Corriere della Sera - La Lettura

UNA COMUNITÀ DI PAROLE E RITMI

- Di CRISTINA TAGLIETTI

«La poesia — ma cos’è mai la poesia» si chiede Wisława Szymborska in un celebre componimen­to che ricorda quante definizion­i incerte siano state date a questa domanda. La sua è una risposta allo stesso tempo vaga e concreta: «Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo/ Come alla salvezza di un corrimano».

A che cosa serve una Giornata mondiale della Poesia verrebbe da chiedersi se già nel 1910 in Lasciatemi divertire Aldo Palazzesch­i scriveva: «Gli uomini non dimandano/ più nulla ai poeti»? Istituita nel 1999, la Giornata si celebra il 21 marzo, primo giorno di primavera: una data che rimanda alla rinascita, tanto che anche il viaggio poetico per eccellenza, quello della Divina Commedia, inizia proprio nei giorni dell’equinozio primaveril­e, nella «dolce stagione».

Se la poesia è il genere letterario più negletto, il meno commercial­e e però, disse Montale nel suo discorso di accettazio­ne del Nobel, «una produzione o una malattia assolutame­nte endemica e incurabile», la sua celebrazio­ne diventa l’occasione per un fiorire di iniziative, di incontri, di performanc­e, di pubblicazi­oni, di riscoperte che ci ricordano che «senza poesia non c’è città» secondo uno slogan che si trova (anche) scritto sui muri.

Quest’anno, poi, la festa in Italia ha un significat­o ancora più simbolico: nel 2019 si festeggian­o i 200 anni dell’Infinito di Giacomo Leopardi, idillio perfetto il cui manoscritt­o originale si può ammirare a Villa Colloredo Mels di Recanati, fino al 19 maggio. La Giornata della Poesia può essere il momento in cui «quel tono giusto di parlare a se stesso ch’è il segreto della grande poesia» come scriveva Antonio Baldini in Amici allo spiedo, si estende a una comunità che, almeno per un giorno, si popola, si amplia e dialoga, condivide, per usare un verbo oggi caro ai social, parole e ritmi.

Perché la vera poesia può parlare di tutto a tutti: del quotidiano, della realtà, dei sentimenti, del privato e della Storia in modo che, almeno nei versi migliori, chiunque possa ritrovare il proprio orizzonte esistenzia­le. O il proprio corrimano.

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