Corriere della Sera - La Lettura
Licheni e altre vite minime Passioni e dolori di Sbarbaro
La prima traccia di Camillo Sbarbaro che si incontra arrivando nella stazione ferroviaria di Santa Margherita è la targa con i versi del 1921 tratti da Rimanenze: «Il rapido passò, dentro un barbaglio/ d’ottoni, un rombo. Fervono le guide/ come dietro la nave/ l’acqua bolle./ Ne trasalì/ destato il borgo che pigliava il poco/ sole...». La memoria del poeta del Novecento è presente nei luoghi della Liguria in modo leggero, quasi nascosto, adatto a quello che Pasolini aveva definito «un maestro in ombra». Un’ombra su cui il Comune di Santa Margherita, Liguria di Levante, dove Sbarbaro è nato nel 1888, ha deciso di gettare una nuova luce. Villa San Giacomo, dimora ottocentesca che fa parte del complesso di Villa Durazzo da cui si domina il borgo, è diventata sede del museo Camillo Sbarbaro inaugurato ieri, 12 gennaio. Il sindaco Paolo Donadoni, avvocato appassionato di poesia («sì, ho scritto qualcosa ma per carità, qui, davanti alle opere di Sbarbaro lasciamo perdere...»), ha letto per la prima volta due anni fa la lettera pubblicata nel 1920 con cui il poeta si rivolgeva all’allora sindaco ricordando i propri natali. «Signor Sindaco di Santa Margherita. Alla città che reggete — scriveva Sbarbaro — difettava fin qui fama di illustri natali. Il 12 gennaio 1888 il sottoscritto vi nasceva, il quale da tenera età si mostrava affetto da mania di mettere nero su bianco ciò che crebbe con gli anni: e questo è presso gli uomini in qualche onore».
Il poeta sollecita alla cittadina un tributo scevro di retorica e, possibilmente, di brutti monumenti: «Se anch’io dunque sarò monumentato — e a ciò non vedo alcun scampo — perché in spiccioli converse la nobile materia e l’eletta fattura, ambe al morto fastidiose, di tutto non farete dono al vivo, bellissimo accorgimento?». Il «dono» viene consegnato