Corriere della Sera - La Lettura
Siamo in crisi per il cibo E manca l’amore
La più tradizionale e longeva delle forme letterarie occidentali — il racconto — è da alcuni anni la più trascurata. Opportuna e coraggiosa, dunque, questa antologia (nottetempo) mira a colmare una lacuna e a riconnettere due culture che, da Marco Polo a noi, hanno avuto poche occasioni di incontro. La scelta del tema agglutinante — cibo ed eros — costituisce una ulteriore sfida: l’interdizione manzoniana al discorso amoroso (di amore, leggiamo nel Fermo, ce n’è seicento volte più di quanto necessario «alla conservazione della nostra riverita specie») e la parsimonia nella descrizione delle tavole imbandite (non una parola sulla mensa di don Rodrigo) sono qui assunte come premessa e vincolo.
L’amore in effetti, non è quasi mai veramente narrato. Paolo Colagrande lo deforma con la lente dell’ironia; Alessandro Bertante lo attende mettendo in scena una passeggiata lungo corso Buenos Aires a Milano che richiama quella in versi di Aldo Palazzeschi. Gabriele Di Fronzo ne vede i lati patologici e studia la comparsa dei segni della psoriasi in seguito a un abbandono. Mariano Lamberti opta per la sublimazione e il feticcio (Penelope Cruz e una imperfetta dentatura).
Il cibo è più fattore di crisi: vegetariani, bulimici, obesi contaminati da cadmio e berillio, analisti del proprio stomaco introducono a una atmosfera quasi sempre tetra e avvilente. Non a caso nel racconto finale Laura Pugno reinventa il canovaccio del reality show e riduce i corpi alla perfezione di un uovo. Ma se per caso uno squarcio positivo si schiude — sintetizza Colagrande — «è solo una tregua perché la guerra è sempre aperta e non finirà mai».