Corriere della Sera - La Lettura
Un patto tra le università per un nuovo clima
Nasce il centro 3Csa, un’iniziativa di tre eccellenze dell’istruzione superiore: Normale e Sant’Anna di Pisa e Iuss di Pavia. Lo scopo è indagare i cambiamenti climatici unendo competenze diverse: fisica, diritto, economia... Il motivo: il Mediterraneo è tra le aree più a rischio, crocevia di migrazioni provocate anche dall’innalzamento delle temperature. Tra le proposte: un «Climate Act» sul costo ecologico delle scelte parlamentari e governative di bilancio
Le iniziative intorno all’ambiente e al clima si moltiplicano, segno di un interesse e di una necessità crescenti. Ad esempio, venerdì 15 marzo si svolgerà il primo sciopero globale per il clima, il Climate Strike, cui hanno aderito studenti di 72 Paesi del globo (la cifra cresce di ora in ora): un Friday for Future («Venerdì per il futuro») che raccoglie l’esempio della sedicenne svedese Greta Thunberg, che manifesta ogni venerdì davanti al palazzo del Parlamento a Stoccolma, chiedendo maggiore impegno sul climate change, cambiamento climatico. Altri eventi: il 21 marzo, inizia da Roma il tour nelle sale del «docu-thriller» Chaco, di Daniele Incalcaterra e Fausta Quattrini sulla deforestazione in America Latina. A Milano è aperta fino al 26 maggio al Museo di Storia naturale la mostra Capire il cambiamento climatico, con la curatela scientifica di Luca Mercalli. E apre la pagina di cultura del «New York Times» il saggio distopico ma non troppo The Uninhabitable Earth di David Wallace-Wells sulla Terra resa «inabitabile» da un possibile riscaldamento di soli 2 gradi Celsius (Tim Duggan Books, pp. 320, $ 27).
Novità sul fronte del clima arrivano però anche dalla ricerca e dall’accademia: nasce un centro interuniversitario dedicato al clima, un’iniziativa delle tre Scuole Universitarie Federate, la Scuola Normale di Pisa, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e l’Istituto di Studi Superiori Iuss di Pavia. Il centro si chiama Centre of Climate Change Studies and Sustainable Actions (3Csa) ed è coordinato dal fisico e matematico Roberto Buizza, professore di Fisica alla Scuola Sant’Anna, tornato in Italia dopo 27 anni in Inghilterra, dove ha diretto l’European Centre for MediumRange Weather Forecasts (Ecmwf).
Il centro italiano intende costruire un programma d’eccellenza a partire dalle complementarietà delle tre Scuole — con le diverse competenze in economia, agraria, fisica, matematica, diritto, filosofia, management, salute, chimica... — per sviluppare nuovi approcci di ricerca in materia di cambiamenti climatici e percorsi formativi interdisciplinari. Ma potrà anche identificare azioni sostenibili, collaborare con istituzioni e aziende, e magari mettere a punto un Climate Act sull’esempio inglese.
Che sia urgente occuparsi del clima appare indiscutibile, spiega Roberto Buizza, perché tra le molte aree del pianeta che soffriranno di più per i cambiamenti climatici c’è proprio il Mediterraneo. E quindi l’Italia.
«Il Mediterraneo — spiega Buizza — è un’area in cui saremo particolarmente toccati dal climate change; per questo dobbiamo fare più ricerca e prepararci. Con un clima più caldo, gli eventi estremi possono essere sia più frequenti, sia più intensi. Qualche anno fa si è iniziato a usare il termine medicane (che sta per mediterranean hurricane) per identificare perturbazioni molto intense che si osservano nel Mediterraneo, molto simili (in struttura e intensità del vento) agli hurricane, gli uragani. In un clima più caldo, e con un mare più caldo che trasferisce più energia all’atmosfera, le circolazioni cicloniche, le perturbazioni, possono intensificarsi ancora di più ed essere caratterizzate da venti più intensi. Inoltre, in un clima più caldo c’è più vapore d’acqua in atmosfera, e quindi le precipitazioni possono essere più intense. Non so se qualcuno ha già studiato e pubblicato risultati che riportano un aumento nella frequenza dei medicane. Quello che la teoria ci dice, però, è che in futuro la probabilità di assistere a eventi estremi frequenti, compresi i medicane, è più alta che nelle condizioni climatiche di oggi».
Poi ci sono gli eventi non climatici che discenderanno direttamente dagli effetti del riscaldamento globale. Per questa ragione saranno importanti gli studi interdisciplinari del centro 3Csa che spaziano dalla fisica all’economia, spiega Buizza: «L’Italia è anche il Paese di frontiera per tutte le migrazioni dal Nord Africa. Se non affrontiamo i cambiamenti climatici e il riscaldamento che causa la siccità in Nord Africa, e se noi non aiutiamo l’Africa a svilupparsi, invece di centinaia di migliaia di migranti, si parlerà di milioni di persone che cercheranno di venire in Europa, per trovare acqua e cibo».
