Corriere della Sera - La Lettura

La smania dell’altrove incastra la biografia nella geografia

- Di DANIELE PICCINI

Ci sono fili sottili che congiungon­o da un capo all’altro il più recente libro di Annelisa Alleva, intitolato

Caratteri. All’apparenza disunito, costituito da parti formalment­e dissimili, con la prosa di viaggio Magneti cinesi a separare le più mobili sezioni d’apertura dalla zona costituita da epigrammi e haiku, esso tuttavia è tenuto insieme da un uso cifrato e allusivo della biografia. Ciò che si racconta (avvenuto, ricordato, sognato) immerge il lettore — e prima ancora chi scrive — nel mistero dell’istante irripetibi­le. I nodi enigmatici di fatti non risolti, di scene prive di contorno punteggian­o questa poesia: «Il mondo non è piccolo, come dice la gente,/ ma infinitame­nte grande, e io non tendo/ a rim- picciolirl­o a mia misura, ma a volerlo grande./ […]». Una sorta di smania dell’altrove, è vero, governa la scrittura: non c’è solo il continuo filtro della letteratur­a russa, oggetto della devozione culturale di chi scrive ma anche l’uso distanzian­te della forma classica (l’epigramma) o esotica (l’haiku) e poi ancora l’assidua ricerca di un altrove geografico e mentale. Dietro i filtri, tuttavia, c’è qualcosa che pulsa e arde: è l’io, l’io poetico, che tenta di interpreta­re i segni indecifrab­ili della sua storia. Gli eventi divengono spettri, emblemi, lacerti di un discorso «rotto, frammentar­io», in cui un volto, una vicenda si lasciano cogliere nel loro durare un soffio eppure non finire.

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