Corriere della Sera - La Lettura
La produttività è la chiave dello sviluppo
Sviluppo e sottosviluppo: rapina di risorse a vantaggio delle economie più sviluppate o percorsi non conformi a modelli di sviluppo accreditati come universali? Marcello Carmagnani, in Le connessioni mondiali e l’Atlantico (Einaudi), rivede schemi consolidati. Il pluralismo giuridico del triangolo Europa-Africa-America Latina avrebbe consentito contestuali adeguamenti locali alle sollecitazioni del commercio oceanico. Il ripopolamento con la tratta degli schiavi compensò il crollo della popolazione amerindia e rifornì di manodopera le colonie inglesi insieme agli emigranti. Dai regni costieri africani poi, incursioni all’interno avrebbero mobilitato flussi commerciali verso i porti-forti e le capitali, dove i monarchi scambiavano prima oro e poi soprattutto schiavi con manufatti europei e merci esotiche brasiliane.
Già poco osservante dei confini politici in epoca feudale, il multilateralismo degli scambi fu sospinto verso la modernità dopo la guerra dei Trent’anni (1618-1648), quando le economie europee erano afflitte insieme da deflazione e moneta instabile, oltre che da forti indebitamenti pubblici. Fattori critici che si sarebbero estesi sino alla guerra dei Sette Anni (17561763), che si concluse con una ridefinizione dei domini coloniali in America. Tramontate sul continente americano l’era della spoliazione e sul mare quella della pirateria, il vero campo di sfida era il commercio. Per accrescerlo si dovettero affrontare due problemi: i prezzi degli schiavi crescevano, mentre si riducevano quelli dei prodotti esotici. Era inoltre deficitaria la bilancia commerciale europea. È in quel ciclo che importanti innovazioni concorsero a modernizzare produzione e circolazione, non senza resistenze nei regni africani contro la militarizzazione e l’estensione della cattura di schiavi suscitata dall’Europa. La produttività americana crebbe attraverso economie di scala e l’integrazione nelle piantagioni di produzioni per l’export e per l’alimentazione delle maestranze. Lo sviluppo della merchant bank affrancò poi i produttori americani dai prezzi fissati dai capitani di nave invece che dalla relazione domanda/offerta. Tale modernizzazione consentì più agili accessi al capitale, smobilitò antiche gerarchie, favorì l’ascesa delle borghesie, la sostituzione di privilegi e servizi con diritti culminata nel 1789. Il trend ascendente si sarebbe prolungato sino al 1914.
L’apertura della forbice fra economie sviluppate e arretrate va dunque ricercata nell’asimmetria fra i prezzi europei e quelli americani e africani. Queste economie, che offrivano prodotti dalla domanda anelastica, furono costrette a comprimere i costi per favorire il consumo europeo, vendendo a prezzi ridotti rispetto alla più elevata produttività europea di beni dalla domanda elastica. Ma se il nodo era la produttività, non richiama essa la politica, il potere patrimoniale dei monarchi africani o quello delle oligarchie latinoamericane?