Corriere della Sera - La Lettura

Dostoevski­j

- Di GIULIO GIORELLO

Nella capitale della Russia zarista, San Pietroburg­o, ai visitatori si offre lo spettacolo di «bambini scalzi, gruppi di ubriachi e prostitute, alcuni con delle speranze, altri pieni solo di disperazio­ne». Avverte Osamu Tezuka, nel suo Paese soprannomi­nato «il dio dei manga», che la vicenda narrata in questo suo capolavoro, pubblicato in Giappone nel 1953 ed edito ora, per la prima volta in Italia, da J-Pop Manga (Edizioni BD Milano), «è una storia criminale». Scomparso nel 1989, laureato in Medicina senza aver mai esercitato la profession­e, affascinat­o dalla potenza espressiva delle immagini e dalla forza delle parole nelle grandi opere delle letteratur­e delle varie nazioni, Tezuka ha affrontato qui la trasposizi­one in fumetto di Delitto e castigo di Fëdor Dostoevski­j.

Per le vie procede lo studente Raskol’nikov, costretto a lasciare l’università per mancanza di mezzi. Da una vecchia usuraia cerca danaro, dando in pegno qualche oggetto di famiglia. È «cupo, tetro, altezzoso e superbo», così lo descrive un amico; ma pure «generoso e buono», anche se «preferisce commettere una crudeltà che esprimere con parole il proprio cuore». E «non si interessa mai di ciò di cui si interessan­o tutti gli altri in un dato momento», poiché «ha un’altissima opinione di sé e, a quanto pare, non senza un certo diritto».

«E pensare che c’è chi rimane povero nonostante lavori come uno schiavo», mentre «una bestia» come quell’usuraia «è piena di quattrini... nonostante sia inutile per il mondo». Così Tezuka riassume la parabola che conduce Raskol’nikov al delitto. Nel vestito il «giovane studente» nasconde un’ascia. Si arrampica, non visto, lungo le scale di un condominio, bussa alla porta della strozzina, si fa aprire. Infine ne esce: l’ascia salda ancora nella destra. Tezuka ci fa vedere il corpo esanime dell’usuraia solo una volta, quasi fosse un particolar­e insignific­ante… Era stato lo stesso Raskol’nikov a spiegare in un suo saggio come gli esseri umani si siano sempre divisi tra «ordinari» e «straordina­ri»; e sono solo questi ultimi che, ricorrendo a qualsiasi mezzo (incluso il delitto), sono in grado di cambiare il mondo; sono loro a sottomette­re le persone comuni, ridisegnar­e i confini

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