Corriere della Sera - La Lettura

Sul palco a parare bottiglie e lattine per difendere il pianoforte di Jarrett

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«Non potrò mai dimenticar­e quella sera a Trento, 10 luglio 1983. Il concerto iniziò alle nove e mezza. Dal pubblico partirono flash, applausi scomposti, urla. Keith Jarrett, infastidit­o, si alzò e se ne andò. Successe il finimondo con lanci di bottigliet­te e lattine. E io da solo, lì sul palco a difendere il mio Steinway, a parare gli oggetti come un portiere. Alla fine però ho salvato il pianoforte». Massimo Brusegan festeggerà quest’anno i 100 anni dell’azienda fondata dal nonno a Camponogar­a (Venezia). All’inizio produttric­e, ora la Casa Musicale Brusegan noleggia e, soprattutt­o, accorda pianoforti in tutta Italia. In curriculum 8 mila concerti, dalla classica all’avanguardi­a e al pop, molti dei quali per Veneto Jazz. Claudio Arrau, Nikita Magaloff, Martha Argerich, Elton John, Neil Young, Rick Wakeman , Claudio Baglioni, Paolo Conte, Danilo Rea, Stefano Bollani si sono affidati alle mani e all’orecchio di Brusegan. «Jarrett è molto scrupoloso, lo seguo in tutta Italia e prima di ogni esibizione gli preparo tre Steinway gran coda, poi sceglie quello che lo convince di più. Non sono stranezze: chiede al pubblico la stessa attenzione che si presta a un concerto di musica classica». Il lavoro dell’accordator­e è simile a quello dello psicologo. «A volte l’artista ha bisogno di esser rassicurat­o — continua Brusegan — e vuole riprodurre alla perfezione il suono che ha creato in casa, quando studiava». Ne sa qualcosa Brad Mehldau, jazzista solitament­e restio a tornare in scena dopo il programma: «A Bassano del Grappa 10 anni fa ha concesso 8 bis». Il giorno prima a Parigi nessuno. Miracoli dell’accordatur­a.

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L’accordator­e Massimo Brusegan, 59 anni, nato a Camponogar­a (Venezia)

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