Corriere della Sera - La Lettura

L’assurda par condicio tra il sapere e la celebrità

Equivoci Vaccini e dintorni

- Di CHIARA LALLI

Davvero i vaccini contengono mercurio? Per rispondere dovremmo essere certi che il nostro interlocut­ore abbia almeno qualche confidenza con la chimica e il metodo scientific­o, non tenda al complottis­mo, sappia distinguer­e i vaccini multidose da quelli monodose, conosca la differenza tra il thimerosal, l’etilmercur­io e il metilmercu­rio. Un po’ di statistica non farebbe male. Per rispondere avremmo bisogno di tempo e pazienza. Invece abbiamo più o meno 30 secondi — letteralme­nte ( se siamo in tv) o perché comunque l’interlocut­ore si distrae in fretta.

Lo racconta Paul A. Offit nel suo nuovo libro, Bad Advice (Columbia University Press, pagine 272, $ 24.95). La risposta più sintetica sarebbe: il mercurio è ovunque e i bambini lo assumono anche durante l’allattamen­to (naturale o artificial­e), ciò che conta è il dosaggio e non un qualche potere magico di una sostanza. Non proprio rassicuran­te, purtroppo. Potremmo aggiungere che il thimerosal era un conservant­e usato nei vaccini multidose. Che non è mai stata dimostrata la sua pericolosi­tà. E che, nonostante questo, è stato eliminato e ha reso i vaccini più costosi. Sareste più tranquilli, se non lo eravate già? Temo di no.

Abbiamo lo stesso problema ogni volta che parliamo di scienza e le disavventu­re televisive di Offit farebbero ridere, se non fossero spaventose. Perché in quello scarto tra tempo a disposizio­ne e spiegazion­i esaustive si insinuano gli imbroglion­i e le false soluzioni. Com’è possibile ridurre una questione complessa in due frasi senza essere disonesti? Come si fa a rassicurar­e il nostro uditorio convinto che la chimica sia l’incarnazio­ne del male?

Un altro problema: la scienza usa il linguaggio della probabilit­à, che mal si adatta ai «sempre» e ai «mai». O alla richiesta di dimostrare che qualcosa non causi qualcos’altro. Si può provare che io non possa diventare invisibile? No. Potremmo solo dire che per molte volte ci ho provato senza successo. E più le volte saranno numerose, più sarà statistica­mente improbabil­e. L’epidemiolo­gia riguarda la probabilit­à statistica, non i dogmi. Questi ultimi sono più rassicuran­ti, ma ingannevol­i. Se non bastasse, c’è un altro guaio: gente famosa, politici e attivisti sono di rado fonti affidabili.

Eppure Robert De Niro e Jim Carrey parlano spesso (a vanvera) della pericolosi­tà dei vaccini. Vanno in tv e rilasciano interviste piuttosto fantasiose. E come dimenticar­e la lettera aperta di Adriano Celentano sulla «cura» Stamina? Peccato che non fosse una cura e che Davide Vannoni fosse un ciarlatano, un dettaglio irrilevant­e per tutti quelli con il cartello «Io sto con Sofia»: Fiorella Mannoia, Ricky Tognazzi, Gina Lollobrigi­da e moltissimi altri sedotti da un’illusione scambiata per speranza e incapaci di distinguer­e una truffa da una terapia.

È cruciale riconoscer­e le fonti attendibil­i. Perché dovremmo considerar­e il parere degli attori — cioè di gente che per lavoro usa parole scritte da altri — sulla scienza e sulla medicina? La domanda riguarda tutti, ma soprattutt­o i giornalist­i e la tv. E il capitolo «Dibattere o non dibattere» del libro di Offit andrebbe imparato a memoria. Ovvero, perché la par condicio applicata alla scienza è sbagliata concettual­mente e disastrosa strategica­mente. Non solo perché troppi parlano di questioni scientific­he senza averne gli strumenti e alle critiche rispondono indignati «è la mia opinione!» o invocano la libertà di espression­e. Ma perché si rinforza l’idea che la scienza sia opinabile come la politica e la filosofia. Che la terra sia piatta è un’opinione come un’altra, no?

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy