Corriere della Sera - La Lettura
CANZONI PRONTE PER IL JAZZ
Il mio punto di vista non deve necessariamente collimare con quello dei colleghi, ma penso che la storia del cantautorato italiano abbia fatto i conti con gli aspetti generazionali più che musicali. Molti dei nostri cantautori — a parte Lauzi, Tenco, Paoli o De André, che casualmente si riconoscono tutti in quella che si è definita la Scuola genovese — hanno una musica che è funzionale al testo e dunque spesso scarna, forse troppo, perché possa fornire spunti e griglie armoniche ricche per il jazz. Diverso è per De André e diverso è stato per i cantautori genovesi perché, nella maggior parte dei casi, erano anche buoni musicisti che amavano pure il jazz. Senza fine di Paoli o Mi sono innamorato di te di Tenco sono dei veri standard di jazz e non mi stupirebbe se i grandi jazzisti decidessero di riadattarli e di reinterpretarli esattamente come noi abbiamo fatto da sempre con il repertorio americano di Porter o di Gershwin. Nel caso poi dei jazzisti che prestano talvolta il suono alla musica dei cantautori credo che questo non sia sufficiente per trovare una relazione tra i due mondi. Vale a dire che di rado i jazzisti hanno messo veramente le mani all’interno del percorso produttivo se non, nella maggior parte dei casi, aggiungendo poche note su un brano alla fine della produzione discografica e poco prima dei mix. Da questo punto di vista Fabrizio era ancora all’avanguardia perché ha da sempre lavorato non solo con ottimi musicisti ma anche con gruppi come la Pfm o il violino di Mauro Pagani e, non ultimo, con Beppe Quirici, con il quale ho lavorato anche io coproducendo il cd Argilla di Ornella Vanoni. De André ha la semplicità dei grandi. La capacità di scrivere melodie semplicissime ma non banali. Perfettamente funzionali ai suoi racconti ma allo stesso tempo capaci di vivere di vita propria. È la semplicità di quelli che si prendono sul serio ma che allo stesso tempo sono pronti a dire che in fondo le canzoni sono solo canzoni. A noi il compito di dare a loro un senso e di poterne fare anche una filosofia di vita…