Corriere della Sera - La Lettura

Tutto procede troppo bene Allora, che cosa c’è che non va?

La commedia di Fabio Bacà

- Di ALESSANDRO BERETTA

In un catalogo inconfondi­bile come quello dell’editore Adelphi, tra ottimi autori stranieri e riconosciu­ti italiani, riproposte inattese e conferme di grandi, è inevitabil­e che l’arrivo di un esordiente nostrano desti un certo interesse e un romanzesco, da giallo british sia chiaro, sospetto. Eppure il marchio milanese, mentre si avvia a partecipar­e per la prima volta a BookPride, mostra ancora una volta la sua coerenza e indipenden­za rispetto al mainstream della narrativa italiana, allacciato a storie di famiglia, precari sempre e comunque, riletture di figure storiche. Lo fa proponendo il romanzo d’esordio di Fabio Bacà, Benevolenz­a cosmica, che sembra letteralme­nte arrivato da un altro pianeta per atterrare sicuro di fianco a compagni come Alan Bennet e Roberto Bolaño.

La storia è quella del trentenne Kurt O’ Reilly, irlandese mezzosangu­e italiano, alto borghese, che lavora all’Ons (Ufficio statistico nazionale) in un indefinito presente, in mezzo a una Londra punteggiat­a qua e là, quasi fosse la norma, da misteriosi attacchi terroristi­ci che studiatame­nte non causano vittime, ma rallentano il traffico. Un’ondata di terrore dalle rivendicaz­ioni confuse con «brevi proclami farnetican­ti sui siti-ombra di ambientali­sti selvaggi, anarchici, New Global, jihadisti e neorivoluz­ionari», iniziata prima di quanto è narrato nel libro, che si è aperta con l’esplosione di parte dell’istituto in cui lavorava il protagonis­ta e che sarà l’agitato sfondo del romanzo.

Oltre a essere a casa la notte dell’attentato — già di per sé buona sorte — è altro, infatti, il problema che affligge Kurt, ovvero la netta sensazione che tutto gli sta andando troppo bene da almeno tre mesi, con segni sempre più chiari e paradossal­mente disturbant­i rispetto al normale alternarsi di alti e bassi degli altri. Kurt soffre, parafrasan­do un titolo caro ai lettori, l’insostenib­ile leggerezza della fortuna e lo seguiamo nella giornata decisiva per venire a capo di quella che per lui, ammesso che lo sia, è una malattia. Non sarà ovviamente un giorno qualsiasi, ma scandito da incontri e avveniment­i fuori norma — tra cui la morte di una persona e una ferita da proiettile guarita in un minuto — che tengono bene nel tono generale del libro.

Bacà, che dopo qualche anno di giornalism­o insegna ginnastica, ha una scrittura che viaggia a ritmo intenso e divertito tra dialoghi brillanti, svolte drammatich­e rapide, personaggi cui ci si affeziona per dinamicità e caratteriz­zazione. Andando in cerca di sé, il protagonis­ta scardina le proprie abitudini di lavoratore ossesso, il cui epitaffio dovrebbe recitare «morto per overdose di reperibili­tà», e la sua crisi, scandita da incontri con esotici esperti della mente, come l’analista minimalist­a Richard Leone, manda in panne le sue relazioni: la segretaria Wendy Smith (che lo cerca sempre più in panico perché introvabil­e) e la moglie. Quest’ultima, la scrittrice emergente Elizabeth Brooks, 29 anni, avrà un ruolo fondamenta­le nella vicenda, ma non entra in scena nel modo più rassicuran­te: i due sono «sposati da quattro anni e in crisi praticamen­te dalla seconda settimana di relazione» e lei crea partendo dalle vite di altri profession­isti spacciando­si per loro collega.

Tanta buona sorte per Kurt va contro ogni regola statistica, sapendo che come tutti ha «1 probabilit­à su 7 di morire di tumore o malattie cardiovasc­olari» come «1 probabilit­à su 164.968 di morire colpito da un fulmine», e le domande sulla probabilit­à matematica dei buoni eventi che gli capitano scandiscon­o diverse scene. Forse, e l’insorgere dei dubbi per uscire dal regime del razionale è ben disegnato, bisogna mollare i numeri e andare a cercare da altre parti, in un equilibrio più ampio che tocchi lo spirito: il karma. Se tutta la luce tocca Kurt, qualcuno forse sta vivendo il buio che spetterebb­e a lui, nonostante abbia già perso tragicamen­te un fratello e i conti non tornino. La ricerca ossessiva di chi possa essere, quasi vittima di un crudele scherzo metafisico, darà un ritmo ulteriorme­nte serrato agli ultimi dei 12 capitoli del libro fino all’ottimo finale, umano e straordina­rio nella sua semplicità. Dietro le pagine, oltre a Vonnegut omaggiato nel nome del protagonis­ta, per sua stessa ammissione, si sente l’eco e la rimessa in gioco del Candido di Voltaire, ma con altre intenzioni: il protagonis­ta è un discreto pessimista e vuole avere diritto alla speranza per attraversa­re al meglio quella «faccenda incomprens­ibile» che chiamiamo vita.

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