Certo è anche che alla corte di Alfonso V d’Aragona, salito al trono nel 1442, giunsero un polittico e altri capolavori di Jan van Eyck, arazzi disegnati dal sommo Rogier Van der Weyden oltre a lavori di valenti pittori catalani. Ecco allora che gli ultimi studi si concentrano sull’ipotesi di un primo Antonello, tra Napoli e Messina, attento osservatore delle opere in transito o in arrivo dal mar Tirreno al seguito dell’illuminata corte aragonese.
Ora la Galleria nazionale di Palazzo Abatellis, a conclusione dell’anno che ha visto la città capitale italiana della Cultura, ha portato per la prima volta a Palermo una mostra dedicata proprio alle suggestioni mediterranee nella pittura di Antonello. Curata da Giovanni Carlo Federico Villa, tra i più autorevoli studiosi dell’artista, la rassegna raduna, nel museo firmato da Carlo Scarpa nel 1953, tutte le opere dei musei siciliani oltre ad alcune prestate da importanti istituzioni italiane e da un museo della Romania.
Attorno all’Annunciazione, perla assoluta, la mostra raccoglie conferme presentando l’ingrandimento di un portolano dell’epoca. Si tratta di una carta nautica che ci rimanda una Sicilia al centro delle reti mercantili promosse proprio da Alfonso V, detto il Magnanimo, tra Napoli e Barcellona, Maiorca e Palermo, Messina e Cagliari. Oltre agli itinerari aragonesi, Messina era imprescindibile tappa delle mude che garantivano più volte all’anno il trasporto di merci tra la Serenissima e l’Oriente, mentre anche Palermo forniva soste e ristoro alle navi che solcavano il Mediterraneo.
È in questa terra di scambi e culture che Antonello inizia a mettere su tavola a tempera e olio composizioni magiche e anche terribili, come la Crocifissione giunta dal museo romeno di Sibiu che ritrae nello sfondo grandioso proprio il porto di Messina e le isole Eolie, risolti con luce e spazialità sorprendenti che non possono che far pensare a Piero della Francesca, mentre davanti, sotto le croci su cui si contorcono i ladroni, si svolge un dramma di aspro sapore fiammingo. Eppure, nonostante Roberto Longhi avesse ipotizzato un incontro con l’Aretino durante la trasferta veneziana, Antonello arrivò via mare in Laguna ed è noto che le prime tavole di Piero giunsero a Venezia solo anni dopo la sua scomparsa. Accanto al Polittico di Messina, firmato e datato 1473, deteriorato dall’alluvione post-terremoto e da antichi sciagurati restauri, troviamo l’Annunciazione di Siracusa (1474), che ci rivela quanto fosse già affinata la sua prospettiva e lo studio della luce.
Addentrandoci nelle opere della maturità, l’Annunciata (1475) è tra le massime espressioni del Quattrocento italiano. Stagliata sul fondo nero, la giovane spunta timidamente da un manto lapislazzulo. Nella parte inferiore, con limpidezza fiamminga, Antonello gioca con la prospettiva per portarci all’interno della scena con l’eloquente gesto della mano.
In degna rappresentanza della sua ritrattistica, non poteva mancare l’affascinante Ritratto di ignoto marinaio (14651476) del Museo Mandralisca di Cefalù. L’adeguata illuminazione consente finalmente di rilevare dettagli straordinari, come la barba incipiente, le rughe, i ricci ribelli che spuntano dal berretto, cioè quella che appare ai nostri occhi una perfetta faccia da schiaffi.