Corriere della Sera - La Lettura

Che cosa rende cara una persona?

- Di TERESA CIABATTI

Madre e figlio, nonno e nipote, malata e medico. Vera Giaconi pubblica una raccolta di racconti in cui esplora l’intimità: quel senso di riparo e di sicurezza, ma anche di precipizio

«per diventare donna, avrebbe dovuto vivere almeno vent’anni», ovvero l’unico femminile possibile, quello che plasma e inventa lui.

Da qui il pericolo: cosa sarà, o tornerà a essere Dumas senza la nipote?

Lo stesso rispecchia­mento — fasullo relazionar­si, narcisisti­co rimirarsi — che in Beati porta Rosa a trovare la sua missione nella cura della signora Laura (Rosa non si sentiva così da quando il figl i o e r a neonato), per poi s postare l’identifica­zione sul cagnolino al quale i padroni la equiparano: entrambi creature da compagnia. Lei e quell’animaletto così vulnerabil­e, quell’essere indifeso che Rosa, in un estremo gesto di protezione, porta via. Porta via il cane insieme a sé stessa.

Di nuovo individual­ità appena conquistat­a e già messa a rischio. I protagonis­ti di Persone care sono tutti minacciati da un incombente cambiament­o — reale o immaginari­o. Come Adrián ( Stimatore), che osservando la madre addormenta­ta — denti gialli, pelle crepata, respiro pesante, lontano il ricordo della mamma profumata — nota la protuberan­za in mezzo alla gambe. Che sia incontinen­te? E allora si domanda per quanto tempo ancora sarà autonoma. Calcola, immagina, gli anziani di oggi possono arrivare a cento anni, disastro economico per i figli. Spettro che spinge Adrián all’azione.

Facendo sua la lezione di Raymond Carver, la tragedia preparata, evocata, e mai raccontata, l’autrice si ferma un passo prima dell’esplosione.

Questa magnifica raccolta di racconti è pubblicata da Martina Testa e Marco Cassini (ex minimum fax, ora Sur), ai quali si deve la scoperta dei nostri migliori scrittori di racconti (pensiamo a Valeria Parrella, Carola Susani, Paolo Cognetti, Rossella Milone).

Vera Giaconi ricorda proprio Rossella Milone, scrittrice straordina­ria, non solo di racconti (vedi il recente Cattiva, Einaudi). In Giaconi come in Milone non ha importanza l’atto in sé — crimine, liberazion­e — ma il pensiero, lo straniamen­to che ha portato fin lì. Così come in Milone, anche in Giaconi si va componendo un mondo nel quale la domanda urgente diventa: cosa esiste davvero?

L’Ozzy della tv, o l’Ozzy della vita quotidiana da fidanzato? ( Survivor). La television­e più reale del reale. E quando non è la television­e, è l’immaginazi­one, la paura.

Comunque dimensioni alternativ­e che dalla realtà prendono spunto.

Quasi che il mondo sia un’alterazion­e soggettiva dove solitudine e incomprens­ione bastano per abdicare al vero, e dove un solo dettaglio può ricalcare il verosimile.

In questo libro denso, misurato, bellissimo, nel suo ossessivo ricalco di ricalco, catena di rimandi, è evidente che la prossimità temuta sia la morte.

Vera Giaconi mette in scena nient’altro che tentativi di allontanam­ento. Con la speranza che a un certo punto — dall’alto, dal basso, da dentro — arrivi una voce, quella voce a dire: ora puoi morire, «ora puoi morire tranquillo, Dumas».

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