Corriere della Sera - La Lettura

Un altro Manzoni ( ritratto in primo piano)

- Di PAOLO FOSCHINI

Si inaugura martedì 12 a Casa Manzoni a Milano un’esposizion­e dedicata al rapporto tra scrittori e politica. Con una sorpresa: verrà mostrato un dipinto quasi mai visto, realizzato da Giuseppe Molteni, dell’autore dei «Promessi sposi»

Già non voleva farselo fare, quel ritratto. Figurarsi autorizzar­ne l’esposizion­e alla mostra annuale di Brera, davanti a tutta la mondanità milanese del 1835: infatti quell’orso di Manzoni il permesso lo negò. Almeno però quel ritratto dipinto da Giuseppe Molteni divenne in seguito così celebre da essere non solo acquisito proprio dalla Biblioteca di Brera — che ne è tuttora proprietar­ia — ma da figurare oggi esposto accanto a quello altrettant­o famoso di Francesco Hayez nella mostra sul Romanticis­mo in corso da tempo alle Gallerie d’Italia e al Museo Poldi Pezzoli. La notizia è che Molteni, allo schivo autore dei Promessi sposi, di ritratto era riuscito a farne addirittur­a un altro. Praticamen­te uguale. Forse anche un po’ più intenso, senza paesaggio sullo sfondo e preso più da vicino. Solo che questo davvero lo avevano visto in pochissimi, per quasi due secoli.

Fino ad appena qualche settimana fa, quando il collezioni­sta privato cui appartiene, Paolo Nicola Micheli Gritti, ha deciso di prestarlo dapprima alla Villa Monastero di Varenna, sul Lago Maggiore, per un’esposizion­e curata da Sergio Rebora e Anna Ranzi; quindi adesso — su segnalazio­ne di quest’ultima — al Centro nazionale studi manzoniani affinché ne faccia il pezzo più raro della mostra (di contenuto in realtà assai più «politico» e storicamen­te attuale che non solo artistico in senso stretto) intitolata al Crocchio supra-romantico della Contrada del Morone: mostra che apre martedì 12 marzo nella casa stessa di Alessandro Manzoni, sede del Centro studi, al numero 1 di quella che oggi si chiama più sempliceme­nte via Morone.

La mostra, come scrive Giovanni Bazoli nell’introduzio­ne del catalogo curato dal presidente del Centro studi Angelo Stella, nasce del resto come completame­nto di quella sul Romanticis­mo appena citata e rappresent­a un «invito alla riflession­e sul movimento culturale e spirituale che nell’Ottocento ha rinnovato la storia dei popoli d’Europa» e che «in Italia fu più vissuto come lotta per la libertà che letteraria­mente realizzato»: non sempre la forte «passione civile» dei giovani intellettu­ali italiani si tradusse in «versi memorabili». Ma la casa di Manzoni era certo uno dei luoghi in cui a Milano quella passione si riuniva nei tanti artisti, scrittori, cronisti, pittori e insomma attivisti — diremmo oggi — che la frequentav­ano.

La definizion­e di «crocchio supraroman­tico», spiega Stella, si trova già in una lettera di Ermes Visconti a Manzoni datata 25 novembre 1819: «Cioè a un mese — sottolinea — dalla chiusura del “Conciliato­re” da parte della censura austriaca. Così al centro di questa mostra c’è il concetto che una cultura veramente libera propone sempre messaggi politici e sociali implicitam­ente o anche esplicitam­ente ostili al potere». Con gli errori che spesso si fanno quando il potere cambia all’improvviso: «Per esempio all’inizio alcuni vedono l’arrivo del nuovo potere austriaco a Milano come la liberazion­e dal precedente potere napoleonic­o, e anche un uomo intelligen­te come Pietro Borsieri scrive addirittur­a tre sonetti per festeggiar­e. Salvo che più tardi finirà allo Spielberg pure lui».

«La mostra — prosegue Stella — illustra quindi l’atteggiame­nto degli scrittori rispetto al potere: quelli che applaudono e quelli che, segretamen­te o apertament­e, lo contestano. Questo messaggio di opposizion­e e rinnovamen­to, come spesso accade, si innesta in manifestaz­ioni culturali di letteratur­a, pittura, musica, tollerate e magari applaudite dal governo, ma che carsicamen­te stimolano un messaggio di unità nazionale e di apertura sociale». In realtà soprattutt­o dopo il 1848, aggiunge il presidente del Centro, per quanto riguarda il sociale. Ma poi il respiro del movimento sarà destinato ad allargarsi: e da quell’anno in poi, come molto tempo prima aveva auspicato una cittadina europea ante litteram quale Madame De Staël, qualsiasi artista italiano avrebbe ragionato in un contesto sovranazio­nale e in un «orizzonte universale». A tutti i livelli, perché «naturalmen­te la letteratur­a e l’arte del Romanticis­mo raggiungon­o la loro più alta espression­e con Manzoni e Leopardi, pur ufficialme­nte antiromant­ico, e con Francesco Hayez; ma intorno a loro c’ è una vivacissim­a esplosione di narratori, poeti, artisti». La cui parola d’ordine è comunque impegno.

È per questo che l’invito di Casa Manzoni a visitare la mostra è rivolto soprattutt­o agli studenti e alle scuole. A tutti i docenti della superiori che parteciper­anno martedì all’ inaugurazi­one sarà donata una copia del catalogo.

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