Corriere della Sera - La Lettura
I 522 fogli zuppi di Petrolio summa di ogni potere
Si tratta di uno dei romanzi più enigmatici della letteratura italiana. E probabilmente lo sarebbe rimasto anche se fosse stato portato a termine. Era il 10 gennaio 1975 quando Pasolini disse in un’intervista: «Ho iniziato un libro che mi impegnerà per anni, forse per il resto della mia vita... Basti sapere che è una specie di “summa” di tutte le mie esperienze, di tutte le mie memorie».
Secondo il progetto dell’autore, Petrolio avrebbe dovuto raggiungere le duemila pagine: poco prima Pasolini, che dichiarava di averne già scritto 600, aveva fatto una fotocopia del dattiloscritto autografo (con correzioni a mano) consistente in 337 carte: siccome lavorava per lo più nella casa di Chia, temeva di perdere il manoscritto, com’era accaduto a Carlo Levi per via del furto dell’automobile. Fatto sta che alla data della morte (il 2 novembre dello stesso anno) la cartella conteneva solo 522 fogli.
Il petrolio, elemento di energia vitale e potere per lo più occulto, avrebbe dovuto legare il libro nelle sue parti, in cui dovevano confluire lettere, documenti storici, testimonianze orali, articoli, apocrifi, memoriali, brani letterari. Il grandioso progetto di raccontare, con il perverso delirio erotico del protagonista Carlo, le trame italiane del dopoguerra (morte di Mattei compresa), per visioni progressive e allucinazioni apocalittiche miste di violente denunce, rimarrà incompiuto in frammenti diseguali spesso di straordinaria potenza.