Corriere della Sera - La Lettura
La Cina ha perso l’armonia tra uomo e natura
Tradizionalmente non esisteva distinzione tra materia e spirito, poi è arrivata l’influenza occidentale
«Bello» e «bellezza» in cinese si dicono mei e meixue, «dottrina del bello» si può tradurre con «estetica». Secondo lo Shuowen jiezi, il più antico dizionario etimologico cinese, risalente al 100 dopo Cristo, «bellezza è sinonimo di bontà», fonte di ogni virtù. La bellezza che ha radici nell’etica trova la sua manifestazione più elevata nella figura esemplare del saggio e nel rapporto empatico che egli riesce a tessere con la natura e l’universo. La continua ricerca di armonia tra l’uomo e l’ambiente ha la sua sintesi nell’intima unità tra Cielo, Terra e Uomo, da sempre auspicata dai filosofi e celebrata da poeti e pittori. È dall’equilibrio tra uomo e natura che prendono vita la sensibilità estetica e la creazio- ne artistica. Nella tradizione cinese non c’è distinzione netta tra materia e spirito, tra fenomenico e noumenico, tra bene e male, tra bello e brutto, prevale piuttosto la concezione di un ordine cosmico che regola un mondo nel quale la via dell’uomo interagisce con la via della natura e del divino. Il bello esiste in relazione al brutto e può assumere la posizione del brutto al cospetto di qualcosa che appare ancora più bella. Emozione e razionalità, intuizione e immaginazione, individualità e coscienza sociale trovano un’armoniosa manifestazione nelle arti, nella musica, nella danza.
L’estetica cinese sottomette il realismo alla bellezza, predilige la moderazione, celebra vita e natura. Ama rappresentare un’umanità che aspira a farsi piccola, fin quasi a scomparire nel paesaggio, cercando con umiltà la sua giusta collocazione nell’ordine delle cose. Sta all’artista il com- pito di cogliere l’«attimo poetico» della bellezza e dare forma ai moti profondi del suo animo, alle emozioni suscitate dall’incanto di ciò che lo circonda. Le opere d’arte sono le rappresentazioni di una natura umanizzata, il risultato più elevato dell’incessante dissolversi e ricomporsi, in combinazioni sempre diverse e originali, di sensibilità e razionalità.
Nella storia cinese è la tradizione confuciana ad avere dominato filosofia, estetica, letteratura, musica, etica, arte di governo, grazie anche all’apporto di contributi del taoismo e del buddhismo chan, importanti nel rinnovare i processi creativi, arricchendo linguaggi e forme logiche di pensiero divenuti nel tempo convenzionali e consentendo alla razionalità di dissolversi nelle emozioni e nell’immaginazione, nell’intuizione e in nuove forme di spiritualità. Nel rappresentare i paesaggi montani, luoghi ideali per la meditazione, la ricerca dell’armonia e della verità trovava espressione nel dissolversi degli elementi naturali del dipinto, quali l’atmosfera e l’acqua dei laghi rese con vasti spazi vuoti, simbolo di quiete e solitudine. I pittori hanno ridimensionato la presenza umana nel mondo e hanno testimoniato l’attitudine contemplativa del saggio, ritraendolo in meditazione in un ambiente idealizzato, minuscolo essere vivente accolto nello sconfinato scenario di bellezza che lo circonda.
L’influenza dei modelli occidentali ha in parte modificato i canoni tradizionali, il realismo socialista ha imposto un’arte popolare di propaganda. Oggi il registro intimista d’ispirazione filosofica è stato in parte recuperato, all’interno però di logiche che pongono in primo piano una globalizzata commistione di gusti e mode.