Corriere della Sera - La Lettura
Tutto procede troppo bene Allora, che cosa c’è che non va?
La commedia di Fabio Bacà
In un catalogo inconfondibile come quello dell’editore Adelphi, tra ottimi autori stranieri e riconosciuti italiani, riproposte inattese e conferme di grandi, è inevitabile che l’arrivo di un esordiente nostrano desti un certo interesse e un romanzesco, da giallo british sia chiaro, sospetto. Eppure il marchio milanese, mentre si avvia a partecipare per la prima volta a BookPride, mostra ancora una volta la sua coerenza e indipendenza rispetto al mainstream della narrativa italiana, allacciato a storie di famiglia, precari sempre e comunque, riletture di figure storiche. Lo fa proponendo il romanzo d’esordio di Fabio Bacà, Benevolenza cosmica, che sembra letteralmente arrivato da un altro pianeta per atterrare sicuro di fianco a compagni come Alan Bennet e Roberto Bolaño.
La storia è quella del trentenne Kurt O’ Reilly, irlandese mezzosangue italiano, alto borghese, che lavora all’Ons (Ufficio statistico nazionale) in un indefinito presente, in mezzo a una Londra punteggiata qua e là, quasi fosse la norma, da misteriosi attacchi terroristici che studiatamente non causano vittime, ma rallentano il traffico. Un’ondata di terrore dalle rivendicazioni confuse con «brevi proclami farneticanti sui siti-ombra di ambientalisti selvaggi, anarchici, New Global, jihadisti e neorivoluzionari», iniziata prima di quanto è narrato nel libro, che si è aperta con l’esplosione di parte dell’istituto in cui lavorava il protagonista e che sarà l’agitato sfondo del romanzo.
Oltre a essere a casa la notte dell’attentato — già di per sé buona sorte — è altro, infatti, il problema che affligge Kurt, ovvero la netta sensazione che tutto gli sta andando troppo bene da almeno tre mesi, con segni sempre più chiari e paradossalmente disturbanti rispetto al normale alternarsi di alti e bassi degli altri. Kurt soffre, parafrasando un titolo caro ai lettori, l’insostenibile leggerezza della fortuna e lo seguiamo nella giornata decisiva per venire a capo di quella che per lui, ammesso che lo sia, è una malattia. Non sarà ovviamente un giorno qualsiasi, ma scandito da incontri e avvenimenti fuori norma — tra cui la morte di una persona e una ferita da proiettile guarita in un minuto — che tengono bene nel tono generale del libro.
Bacà, che dopo qualche anno di giornalismo insegna ginnastica, ha una scrittura che viaggia a ritmo intenso e divertito tra dialoghi brillanti, svolte drammatiche rapide, personaggi cui ci si affeziona per dinamicità e caratterizzazione. Andando in cerca di sé, il protagonista scardina le proprie abitudini di lavoratore ossesso, il cui epitaffio dovrebbe recitare «morto per overdose di reperibilità», e la sua crisi, scandita da incontri con esotici esperti della mente, come l’analista minimalista Richard Leone, manda in panne le sue relazioni: la segretaria Wendy Smith (che lo cerca sempre più in panico perché introvabile) e la moglie. Quest’ultima, la scrittrice emergente Elizabeth Brooks, 29 anni, avrà un ruolo fondamentale nella vicenda, ma non entra in scena nel modo più rassicurante: i due sono «sposati da quattro anni e in crisi praticamente dalla seconda settimana di relazione» e lei crea partendo dalle vite di altri professionisti spacciandosi per loro collega.
Tanta buona sorte per Kurt va contro ogni regola statistica, sapendo che come tutti ha «1 probabilità su 7 di morire di tumore o malattie cardiovascolari» come «1 probabilità su 164.968 di morire colpito da un fulmine», e le domande sulla probabilità matematica dei buoni eventi che gli capitano scandiscono diverse scene. Forse, e l’insorgere dei dubbi per uscire dal regime del razionale è ben disegnato, bisogna mollare i numeri e andare a cercare da altre parti, in un equilibrio più ampio che tocchi lo spirito: il karma. Se tutta la luce tocca Kurt, qualcuno forse sta vivendo il buio che spetterebbe a lui, nonostante abbia già perso tragicamente un fratello e i conti non tornino. La ricerca ossessiva di chi possa essere, quasi vittima di un crudele scherzo metafisico, darà un ritmo ulteriormente serrato agli ultimi dei 12 capitoli del libro fino all’ottimo finale, umano e straordinario nella sua semplicità. Dietro le pagine, oltre a Vonnegut omaggiato nel nome del protagonista, per sua stessa ammissione, si sente l’eco e la rimessa in gioco del Candido di Voltaire, ma con altre intenzioni: il protagonista è un discreto pessimista e vuole avere diritto alla speranza per attraversare al meglio quella «faccenda incomprensibile» che chiamiamo vita.