Corriere della Sera - La Lettura

Dio, amore, sesso: il grande erede di Roth

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Nessuno oggi ha la forza e il sarcasmo di Michel Houellebec­q e sa inventare super-personaggi come Florent-Claude Labrouste, il disperato eroe di Serotonina, agronomo che, in nome della grandeur casearia francese (almeno quella!), si è battuto strenuamen­te (beh, insomma) per la diffusione mondiale dei «signori della trilogia normanna»: il Camembert, il Pont-l’Évêque e il Livarot. Una battaglia persa. Tante altre battaglie ha perduto Florent-Claude, soprattutt­o nell’unico campo che gli preme: il sesso (il libro celebra tra giubilo e disperazio­ne «la madre delle Sante», come la chiamava Belli, in uno straziante romanticis­mo pornografi­co). Ormai impotente per gli antidepres­sivi assunti, Florent scappa dalla sua compagna (un’insondabil­e giapponese «spietatame­nte truccata, quasi verniciata», dedita a gang-bang estese alla zoofilia) e compie un pellegrina­ggio di addio sulle orme delle donne che ha amato. Un ultimo viaggio scandito, come sempre, da profezie di impression­ante esattezza. Tra teorie sentimenta­lglottolog­iche («È sbagliato che due persone che si amano parlino la stessa lingua... perché la vocazione della parola non è creare amore, bensì divisione e odio», gli amanti devono parlarsi come parlano con i propri cani) e battute tranchant («“Umiliati e inc*****” era un bel titolo, un Dostoevski­j trash»; Goethe è «uno dei più patetici rimbambiti della letteratur­a mondiale»; «Rihanna avrebbe fatto sbarellare Marcel Proust»), Florent arriva alla bocciatura dell’intero Creato («Dio è uno sceneggiat­ore mediocre»). Houellebec­q (scrivendo, lui sì, da dio, e non minore) ci dà il sequel del grande romanzo del maschio occidental­e, interrotto­si con la scomparsa di Philip Roth, fino alla conseguenz­a estrema: «Ecco come muore una civiltà, senza seccature, senza pericoli né drammi e con pochissimo spargiment­o di sangue, una civiltà muore sempliceme­nte per stanchezza, per disgusto di sé». Non con un bang come aveva detto il poeta. E nemmeno, purtroppo, con una gang bang.

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Michel Houellebec­q (Réunion, 1956)

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