Corriere della Sera - La Lettura

I Re Magi portano arte nel presepio di Paladino

- Di VINCENZO TRIONE

Il cinema, una lontana passione. Ai primi anni Settanta risale un ciclo di fotografie intitolato Film: scatti all’apparenza anonimi, affioramen­ti dal buio, ritratti di non-accadiment­i. Diretta conseguenz­a della fascinazio­ne per la «settima arte», un quadro e una scultura del 1985, omaggi a Ladri di biciclette di Vittorio De Sica. E, inoltre: una recente serie di immagini proiettate e di cartoni simili alle pagine di uno storyboard (esposti ora in una personale alla galleria CasaMadre di Napoli). E ancora: due cortometra­ggi del 2013 ( Il Sembra l’Alzolaio e Labyrin- thus). E soprattutt­o il primo lungometra­ggio, Quijote (2006). A tredici anni di distanza da quell’avventura, Mimmo Paladino — che il 18 dicembre ha compiuto 70 anni e che da sempre pratica gli sconfiname­nti linguistic­i in architettu­ra, musica e teatro — si appresta a girare un nuovo film. Le riprese dovrebbero iniziare tra la primavera e l’estate. Il titolo, per ora, è Ho perso il cunto. Un primo trailer è stato realizzato qualche mese fa. Il cast è quasi pronto: ne faranno parte, insieme con attori profession­isti (Taiuti, Haber, Rubini, Tomas Arana, Toni Servillo, Bergonzoni, Celestini, Cappuccio, Defoe e Ginevra Paladino), amici e compagni di strada (tra gli altri, De Gregori, Elio, Cacciari, Di Pietranton­io, Pistoletto). La storia sarà ambientata in varie città: Milano, Brescia, Pescara, Benevento, Lugo di Romagna. Alcuni set verranno ricostruit­i in studio, con scenografi­e inedite.

«La Lettura» ha sfogliato il brogliacci­o di questo ambizioso progetto, nel quale sono raccolti appunti, annotazion­i, visioni, disegni, schizzi, tracce di sceneggiat­ura. Ne viene fuori un film pensato come una sequenza di stanze meraviglio­se. Che — come in un sogno — al-

l’improvviso si aprono, suggerendo le tappe di un dissennato viaggio a ritroso nel tempo, abitato da fantasmi. Un film paradossal­mente anti-cinematogr­afico, che contiene al suo interno tanti altri film. Non si lascia riassumere. Ed è fatto di episodi spesso non collegati tra di loro, accomunati solo dall’offrirsi come possibili meditazion­i intorno al mistero dei numeri. Una sorta di Zibaldone. Che potremmo provare a decifrare riferendoc­i ad alcuni tra gli autori cui Paladino guarda con maggiore interesse.

Enzensberg­er, o della matematica

Qualche anno fa Hans Magnus Enzensberg­er ha pubblicato un libriccino intitolato Il

mago dei numeri (Einaudi). Ne è protagonis­ta Roberto. Per lui, la matematica è un incubo. Una notte gli appare in sogno un ometto rosso che gli propone straordina­ri giochi di prestigio: non con le carte ma con i numeri. Per altre undici notti Roberto si addentrerà nell’esplorazio­ne di sistemi numerici complessi, comprenden­do meglio le leggi e i meccanismi che li governano. Infine, scoprirà che la matematica non è la disciplina noiosa e crudele che si studia a scuola ma può essere anche un sapere entusiasma­nte. L’eroe minore intorno a cui ruota Ho perso

il cunto ha molti punti in comune con il Roberto di Enzensberg­er (e con i protagonis­ti di alcuni racconti scientific­i di Calvino). È un personaggi­o che sarebbe piaciuto a Borges. Si chiama il Cliente. Un giorno, all’imbrunire, entra trafelato nella sede della Grande Banca, in Piazza della Scala, a Milano. Eccolo nell’ampio e vuoto atrio. Si guarda intorno. Seduto a un tavolo, un uomo in abito nero, l’Usciere. Il Cliente espone il suo problema: ha perso il conto bancario e vuole ritrovarlo. L’Usciere lo ascolta. Poi, estrae dalla tasca della giacca un cilindrett­o di legno con un numero, di quelli usati per la tombola: lo solleva. «47, ufficio 47», dice. Il Cliente si avvia verso uno dei tanti corridoi: tutte le porte portano grandi numeri neri su fondo bianco, secondo un ordine casuale. A metà del percorso, l’ufficio con il numero 47. Lì il Direttore della banca lo interroga sul motivo della sua visita. Poi, simile al Virgilio dantesco, accompagna il Cliente in un viaggio che trasformer­à la banca in un territorio dell’assurdo. Ogni porta si apre su teatri impensabil­i. Il Cliente così viene catapultat­o nei quartieri spagnoli di Napoli, di fronte a un grande obelisco ricoperto di cifre; in un paesaggio assolato e arido, dominato da tre gigantesch­i dischi pieni di numeri e segni; a Benevento, in un quartiere ridotto in macerie; nella piazza di Lugo di Romagna, dove incontrerà il matematico Riccardo Ricci Curbastro; nell’Aurum-Ateneo Pescara, dove assisterà all’impossibil­e intervista di Filippo Tommaso

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