Corriere della Sera - La Lettura
La smania dell’altrove incastra la biografia nella geografia
Ci sono fili sottili che congiungono da un capo all’altro il più recente libro di Annelisa Alleva, intitolato
Caratteri. All’apparenza disunito, costituito da parti formalmente dissimili, con la prosa di viaggio Magneti cinesi a separare le più mobili sezioni d’apertura dalla zona costituita da epigrammi e haiku, esso tuttavia è tenuto insieme da un uso cifrato e allusivo della biografia. Ciò che si racconta (avvenuto, ricordato, sognato) immerge il lettore — e prima ancora chi scrive — nel mistero dell’istante irripetibile. I nodi enigmatici di fatti non risolti, di scene prive di contorno punteggiano questa poesia: «Il mondo non è piccolo, come dice la gente,/ ma infinitamente grande, e io non tendo/ a rim- picciolirlo a mia misura, ma a volerlo grande./ […]». Una sorta di smania dell’altrove, è vero, governa la scrittura: non c’è solo il continuo filtro della letteratura russa, oggetto della devozione culturale di chi scrive ma anche l’uso distanziante della forma classica (l’epigramma) o esotica (l’haiku) e poi ancora l’assidua ricerca di un altrove geografico e mentale. Dietro i filtri, tuttavia, c’è qualcosa che pulsa e arde: è l’io, l’io poetico, che tenta di interpretare i segni indecifrabili della sua storia. Gli eventi divengono spettri, emblemi, lacerti di un discorso «rotto, frammentario», in cui un volto, una vicenda si lasciano cogliere nel loro durare un soffio eppure non finire.