I ricercatori del 3Csa lavoreranno intorno a questi e altri scenari: le proposte di attività e di pianificazione degli studi futuri saranno presentate durante il workshop che si svolgerà allo Iuss di Pavia mercoledì 20 e giovedì 21 marzo, al Palazzo del Broletto (piazza Vittoria 15, dalle ore 13): mercoledì 20 in particolare verranno presentate le diverse «focus area» all’interno delle quali lavoreranno insieme scienziati delle tre accademie: nove aree dedicate a temi diversi, come Cambiamenti climatici e salute, oppure Cambiamenti climatici, guerra e migrazioni. Ma c’è anche un’area che si occuperà di Italian Climate Change Act, e farà lavora-
Il 20 e 21 marzo a Pavia un workshop presenterà i primi progetti del centro:
nove aree di studio in cui lavorano i ricercatori delle tre Scuole. I temi: salute, guerre, spostamenti di popolazioni...
re insieme competenze giuridiche ed economiche.
«È qualcosa di nuovo — illustra Buizza — un’idea che vogliamo lanciare al convegno. Nel Regno Unito, circa dieci anni fa, è stato stabilito un Climate Change Committee (Ccc) e una legge, The Clima
te Change Act: questa legge stabilisce dei target, degli obiettivi di riduzione delle emissioni e di conversione della produzione energetica verso fonti rinnovabili, e valuta l’introduzione di una tassa sulle emissioni di anidride carbonica. Ogni volta che il governo inglese definisce il suo budget annuale, il comitato esprime un suo parere tenendo conto del Climate
Change Act. In sostanza, Ccc guida il governo inglese a definire politiche di sviluppo che tengano conto del problema dei cambiamenti climatici».
Con il Climate Change Act il Parlamento inglese tiene quindi conto anche del costo ecologico, oltre che economico, delle scelte del Paese. L’idea è di studiare qualcosa di simile anche in Italia, continua il fisico, e il progetto sarà presentato nella giornata del 20 marzo: «Una delle aree su cui 3Csa ha iniziato a lavorare è l’idea di definire appunto un quadro analogo per l’Italia. Stiamo cercando di capire quali altri Paesi hanno legislazioni simili a quella inglese, e vogliamo proporre al governo italiano di supportare la stesura e l’adozione di un Italian Climate
Change Act. Definire questi obiettivi futuri mi sembra un passo fondamentale per guidare la decarbonizzazione delle attività umane. Darebbe chiarezza agli investitori economici, alle compagnie private, chiarirebbe quali passi l’Italia intende compiere per ridurre le emissioni. Ne parleremo al workshop di Pavia, ma già ora ci sembra un passo necessario. Non potrebbe che aiutare l’Italia a evolvere nella direzione giusta: potremmo essere uno dei primi Paesi, con il Regno Unito, a intraprendere passi sempre più concreti verso una riduzione necessaria delle emissioni dei gas serra».
Dopo gli anni trascorsi in Inghilterra, Buizza è convinto che una chiave importante per la scienza sia la collaborazione. «Gli scienziati collaborano molto — spiega — su questi temi. Ho potuto vedere che i colleghi inglesi sono molto preoccupati per la Brexit. In molte università stanno cercando di creare joint venture in modo da poter continuare a lavorare assieme ai colleghi europei, per non isolare la propria ricerca scientifica. L’European Centre a Reading in Inghilterra è un incredibile esempio in questo senso, nato nel 1975, quando l’Europa stava nascendo, leader mondiale nelle previsioni meteo, esempio unico di collaborazione tra le menti migliori d’Europa, con risultati che i singoli Paesi non avrebbero mai raggiunto».
Questo — la collaborazione con altri interlocutori — è un aspetto cui 3Csa dedicherà attenzione: «Il centro vuole lavorare — spiega il coordinatore — con altri attori già presenti in Italia che si occupano dei temi legati ai cambiamenti climatici: l’International Centre for Theoretical Physics (Ictp) di Trieste, il Centro mediterraneo cambiamenti climatici (Cmcc) di Bologna, l’Istituto Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Cnr di Bologna, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale di Roma e l’European Union Joint Research Centre di Ispra». E conclude: «Ho toccato con mano il livello di ricerca che viene fatto in Inghilterra, Germania, Francia, Olanda, Svezia. In Italia ci sono ottimi centri, ma a livello internazionale il Paese ha ancora poco peso nei dibattiti scientifici, tra gli enti internazionali che si occupano di clima. Sarebbe miope non esserci».