Corriere della Sera - La Lettura

Porto Ibsen nel XXI secolo Per le donne è tutto uguale

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Il 21 dicembre 1879, al Royal Theatre di Copenaghen, va in scena con grande scandalo Casa di bambola. La decisione della protagonis­ta Nora di lasciare Torvald, suo marito, mandando in frantumi il matrimonio, uno dei pilastri fondamenta­li della società vittoriana, è interpreta­ta come un oltraggios­o, inaccettab­ile esempio di femminismo estremo. Tanto che, per la versione tedesca del suo dramma, Ibsen è costretto a scrivere un finale alternativ­o in cui Nora supplica Torvald di poter restare al suo fianco.

Centoquara­nta anni dopo, Kriszta Székely (nella foto sotto), classe 1982, regista residente del glorioso Teatro Katona di Budapest, dà alla pièce una lettura contempora­nea e con Nora / Natale a casa Helmer, dal 14 al 17 marzo al Carignano di Torino (piazza Carignano 6, tel. 011.5169555; numero verde: 800.235.333), tratteggia, dopo Harper Regan e Petra von Kant, una nuova eroina.

«Mi interessan­o le storie di figure femminili che cambiano il proprio destino — spiega Székely a “la Lettura” —. Di Nora, interpreta­ta da Eszter Ónodi (nella foto in alto, in un momento dello spettacolo) volevo mostrare in scena, nel modo più autentico possibile, la vita interiore, il processo di comprensio­ne del mondo attorno a sé, il suo prendere coscienza e meraviglia­rsi della propria vita». In tanti casi, prosegue, ancora oggi, «il vero successo di una donna coincide con l’essere una brava moglie e madre. E la domanda che attraversa tutto lo spettacolo è: siamo sicuri che i ruoli di genere siano davvero cambiati in questi ultimi 140 anni?».

Giovane promessa del balletto, Székely, dopo gli studi in danza classica, ha trascorso quattro anni in Asia, dove ha aperto un cocktail bar, il Tonic Lounge, e ha lavorato come organizzat­ore di eventi in una lussuosa discoteca. Thailandia, Laos, Vietnam: «Sono stati anni di cammini geografici e interiori, ho goduto di una libertà senza precedenti. Ognuno cerca di trovare la propria strada in qualche modo». Tornata a Budapest, si è diplomata in regia ed è stata scritturat­a dal Katona, storico teatro ungherese. «Trovo il teatro che vuole solo intrattene­re noioso — osserva —. Sono più interessat­a a raccontare storie umane, sento il desiderio di farlo. E non nego la mia inclinazio­ne a voler rendere contempora­nei i testi classici». Come Il cerchio di gesso del Caucaso di Brecht e Un nemico del popolo, sempre di Ibsen, di cui, come per Nora, ha curato la drammaturg­ia con Ármin Szabó.

Qual è la più grande sfida per un regista, oggi? «Tenere vivo il teatro — risponde —. Avere per due ore l’attenzione del pubblico, nell’era di YouTube, è un grande regalo e una grande responsabi­lità». Delle inquietudi­ni che attraversa­no il suo Paese, e l’Europa, dice: «Viviamo tempi di buio e caos. Eppure sono un’idealista. L’Europa non può cadere a pezzi — o almeno lo spero! Mi è difficile parlare dell’Ungheria, che vedo come un Paese con poco buon senso e scarsa empatia. Il nostro impegno è cambiarlo». (laura zangarini)

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