Corriere della Sera - La Lettura
Trombone da Rieti, flauto da Cagliari Due italiani alla corte dei Wiener
Sono i due unici musicisti italiani che il 1° gennaio hanno suonato nel concerto di Capodanno di Vienna, ospitato nella grande sala dorata del Musikverein. Ma sono ovviamente in organico per l’intera stagione. Silvia Careddu, cagliaritana, 42 anni, numerose esperienze in orchestre europee, flautista, è anche la prima donna italiana che suonerà con i prestigiosi Wiener Philharmoniker fino al termine della prossima estate. Enzo Turriziani, reatino, 29 anni, è approdato in Austria dopo essere stato, tra l’altro, primo trombone nell’orchestra di Santa Cecilia di Roma. Entrambi sono componenti dell’Opera di Vienna, il primo ma già prestigioso passaggio per approdare ai Wiener, con i quali entrambi comunque suonano regolarmente e con gioia. Careddu ha suonato e insegnato dal 2004 al 2014 a Berlino e dal 2015 al 2019 a Vienna. «E con la fortuna — racconta — di averlo fatto sempre in istituzioni importanti. La Konzerthausorchester e la Kammerakademie di Potsdam, poi i Wiener Symphoniker fino alla Wiener Staatsoper/ Wiener Philharmoniker. Tutti incarichi avuti per concorso, ci tengo a dirlo». Un debutto importante, prima, comunque italiano: «Dal 2001 al 2003 mi avevano chiamata per ricoprire il ruolo di primo flauto nella Filarmonica Toscanini, per chiara fama». Come si lavora e si insegna a Berlino, in confronto con l’Italia? «A Berlino insegno dal 2011 alla Hanns Eisler Hochschule für Musik e ho una classe relativamente piccola (massimo 6 studenti). Un lavoro di formazione musicale e strumentale molto intenso, affiancato dalla preziosa collaborazione dei pianisti preparatori».
E a Vienna? «Qui i ritmi lavorativi delle orchestre sono molto più intensi rispetto ad altre compagini europee. Ho lavorato con grandi professionisti ma ho riscontrato una minore presenza di musicisti internazionali». Alla fine dell’estate tornerà in Italia, dove è molto richiesta? «Chi lo sa? Se ci sono i presupposti, molto volentieri. Professionalmente, mi sento una cittadina del mondo, che porta però l’Italia sempre nel cuore». Enzo Turriziani dovrà attendere oltre un anno per il «verdetto finale» da parte del vertice dei Wiener. Intanto, si dividerà tra la lunga stagione estiva dell’orchestra a Salisburgo e, se troverà modo e tempo, un concerto per il Rome Chamber Music Festival. «Mi piacerebbe anche visitare la
casetta di composizione di Mahler a Dobbiaco. Quando a Vienna eseguiamo Mahler, io e non solo io avvertiamo un brivido». Vienna dunque, ma prima New York. «Ho studiato a New York e altrove ma per brevi periodi. Ai Wiener Philharmoniker ho fatto domanda. Sono stato ammesso non tra loro ma, per ora, all’Opera di Stato di Vienna. Intanto, con i Wiener suono regolarmente; alla fine del triennio si vedrà». I Wiener sono un «circolo», come i Berliner Philharmoniker che scelgono e votano il proprio direttore stabile. La formula, a Vienna, vale per i musicisti ammessi per un primo triennio affollato da numerosi concerti. Turriziani sta vivendo «i tre anni più belli» della sua vita professionale, dopo essere stato primo trombone a Santa Cecilia. Gli è servito per i lunghi mesi viennesi di oggi? «La cerchia delle orchestre dove un giovane può provare a entrare si è molto ristretta, in Italia. Non parliamo poi della chance che pochissimi organici importanti ci danno per diventare prime parti, il ruolo di maggiore responsabilità davanti a un leggio. A me è successo. Quando ho vinto il concorso dell’orchestra della Rai avevo 21 anni. Chi mi scelse in commissione per l’orchestra Rai era allora il primo trombone proprio dei Wiener: ne sono il successore. A Vienna è tutto diverso: il colore del suono, il ruolo e l’importanza dei fiati. E quando eseguiamo le opere in repertorio, lo facciamo senza prove. Dobbiamo già averle studiate».