Corriere della Sera - La Lettura
Prigioniero volontario nella rete dei disinganni
Non avrebbe fatto male a una mosca è dire poco. Anselmo, camminando di notte per boschi di castagni, riusciva ad ascoltare — e a non disturbare — il sonno delle formiche. Sapeva accarezzare «lungo e lento» il gatto bianco di un amico, incantato dal suo sguardo oltremondano. Soffriva per il cane costretto a «crudelissima catena». Chiacchierava in confidenza, silenzioso e solitario com’era, con un merlo, con il suo merlo Neru. Con gli umani, con i compaesani, non era davvero capace di stabilire la stessa intesa. Scapolo gentile e rassegnato, viveva solo con la vecchia madre. Lettore innamorato dei poeti, componeva in segreto dei sonetti in una lingua tutta sua, la lingua «anselma». Professore in una scuola di montagna, suscitava l’ilarità più che il rispetto di studenti «deridenti e burlatori».
Una figuretta così, timida e impacciata, schiva, innocua e trasognata, sarebbe passata via senza colpo ferire, questo è chiaro, e certamente senza dare nell’occhio sui sentieri pur tortuosi di sua vita, non l’avesse adocchiato e guardato a lungo, con tenerezza e una punta di malizia, il suo autore.
Daniele Gorret, poeta valdostano di fine sensibilità filosofica, drammaturgo e traduttore, sceglie il tono disteso e sommesso della prosa per raccontare le disavventure e le peripezie di Anselmo Secòs, il suo triste, strambo personaggio. Eppure ne fa un eroe. Gli dedica niente meno che una trilogia e, dopo averne diagnosticato le Malattie infantili e ammesso gli Errori giovanili, con la stessa spietata tenacia mette a nudo i Disinganni senili di colui che non sarà mai del tutto disincantato. Per inquadrarne la fisionomia, pone sul frontespizio del suo libretto, con l’esergo in epigrafe, il più delicato dei ritratti: quello che, tratto da Apollineo e dionisiaco di Giorgio Colli, presenta il ritegno di coloro che arrossiscono e tacciono per tema d’essere fraintesi.
Intona la sua narrazione come un canto: «Fiato dunque alla mente e alle matite!», si esorta solenne e con slancio a incominciare. E poi segretamente, narrando, canta — o canterella lieve — per lui: una musica orecchiabile, vivace, briosa, contagiosa, accompagna tutta la storia, e risuonerà nella testa del lettore anche oltre la fine del libro, che è composto per capitoli brevi, per episodi, apologhi, scenette esemplari, ed è ritmato — cadenza naturale o deformazione professionale dell’autore versificatore — da rime sonore e metri classici, cadenzato con nonchalance in endeca- e dodecasillabi. Si provi a contare: «Nel-