Corriere della Sera - La Lettura
DIFFIDENZE CHE FANNO CRESCERE I SOSPETTI
L’Interpol ha, o dovrebbe avere, un ruolo chiave nella cooperazione tra gli Stati. Perché è l’organismo internazionale che deve garantire la collaborazione delle polizie di tutto il mondo per combattere la criminalità e il terrorismo e così portare a risultati concreti nella lotta ai grandi traffici illeciti e ai fondamentalisti, ma anche nella ricerca dei latitanti. Per raggiungere l’obiettivo è indispensabile una trasparenza reale, uno scambio continuo delle informazioni. E invece è proprio questa la criticità più evidente.
Troppo spesso prevale il timore che la messa a disposizione di notizie riservate vanifichi le indagini. E così accade di frequente che non ci sia una reale condivisione oppure che ciò avvenga quando ormai è troppo tardi. Un clima di diffidenza reso ancora più teso dallo scorso aprile, quando l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha elogiato l’Interpol per alcune sue riforme ma ha poi lanciato l’accusa che venga usato da alcuni Paesi «per perseguire obiettivi politici».
A poco sono finora servite le rassicurazioni del segretario generale Jürgen Stock sul fatto che l’organizzazione abbia sempre agito «in buona fede e con regole chiare». Le sue parole non hanno messo a tacere critiche e polemiche, mentre è su questo che bisogna lavorare seriamente per rivitalizzare quello che può essere uno strumento indispensabile a livello investigativo, ma soprattutto nella prevenzione. E così dimostrare che l’obiettivo non è l’acquisizione di dati sensibili ma la lotta contro le mafie e i terroristi islamici.
fsarzanini@corriere.it