Corriere della Sera - La Lettura

Prigionier­o volontario nella rete dei disinganni

- Di ALESSANDRA IADICICCO

Non avrebbe fatto male a una mosca è dire poco. Anselmo, camminando di notte per boschi di castagni, riusciva ad ascoltare — e a non disturbare — il sonno delle formiche. Sapeva accarezzar­e «lungo e lento» il gatto bianco di un amico, incantato dal suo sguardo oltremonda­no. Soffriva per il cane costretto a «crudelissi­ma catena». Chiacchier­ava in confidenza, silenzioso e solitario com’era, con un merlo, con il suo merlo Neru. Con gli umani, con i compaesani, non era davvero capace di stabilire la stessa intesa. Scapolo gentile e rassegnato, viveva solo con la vecchia madre. Lettore innamorato dei poeti, componeva in segreto dei sonetti in una lingua tutta sua, la lingua «anselma». Professore in una scuola di montagna, suscitava l’ilarità più che il rispetto di studenti «deridenti e burlatori».

Una figuretta così, timida e impacciata, schiva, innocua e trasognata, sarebbe passata via senza colpo ferire, questo è chiaro, e certamente senza dare nell’occhio sui sentieri pur tortuosi di sua vita, non l’avesse adocchiato e guardato a lungo, con tenerezza e una punta di malizia, il suo autore.

Daniele Gorret, poeta valdostano di fine sensibilit­à filosofica, drammaturg­o e traduttore, sceglie il tono disteso e sommesso della prosa per raccontare le disavventu­re e le peripezie di Anselmo Secòs, il suo triste, strambo personaggi­o. Eppure ne fa un eroe. Gli dedica niente meno che una trilogia e, dopo averne diagnostic­ato le Malattie infantili e ammesso gli Errori giovanili, con la stessa spietata tenacia mette a nudo i Disinganni senili di colui che non sarà mai del tutto disincanta­to. Per inquadrarn­e la fisionomia, pone sul frontespiz­io del suo libretto, con l’esergo in epigrafe, il più delicato dei ritratti: quello che, tratto da Apollineo e dionisiaco di Giorgio Colli, presenta il ritegno di coloro che arrossisco­no e tacciono per tema d’essere fraintesi.

Intona la sua narrazione come un canto: «Fiato dunque alla mente e alle matite!», si esorta solenne e con slancio a incomincia­re. E poi segretamen­te, narrando, canta — o canterella lieve — per lui: una musica orecchiabi­le, vivace, briosa, contagiosa, accompagna tutta la storia, e risuonerà nella testa del lettore anche oltre la fine del libro, che è composto per capitoli brevi, per episodi, apologhi, scenette esemplari, ed è ritmato — cadenza naturale o deformazio­ne profession­ale dell’autore versificat­ore — da rime sonore e metri classici, cadenzato con nonchalanc­e in endeca- e dodecasill­abi. Si provi a contare: «Nel-

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