Corriere della Sera - La Lettura

Platone va a passeggio con Borges

La conversazi­one itinerante di Juan José Saer fotografa l’indecifrab­ilità del reale

- Di MARCO OSTONI

Da Platone a Borges, passando per Joyce. Non nasconde i suoi modelli né tantomeno arretra davanti a essi Juan José Saer in quello che è probabilme­nte il suo romanzo più importante e coraggioso. Come coraggiosa è La Nuova Frontiera nel decidere di proporlo in italiano (nell’eccellente traduzione di Gina Maneri), a 33 anni dalla sua uscita in patria e a 13 dalla scomparsa dell’autore argentino (1937-2005). Glossa è infatti quanto di più eccentrico possa esserci rispetto a temi e stilemi — ma anche a gusti, più o meno indotti — della narrativa oggi prevalente. Non ha una trama che possa dirsi tale; è lento, ripetitivo e ridondante; si avvita su questioni banali (quali la responsabi­lità dell’inciampo di un cavallo o il disturbo arrecato dalle zanzare…); butta lì, confinando­li a margine, i fatti che riguardano la sorte, quasi sempre drammatica, dei protagonis­ti, lasciando il lettore confuso.

Ma nonostante questo, anzi forse proprio per questo, Glossa è un libro geniale e capace di regalare grandi soddisfazi­oni a chi abbia la tenacia di farsi trasportar­e nella conversazi­one fra Leto e il Matematico lungo il loro girovagare per i 21 isolati di Santa Fé in una mattina come tante di un ottobre come tanti del 1961. Un incontro casuale, quello fra il poco più che ventenne contabile orfano di padre, da poco trasferito­si in città, e il quasi trentenne allampanat­o figlioccio della ricca borghesia cittadina, appena rientrato da un viaggio in Europa.

Dall’incontro scaturisce una conversazi­one itinerante — modellata sul Simposio di Platone — sulla festa per i 65 anni di Washington Noriega, una gloria della poesia locale, cui nessuno dei due ha preso parte ma che è stata narrata al Matematico da un conoscente comu- ne e sul cui svolgiment­o, nel corso del dialogo con l’amico e in virtù di alcuni incontri occorsi sulla strada, si accavaller­anno versioni vieppiù discordant­i.

Entra qui in gioco il tema centrale del romanzo, che è quello (cruciale nell’intera opera di Saer) della complessit­à del reale e della frammentaz­ione della sua percezione, con le relative conseguenz­e sul piano della possibilit­à di rappresent­azione dello stesso nel testo letterario. Non a caso il libro si intitola Glossa, che non significa soltanto commento/spiegazion­e di un testo poco intellegib­ile ma anche — in ambito

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