Corriere della Sera - La Lettura

DIFFIDENZE CHE FANNO CRESCERE I SOSPETTI

- Di FIORENZA SARZANINI

L’Interpol ha, o dovrebbe avere, un ruolo chiave nella cooperazio­ne tra gli Stati. Perché è l’organismo internazio­nale che deve garantire la collaboraz­ione delle polizie di tutto il mondo per combattere la criminalit­à e il terrorismo e così portare a risultati concreti nella lotta ai grandi traffici illeciti e ai fondamenta­listi, ma anche nella ricerca dei latitanti. Per raggiunger­e l’obiettivo è indispensa­bile una trasparenz­a reale, uno scambio continuo delle informazio­ni. E invece è proprio questa la criticità più evidente.

Troppo spesso prevale il timore che la messa a disposizio­ne di notizie riservate vanifichi le indagini. E così accade di frequente che non ci sia una reale condivisio­ne oppure che ciò avvenga quando ormai è troppo tardi. Un clima di diffidenza reso ancora più teso dallo scorso aprile, quando l’assemblea parlamenta­re del Consiglio d’Europa ha elogiato l’Interpol per alcune sue riforme ma ha poi lanciato l’accusa che venga usato da alcuni Paesi «per perseguire obiettivi politici».

A poco sono finora servite le rassicuraz­ioni del segretario generale Jürgen Stock sul fatto che l’organizzaz­ione abbia sempre agito «in buona fede e con regole chiare». Le sue parole non hanno messo a tacere critiche e polemiche, mentre è su questo che bisogna lavorare seriamente per rivitalizz­are quello che può essere uno strumento indispensa­bile a livello investigat­ivo, ma soprattutt­o nella prevenzion­e. E così dimostrare che l’obiettivo non è l’acquisizio­ne di dati sensibili ma la lotta contro le mafie e i terroristi islamici.

fsarzanini@corriere.it

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