Corriere della Sera - La Lettura
«Mi scontro con la vita Poi scrivo »
Parla Tracy K. Smith, Poetessa Laureata degli Usa
Negli Stati Uniti il Poeta Laureato ha il compito di promuovere il valore della poesia. Il ruolo è nato in Italia nel Medioevo (i primi sono stati Albertino Mussato e Francesco Petrarca) ma da noi è stato presto dimenticato. Tracy K. Smith (Massachusetts, 1972) è la XXII Poetessa Laureata degli Stati Uniti, al suo secondo mandato. Ogni mandato dura un anno. Tracy fa parte di un gruppo crescente di Poeti Laureati «attivisti» che attraversano il Paese con progetti aperti al pubblico. «Ho scelto di viaggiare nelle comunità rurali degli Stati Uniti per parlare di poesia contemporanea a gruppi sociali molto diversi tra loro», racconta Smith a «la Lettura». «Credo che la poesia — che richiede attenzione, curiosità, ricezione e accoglienza dei punti di vista degli altri — sia un bel modo per far sì che persone con prospettive differenti possano incontrarsi».
Perché il Poeta Laureato ha un ruolo così importante nei Paesi occidentali di lingua inglese?
«È la poesia stessa ad avere rilievo, ma non sempre ci prendiamo il tempo necessario per ricordarne il motivo. Le nostre vite sono piene di impegni e zeppe di rumori, distrazioni e informazioni non filtrate. Tutto ciò ci porta lontano dal significato della nostra voce interiore. La poesia è un mezzo per tornare in contatto con questi aspetti. È corroborante».
Nel resto del mondo le nazioni che vantano questo ruolo sono relativamente poche.
«Be’, c’è un Poeta Laureato in Inghilterra. Penso che lì il mandato duri 10 anni: una vita! E immagino che ci siano altri Paesi con una posizione simile, ma è anche vero che questa non è la norma. Nei miei viaggi, però, incontro gruppi di poeti che condividono il loro lavoro in modi diversi e che si impegnano per dare vigore al genere di conversazioni e al senso di comunità che la poesia offre. Mi piacerebbe vedere più governi rendere onore al valore della poesia, che ci spinge a guardare da vicino la lingua che usiamo e accogliamo».
Fino a 50 anni fa, in Italia, poeti come Ungaretti, Pasolini e Montale occupavano ruoli di prestigio e avevano un ampio riconoscimento da parte del pubblico. Oggi è difficile trovare poeti in posizioni simili. Ha qualche suggerimento?
«Una posizione ufficiale come il Poeta Laureato potrebbe essere un ottimo modo per dare il via a un maggiore interesse nazionale per la poesia. Penso sia necessario anche celebrare i giovani scrittori, che parlano in modi nuovi ed entusiasti di vita pubblica e privata e che spingono il linguaggio in direzioni nuove e talvolta provocatorie, e proprio per questo sono un bene prezioso».
Si dice che i cantautori siano i poeti di oggi. Che cosa ne pensa?
«Poesia e canto hanno la medesima origine. Inoltre penso che i grandi cantautori siano in fondo dei poeti. In quanto poetessa, so però che il mio lavoro quando è accompagnato dalla musica cambia in modo radicale. Una poesia, che essenzialmente è una partitura per la voce umana senza accompagnamento, è una cosa diversa rispetto a una canzone. Ma sia le poesie che le canzoni possono vivere dentro di noi, ed entrambe parlano con forza a sentimenti che altrimenti potrebbero essere difficili da gestire».
Nel prossimo numero della rivista «Freeman’s» in uscita in questi giorni in Italia, c’è un suo racconto dal titolo «Branco di lupi, famiglia di cani» in cui lei parla della nostra lotta contro la perdita degli istinti primordiali, ma anche della lotta tra una madre e una figlia.
«Sono interessata alle tensioni e alle lotte che attraversano le nostre vite. Molte di queste lotte hanno a che fare con il modo in cui ci rapportiamo agli altri, siano essi amici, familiari, vicini o membri di gruppi demografici lontani. E altre lotte hanno a che fare con le difficoltà che riscontriamo nel cercare di amare noi stessi. Penso che Branco di lupi, famiglia di cani sia il mio modo di esplorare la tensione che una madre prova tra il desiderio di essere libera, persino selvaggia, ed essere un genitore responsabile. E parla di una figlia che sente di essere stata tradita dalla madre perché questa ha scelto di avere altri figli. È un modo per dare un nome e provare dolore di fronte alla perdita di quel primo amore esclusivo tra una madre e il suo primogenito».