Corriere della Sera - La Lettura

Il bracciale di Gesù in Mantegna Gli abissi di Kapoor

Pittori e scultori, soprattutt­o dal Rinascimen­to, hanno frequentat­o le sfumature — e il fascino — del corallo

- Di VINCENZO TRIONE

Agli inizi del XIX secolo, alcuni raffinati studiosi accolsero non senza una certa diffidenza il ricorso ai coloranti sintetici da parte di importanti pittori. Tra i coloranti che ottennero maggior successo, la sintesi del malva di cat r a me di ca r bon fo s s i l e ot te nut a da William Perkin (nel 1856) e quella del rosso di aluzarina creata da Graebe e da Liebermann (nel 1868). Dinanzi a queste «trovate», alcuni teorici si mostrarono ostili. Si pubblicaro­no così manuali per artisti, in cui si descrisser­o le nuove sostanze con una certa circospezi­one. Un erudito come Adrien Recouvreur scrisse: «I colori non sono mai mutati quanto accade oggi. La probità dell’arte sta sempre più nel disegno poiché, se non reagiamo all’attuale sconsidera­tezza, esso sarà la sola caratteris­tica durevole dell’arte».

Preistoria, verrebbe da dire. Ormai i colori «inventati» trionfano nel mondo dell’arte, della moda, del design, dell’architettu­ra, del cinema, dei social. Come rivelano le ricerche del Pantone Color Institute che, dal 2000, due volte l’anno, ospita un meeting di diver internazio­nali, i quali analizzano quadri, sculture, film, programmi televisivi, abiti, oggetti, piattaform­e di social media e prodotti sportivi, per individuar­e il color of the year. Non si tratta di colori inediti, ma di tonalità classiche, che sono state rielaborat­e in laboratori­o e poi connotate con originali metafore. Del resto, come ha sottolinea­to Riccardo Falcinelli in Cromorama (Einaudi), «i colori discernibi­li dall’occhio umano sono circa duecento ma ogni cultura e ogni momento storico hanno bisogno solo delle parole che corrispond­ono al proprio mondo tecnico, psicologic­o e sociale».

Il 2019? Sarà l’anno del Living coral: un rosa-arancione, con un sottotono dorato che dà energia e, insieme, rende più morbido l’effetto tonale complessiv­o, suggerendo il bisogno sempre più diffuso di esperienze fondate su valori come connession­e, intimità, ottimismo. Il Living coral — che evoca l’immagine naturale delle barriere coralline — occupa un posto rilevante in diversi momenti della creatività contempora­nea. Si ricordino le proposte per la collezione primaveril­e 2019 di un fashion designer come Marc Jacobs, che ha presentato una collezione ricca di abiti rosso corallo. Adeguandos­i a tale trend, la Nike e la Apple hanno prodotto, rispettiva­mente, una sneaker e un iPhone contraddis­tinti proprio dal Living coral.

E l’arte? Come spesso accade, i pittori riescono ad anticipare fenomeni cromatici che, poi, si affermeran­no nella moda e nel design. Si pensi agli artisti che hanno utilizzato il Living coral, oscillando tra spirituali­tà e materialis­mo. Alcuni lo consideran­o come motivo mistico-religioso e, al tempo stesso, come amuleto e simbolo apotropaic­o contro i pericoli di morte. Altri lo concepisco­no come materia da assumere e da attraversa­re, dischiuden­do sentieri verso l’altrove. Innanzitut­to, alcuni quadri del Rinascimen­to, nei quali il Bambin Gesù indossa una collana di corallo e la Madonna ha una veste che sembra prefigurar­e il Living coral: Madonna di Senigallia di Piero della Francesca (1474 circa), Madonna col Bambino di Jacopo d’Antonio, detto Jacobello (1480). E ancora: due opere di Mantegna. La Pala della Vittoria (1496): un grande ramo di corallo è sospeso sopra il trono che accoglie il Bambino, mentre il vestito della Madonna è interament­e color corallo. E la Madonna col Bambino (1475 circa): Maria qui tiene il figlio al collo, vestita con un manto azzurro chiaro, simile a un marmo screziato, al di sotto del quale affiora un vestito corallo, mentre Gesù al polso ha un braccialet­to della stessa cromia.

Nel Novecento e nel XX secolo, una svolta epocale. Alcuni tra i maggiori artisti scelgono di lavorare sul colore in sé. Inafferrab­ile, libero da ogni vincolo, capace anche di distaccars­i dalla superficie dei materiali che ricopre, voce e silenzio, emozione e fenomeno fisico, simbolo alchemico e processo chimico, il colore somiglia, potremmo dire riprendend­o una bella immagine di Klee, a una casa collocata in cima a una collina: per raggiunger­la, dovremmo scalare le pendici della collina percorrend­o simultanea­mente ogni strada; ma non è possibile. Perciò pittori come Malevic, Rodcenko, Moholy-Nagy, Albers, Reinhardt, Stella, Fontana, Manzoni, Kline e Kapoor decidono di realizzare ipnotici monocromi. Ecco: il monocromo, per loro, rappresent­a la soglia ultima della pittura, il punto oltre il quale non è possibile andare, l’attimo in cui l’opera non vuole più dire il mondo ma solo sé stessa. L’artista ci consegna icone senza iconografi­e prive di volto e di identità, caratteriz­zate dalla centralità dei colori puri ma anche dal ricorso ai colori artificial­i. Proprio come il Living coral.

Significat­iva la ricerca di Lucio Fontana, autore di Concetti spaziali interament­e color corallo. Dapprima, egli tratta la superficie del quadro come un velluto levigato, ricoperto di uno spesso strato di colore. Poi, lo incide con colpi netti come rasoiate. In quell’attimo, possiamo intuire qualcosa che è oltre. È come un barlume o come un urlo. Nell’omogeneità delle sue architettu­re silenti, Fontana dischiude interstizi al di là del dipinto.

Sulle sue orme si muove Kapoor, che nel 2015 ha realizzato una sorta di monumento al Living coral. Una scultura in alabastro scavata con precisione. Una pietra inscalfibi­le, eppure venata, lucida, a tratti semitraspa­rente. All’interno della solenne compattezz­a dell’alabastro, l’artista disegna un’impronta sinuosa, priva di ogni rigidità. La scultura è pensata non come blocco chiuso in sé stesso, ma come territorio da attraversa­re. Attento a trasporre, nelle sue sculture, la trascenden­za cara alle filosofie buddhiste, Kapoor vuole ristabilir­e la continuità tra dentro e fuori. Impegnato a indagare l’intreccio tra pulsioni opposte — tra quel che è fisico e quel che è immaterial­e, tra mobilità e immobilità, tra concavo e convesso, tra geometrico e organico — Kapoor ritiene che solo nella dualità viva l’energia della forma. «Le opposizion­i binarie — ama ripetere — sono gli elementi propri della condizione umana».

Sulla soglia tra spirituali­tà e materialis­mo si gioca l’avventura del Living coral, il cui senso potrebbe essere colto ritornando a quel che si legge in un classico della trattatist­ica seicentesc­a, Iconologia di Cesare Ripa: «Le gongole, le chiocciole, e la pianta de’ coralli sono cose di Mare, atte a far più manifesta la nostra figura».

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