Corriere della Sera - La Lettura
Guerra all’estinzione Il Messia spagnolo che resuscita le piante
Amore per la natura e pazienza artigiana sono le armi di Carlos Magdalena, botanico dei Giardini Reali di Londra specializzato nel recuperare specie vegetali rare. Un lavoro prezioso (che ora racconta in un libro) per la conservazione del pianeta
Lo chiamano, lui prende un aereo e va a salvare le piante in Sudamerica o in Australia. Le accarezza, le raccoglie, le coltiva, le fa riprodurre. Da quando il principe dei divulgatori della natura, sir David Attenborough, lo ha soprannominato così in tv, per tutti Carlos Magdalena è diventato Il Messia delle piante, che è anche il titolo della sua autobiografia (Aboca). Che sia causa o conseguenza dello pseudonimo, a un messia laico assomiglia davvero, con i capelli lunghi e lisci, la barba brizzolata, gli occhi vispi e la tuta da giardiniere sempre indosso. Magari immerso fino alla cintola mentre contempla una delle sue adorate ninfee, di cui conosce ogni singola specie.
Nato nel 1972 nelle Asturie da una fioraia, Magdalena è cresciuto tra montagne, oceano e piogge atlantiche. La sua famiglia dopo la guerra civile assistette alla spoliazione delle vallate cantabriche causata dalle politiche di Franco, che diede incentivi a chi sterminava la fauna selvatica, ritenuta improduttiva, e rase al suolo le foreste primigenie per fare spazio a pini ed eucalipti, con l’effetto nefasto di rendere i boschi più facilmente infiammabili. Il piccolo Carlos crebbe nel contrasto tra fiumi e città soffocate dall’inquinamento, da una parte, e terre selvagge popolate da lupi e orsi, dall’altra. Scelse le seconde. Naturalista nato, si mise ad allevare uccelli e animali domestici di ogni tipo nella fattoria del padre vicino a Gijón, che con il tempo divenne un vero giardino botanico. Approdato in Inghilterra in cerca di fortuna come cameriere, Magdalena venne accettato come stagista ai Kew Gardens nel 2003.
I Royal Botanic Gardens di Kew sono un tempio mondiale della conservazione, il luogo dove si cerca di salvare dalla scomparsa le piante più rare e in pericolo. In un’epoca in cui una pianta su cinque è minacciata di estinzione, i Kew sono l’Arca di Noè dei vegetali: nella Millennium Seed Bank sono conservati due miliardi di semi, appartenenti a 35 mila specie diverse.
Il giovane Magdalena mostra tutto il suo talento appena entrato nei giardini reali. Gli affidano le cure quotidiane di una pianta tropicale rarissima, endemica dell’isola vulcanica di Rodrigues nell’Oceano Indiano, ritenuta estinta in natura e incapace di produrre semi in cattività. Vive, fiorisce, ma non genera semi. Tutti gli esperti la danno per spacciata, un morto vivente, come purtroppo moltissime specie vegetali delle isole vittime del popolamento umano. Magdalena no, è deciso a salvarla. Intanto mette a frutto l’esperienza accumulata sulle montagne asturiane, diventa un mago degli innesti e un efficiente riproduttore. Si laurea giardiniere sul campo e conquista l’ambitissimo diploma in orticoltura botanica dei Kew Gardens.
Ma Carlos ha una sfida aperta con quella pianta, Ramosmania rodriguesi. Non tollera che possa svanire. Nello scetticismo generale lavora fuori orario e studia in ogni dettaglio la sua morfologia. Escogita un sistema innovativo di innesto per impollinare la pianta, un granello dopo l’altro. Fa centinaia di tentativi finché, in un giorno d’estate, su un ramo della pianta nota la comparsa di un frutto. Per lui è un’illuminazione: contro ogni aspettativa la fertilità della specie era stata ripristinata. La soluzione artigianale, trovata quasi per caso, diventa a quel punto un vero esperimento scientifico. Magdalena costruisce un’isoletta artificiale per proteggere le piantine e riesce a far produrre loro centinaia di semi, che poi germinano nella serra. Dimostra che una specie si può salvare pur partendo da pochi esemplari sopravvissuti. L’orologio dell’estinzione può tornare indietro anche a pochi secondi dalla mezzanotte. Così nel 2007 le prime piante risorte ai Kew Gardens sono state ritrapiantate con successo sull’isola di Rodrigues.
Dopo il lieto fine di questa storia di conservazione, Magdalena è sempre più il «Messia delle piante» e punta le sue attenzioni su decine di altre specie da salvare alle Mauritius, tra cui alcune bellissime palme autoctone e 90 orchidee. Nel libro dedica un amorevole ritratto a ognuna, come se fossero vecchie amiche da recuperare in extremis. Di alcune rimane un solo esemplare, altre sopravvivono sopra una singola scogliera, altre ancora sono chiamate «Lazzaro» perché le si credeva estinte e invece rispuntano in qualche anfratto, redivive. La sfida di Carlos Magdalena continua, tra esperimenti, analisi genetiche, voli intercontinentali di semi e di botanici, burocrazie tropicali, colpi di fortuna e piccole catastrofi, tanta perseveranza, e persino battaglie contro furti e contrabbandi di piante rare. Ci sono mille modi per far morire una pianta, pochi per farla rinascere.
Il Messia porta un messaggio. Quello di Magdalena è semplice: tutta la nostra vita dipende dalle piante. L’ossigeno che respiriamo, che cosa mangiamo, come ci vestiamo, ci abbelliamo, ci curiamo, dipende dalle piante. La carta su cui scriviamo, la gomma dei nostri pneumatici, il tabacco che fumiamo, le spezie, i condimenti, tutto di origine vegetale. Se le piante smettessero di esistere anche solo per un giorno, il mondo crollerebbe. Il Messia vuole avvertirci. Il pericolo è la cecità vegetale: le piante non gridano e non si lamentano, e noi abbiamo dimenticato la nostra dipendenza da loro. Non solo, le stiamo distruggendo a ritmi forsennati, deforestando intere regioni per far posto a strade, miniere, città e pascoli. Disseminiamo specie vegetali invasive che fanno piazza pulita di quelle autoctone. Le annientiamo ancora prima di conoscerle: vengono scoperte circa duemila nuove specie di piante all’anno. Ogni volta che distruggiamo un ettaro di habitat incontaminato, nota questo testardo giramondo innamorato delle piante, è come se bruciassimo l’equivalente genetico di una biblioteca di Alessandria.
Le piante sono mute e allora serve qualcuno che se ne faccia portavoce. La metafora del Messia è usata con autoironia, senza enfasi. Anche se l’evangelizzazione si addice poco alla scienza, Magdalena è in cerca di apostoli delle piante: amatori, insegnanti, associazioni locali. Bisogna costruire reti locali di protezione diffusa, di giardino in giardino, per salvare le piante in pericolo. L’uomo che sussurra alle piante vuole rinverdire il mondo e, così, seminare il futuro.
Il pericolo più grave è la nostra cecità nei confronti dei vegetali: le piante non gridano e non si lamentano, e noi abbiamo dimenticato la nostra strettissima dipendenza da loro. Non solo, le stiamo distruggendo a ritmi forsennati, deforestando intere regioni per far posto a strade, miniere, centri urbani e pascoli