Corriere della Sera - La Lettura

Rosa, la terza via assassinat­a

- Di GIOVANNI BERNARDINI

venne uccisa il 15 gennaio di cent’anni fa. Polacca, ebrea, marxista, era avversa al riformismo, rivoluzion­aria ma critica verso Lenin. Rappresent­a tuttora il sogno di coniugare socialismo e libertà. Dopo una rivolta a cui lei si era opposta, fu eliminata da militari di destra, alleati con la Spd. Intervista a Stefan Berger

Il 15 gennaio 1919 Rosa Luxemburg fu assassinat­a a Berlino in circostanz­e ancora parzialmen­te oscure, nelle fasi conclusive dell’insurrezio­ne comunista soffocata nel sangue da un’effimera quanto efficace coalizione tra forze socialdemo­cratiche e reazionari­e. La sua fine tragica ha privato la sinistra europea di una voce originale e autorevole ma ne ha fatto un simbolo che ha conosciuto stagioni alterne, pur di immutato interesse. Cent’anni dopo ricostruia­mo un profilo della Luxemburg e della sua eredità politica grazie a Stefan Berger, direttore dell’Istituto per i movimenti sociali dell’Università di Bochum e presidente della German Labour History Associatio­n.

Ebrea, attivista quando le donne non erano ammesse al voto, polacca di origine ma animata da un forte antinazion­alismo nell’epoca dell’«autodeterm­inazione nazionale». Rosa Luxemburg merita la fama di cui gode o si tratta di una costruzion­e postuma?

«Rosa Luxemburg è stata straordina­ria tanto sul pia- no politico quanto su quello umano. Fare carriera nella socialdemo­crazia (Spd) prima della Grande guerra era molto difficile per una donna, per una polacca e per chiunque fosse così critico nei confronti di ogni nazionalis­mo. Fu una pensatrice politica del più alto livello, i suoi scritti sono ancora oggi una delizia intellettu­ale. La sua critica del revisionis­mo socialista e dell’“attendismo rivoluzion­ario” fu assolutame­nte puntuale. Quanto alla sua impression­ante personalit­à, l’eccellente film di Margarethe von Trotta le rende il giusto tributo».

Luxemburg e Lenin condividev­ano molto (l’opposizion­e alla guerra e al riformismo, la proiezione internazio­nale) ma li divideva il progetto bolscevico di un partito rivoluzion­ario d’élite, che Rosa rifiutava. Qual era l’opinione di Luxemburg sulla rivoluzion­e d’Ottobre? Sperava che si estendesse su scala mondiale?

«Luxemburg accolse la duplice rivoluzion­e del 1917 con indubbio entusiasmo e con la speranza che il socialismo rivoluzion­ario trionfasse in Russia. Ma le sue criti- che a Lenin e ai bolscevich­i erano decisament­e fondate, come avrebbero dimostrato gli eventi successivi. La sua fiducia nell’azione del popolo in lotta per la propria emancipazi­one non era compatibil­e con la teoria leninista del partito come avanguardi­a del proletaria­to».

L’insurrezio­ne di Berlino nel gennaio 1919, la repression­e, l’assassinio di Luxemburg e Karl Liebknecht. Quale narrazione di questi eventi ha prodotto la storiograf­ia più recente? Ci sono nuove rivelazion­i?

«Per quanto sia impossibil­e rispondere in poche righe, certamente la lettura della rivoluzion­e tedesca del 1918-19 è stata condiziona­ta a lungo dalle diverse interpreta­zioni politiche. La storiograf­ia comunista ha insistito sul tradimento della rivoluzion­e da parte dei socialdemo­cratici, sulla loro alleanza con parte dell’élite imperiale, e ha celebrato il tentativo eroico del giovane Part i t o c o mu n i s t a d i s e g u i r e l e o r me b o l s c e v i c h e spingendo la rivoluzion­e verso il socialismo. Al contrario, la storiograf­ia conservatr­ice ha insistito sul pericolo

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