Corriere della Sera - La Lettura
Arezzo, la memoria e la sofferenza L’ospedale psichiatrico in 200 scatole
Ci sono libri di psichiatria, ma anche di letteratura e filosofia, enciclopedie e dizionari. Poi la parte più misteriosa, l’archivio: buste, quaderni, documenti, fascicoli che, se messi in fila, formerebbero una catena lunga 35 metri. Migliaia di fogli scritti a mano, dove scoprire riflessioni e storie di pazienti curati all’ospedale psichiatrico di Arezzo. Duecento scatole compongono un immenso patrimonio che racconta la vita professionale di Agostino Pirella, che di quell’ospedale è stato direttore dal 1971, per otto anni. E che ha aiutato da vicino il collega e amico Franco Basaglia a scatenare la rivoluzione che nel 1979 ha portato alla chiusura definitiva dei manicomi italiani. Ora questo patrimonio, donato dal figlio di Pirella, Martino, è tornato in quei corridoi dell’allora ospedale, che oggi ospitano un dipartimento dell’università di Siena: «Dove una volta c’erano i matti ora è pieno di studenti», osserva Silvia Calamai, direttore scientifico dell’Archivio storico del centro. Lei, una linguista, ha già digitalizzato decine di voci dei pazienti — una raccolta unica in Italia — ritrovate nelle registrazioni di un altro archivio, quello di Anna Maria Bruzzone, collaboratrice di Pirella. «L’obiettivo è restituire questo enorme patrimonio al pubblico. Sul materiale audio siamo già a buon punto, mentre su quello cartaceo siamo solo all’inizio di un lavoro di catalogazione che ci impegnerà per alcuni anni». L’Università di Siena ha investito nel progetto 30 mila euro, ha attivato una borsa di studio e un assegno di eccellenza, vinto da Massimo Bucciantini, che definisce Pirella «l’uomo invisibile della rivoluzione psichiatrica italiana».