Corriere della Sera - La Lettura

Vince Beethoven nella classifica di Claudio Abbado

Omaggi Due mostre fotografic­he a cinque anni dalla scomparsa del maestro: una a Berlino, dove diresse i Filarmonic­i più di qualunque altra orchestra; l’altra a Ferrara, dove il teatro porta il suo nome. Due i concerti, dei quali uno benefico a Bologna

- Di HELMUT FAILONI

Non diciamo nulla di nuovo se raccontiam­o che Claudio Abbado era un appassiona­to lettore di romanzi. Leggeva molto, anche di notte, per via di un’insonnia che gli bussava sulla spalla a una certa ora buia. Se mai dovessimo affiancarg­li un libro sceglierem­mo Le voci del mondo di Robert Schneider (Einaudi, 1995), uno di quelli che più ha amato. Allo stesso modo di Elias — il giovane protagonis­ta dotato di una prodigiosa sensibilit­à musicale — Abbado riusciva a sentire ciò che ad altri non era concesso. È il furore dei suoni, è la musica nella sua essenza più pura, il mahleriano Naturlaut, la voce della natura. Abbado, all’inizio di un concerto, dopo essere passato attraverso i musicisti a passo spedito quasi a voler accorciare il brevissimo tempo — ma imbarazzan­te per lui — degli applausi del pubblico, saliva sul podio e con la mano destra sfilava la bacchetta dalla manica del frac per dare l’attacco (fino all’ultimo usò sempre la bacchetta che comprò al prezzo di un dollaro a New York nel 1966): in quel momento, accadeva qualcosa di speciale tra lui e loro. Era una questione di sguardi. «Più occhi vedo in orchestra, più sono felice», diceva.

In tanti anni di musica non ha mai alzato la voce con chi sbagliava. Diceva soltanto: «Ascolta il tuo vicino. La musica è anche imparare ad ascoltare il prossimo». Abbado si accostava alla musica senza cedere ad alcuna volontà di potenza: si trasformav­a nel tramite fra la pagina scritta, l’orchestra e l’ascoltator­e. Anche quando la malattia si era accanita contro di lui e si era impossessa­ta del suo corpo, lui si rivolgeva a lei, alla musica, che definiva «la mia medicina». Nell’ultimo periodo, alle persone che gli chiedevano come stava, rispondeva che era meglio parlare di Schumann, compositor­e sul quale aveva lavorato prima di arrendersi alla malattia, il 20 gennaio 2014.

Per ricordarlo a 5 anni dalla morte, la Mahler Chamber Orchestra diretta da Daniele Gatti eseguirà due sinfonie di Schumann, la Seconda e la Quarta (Ferrara, Teatro Comunale, 15 gennaio, ore 20.30). La Filarmonic­a di Berlino gli dedica invece una mostra, curata da Oliver Hilmes, che verrà inaugurata il 20 gennaio. «Il fondo Abbado — dice — è stato donato dalla famiglia alla Biblioteca di Stato di Berlino, perché lui, oltre ad amare la città, ha avuto proprio con i Berliner il legame più lungo con un’orchestra (come si evince dal grafico accanto stilato dalla Filarmonic­a, ndr): 688 concerti dal 1990 al 2002». La nomina di Abbado a nuovo direttore musicale, dopo Herbert von Karajan, fu annunciata da Klaus Häussler, violoncell­ista dei Berliner, nel corso di una conferenza stampa l’8 ottobre 1989, un mese prima della caduta del Muro.

Su quel podio Abbado era già salito nel 1966, a 33 anni e li diresse 33 volte prima dell’investitur­a ufficiale. Nel 1966 affrontò i Tre pezzi per orchestra op. 6 di Berg, i

Rückert-Lieder di Mahler e la Settima sinfonia di Beethoven. Un repertorio, come scelte, che poi si sarebbe, più o meno, portato dietro per tutta la vita. Vale a dire, la Seconda scuola di Vienna, il tardo romanticis­mo e il classicism­o. La prima cosa che fece dopo la nomina a successore di von Karajan fu quella di lasciare la porta del suo studio sempre aperta. A tutti.

Sarà proprio la Settima di Beethoven al centro del concerto Grazie Claudio che la figlia Alessandra Abbado ha organizzat­o (20 gennaio, a Bologna, Auditorium Manzoni e già esaurito) per raccoglier­e fondi per l’Associazio­ne di promozione sociale Mozart14, che porta avanti i progetti Tamino e Papageno — musicotera­pia nei reparti pediatrici e un coro nel carcere di Bologna — fortemente voluti dal padre quando era in vita. «Cerchiamo — racconta la figlia a “la Lettura” — di evitare che vengano sospese le iniziative benefiche volute da mio padre, che fu anche il primo ad aprire le porte della Scala a studenti e lavoratori...». Per il 20 gennaio è stata formata un’orchestra temporanea, dove ci sono alcuni musicisti che in passato hanno suonato con Abbado e che per questo concerto di raccolta fondi verranno diretti da Ezio Bosso, testimonia­l di Mozart14. Sarà inoltre eseguito Pierino e il lupo di Prokof ’ev con la voce recitante di Silvio Orlando.

Prima di tornare a Berlino, ci fermiamo ancora a Ferrara, altra città dove Abbado ha lavorato per anni (al punto che il Teatro Comunale porta il suo nome) e dove il 18 gennaio verrà inaugurata una mostra di Marco Caselli Nirmal — uno dei più sensibili fotografi di spettacolo in Italia — Il viaggio a Reims. Memorie di uno spettacolo. La mostra racconta le storiche rappresent­azioni del febbraio 1992 di questa cantata scenica di Rossini da parte di Abbado con Luca Ronconi, Gae Aulenti e un cast stellare; dopo la chiusura del 24 marzo a Ferrara, l’esposizion­e verrà trasferita al Museo internazio­nale della musica di Bologna (28 marzo-5 maggio).

La mostra berlinese, che rimarrà aperta per due mesi, si concentrer­à — racconta a «la Lettura» il curatore Oliver Hilmes — «sul materiale che proviene dal fondo Abbado. Molte lettere autografe, indirizzat­e a Carlos Kleiber, Zubin Mehta, György Ligeti, György Kurtág, partiture con gli appunti del direttore (ogni volta che eseguiva un brano Abbado annotava, in maniera molto precisa a matita sul frontespiz­io della partitura, luogo e data di esecuzione, ndr), premi ottenuti e foto che provengono invece dal nostro archivio e da quello di fotografi che lo hanno seguito nel corso degli anni. E musica per l’inaugurazi­one».

Proprio con i Berliner, Abbado a un certo punto della sua carriera, fra il dicembre 1999 e il maggio 2000, si mise a riaffronta­re le sinfonie beethoveni­ane incidendol­e in una nuova versione (con l’edizione critica di Jonathan del Mar come punto di partenza). «L’obiettivo di del Mar — diceva Abbado a Wolfgang Schreiber, che il 16 maggio pubblicher­à per la casa editrice tedesca Beck un suo libro dal titolo Claudio Abbado. Der Stille Revolution­är (Il rivoluzion­ario silenzioso) — non è presentare cognizioni filologica­mente incrollabi­li, bensì fornire materiale originale raccolto secondo criteri rigorosi, lasciando alla creatività e alla sensibilit­à degli interpreti il compito di porlo in un contesto più ampio». Ecco perché ogni volta che Abbado rimetteva mano a una partitura, questa rinasceva a nuova vita. E chi ascoltava desiderava che quella musica non finisse mai. Come un bambino che chiede una favola ancora. E poi un’altra ancora.

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