Corriere della Sera - La Lettura
Spavento! Satana è un detective
L’horror «I due esorcisti» di Ray Russell, del 1962, è un precursore del genere
Nel 1962, nove anni prima de L’esorcista di William Peter Blatty, uscì il romanzo I due esorcisti di Ray Russell (1924-1999), giustamente considerato anticipatore del filone e ora riproposto da Tea nella traduzione di Claudio Carcano. La storia è quella di una ragazza, Susan, che ha tutti i sintomi di una possessione demoniaca, con un misurato ma efficace corollario horror di getti di feccia oltremondana e occhi che vedono anche sotto le palpebre abbassate. Rimasta da poco orfana di madre, è affidata da un padre non troppo convinto ai preti capaci di aiutarla.
Sembrerebbe una trama semplice e in qualche modo archetipica ma l’originalità di Russell sta nel modo in cui lo scrittore americano, poi diventato uno specialista dell’horror, complica e contorce il tema demoniaco in questo romanzo che fu il suo esordio narrativo. Efficace macchina di suspense, la trama non lavora soltanto sulla «paura» davanti all’orrore satanico, ma resta in equilibrio su quel limite oltre il quale davvero la conoscenza umana si ferma — che si tratti di sogni, di coscienza o di demoni.
Tutto sta nel punto di vista. Il prete Gregory Sargent, giovane esorcista che giunge in parrocchia a sostituire il parroco Halloran, ha un rovello: se da una parte è dotato di un’incrollabile fede in Dio, pure non crede al Diabolus. Ed è diviso ( diabállein, «dividere» in greco antico, è alla radice di diábolos) tra ammettere la possessione e trovarle una spiegazione razionale, magari nell’inconscio. Ma sa anche, poiché cita Baudelaire, che «la migliore astuzia del diavolo sta nel convincerci che non esiste».
Questo è dunque il terreno su cui si consuma il combattimento tra l’esorcista e il suo diavolo, nell’America in cui «Dio si è trasformato in un barcollante Babbo Natale», padre Gregory è incline all’alcolismo e Susan è una ragazza poco appariscente e con le «treccine fuori moda»: parrocchiani di un angolo di mondo che sembra troppo scialbo perché il demonio si disturbi a occuparsene. Anche per questo, e non solo per rigoroso esame ecclesiastico, gli esorcisti del romanzo vagliano tutte le spiegazioni razionali possibili: l’isteria, la schizofrenia, il turbamento dell’inconscio (Gregory scrive articoli emancipati sull’estasi, amorosa e religiosa) o un abuso subìto.
Ma ciò (o Colui) che l’esorci- sta Gregory e il vescovo Crimmings, con l’ex parroco Halloran, stanno sfidando, pretende la loro attenzione, corregge le loro illazioni, in qualche modo li porta sulla strada giusta. Che sarà una sorpresa, anche per il lettore.
Il Diabolus finisce per diventare quasi un personaggio: è tormentatore, è maligno, ma non è giunto per caso nel corpo di Susan, nella famiglia disintegrata, tra i parrocchiani bolsi e benpensanti, bensì per svelare un segreto. E Gregory capisce, anche se ciò, in senso molto profondo, lo confonde: forse «questo» Lucifero, colui che porta la luce, è l’altro vero esorcista, o detective, del libro.