Corriere della Sera - La Lettura
Il birismo è un destino e il bichismo anche
Mancano talvolta le parole per orientarsi, per nominare emozioni e situazioni in cui ci troviamo, non perché non le conosciamo, ma perché per raccontarle ci toccano lunghi giri di frase e vocaboli. Per risolvere con sintesi, potremmo tutti inventarne di nuove, come con piglio brillante e documentato invita a fare Stefano Massini nel suo Dizionario inesistente condividendo le sue, annunciandole in apertura di ogni capitolo e spiegandole in coda alla narrazione degli episodi e delle vite delle persone da cui nascono.
Incontriamo così, ad esempio, birismo e bichismo, nate dal rapporto tra l’ungherese László József Biró, che non riuscì mai a far fruttare bene il brevetto della penna a sfera, e il marchese francese Marcel Bich che lo rilevò diffondendolo nel mondo a suo nome: il primo termine indica chi è a un passo dalla vita meritata ma non la coglie, il secondo quando la praticità di una persona vince sul genio di un’altra appropriandosi del suo frutto. È solo un esempio di come Massini, scovando episodi noti e meno noti di persone celebri e non, conia neologismi esplorando il passato: non solo ripercorrendo biografie ma anche illuminando eventi storici tra l’assurdo e il terribile che mostrano fin dove può arrivare l’uomo. Tra questi, incontri l’aggettivo caransèbico, proprio di chi teme il nemico, ma al momento di affrontarlo si ammutina da solo: un termine ispirato alla battaglia di Caransebes (1788) in cui gli austriaci, aspettando il nemico turco, fecero troppa baldoria la sera prima, litigarono tra loro e lasciarono a terra 9.840 cadaveri. Il più grande incidente di fuoco amico, sulla cui veridicità ci sono ancora dubbi ma altamente simbolico come quello da cui nasce il verbo nazinarsi che definisce