Corriere della Sera - La Lettura
UNA COMUNITÀ DI PAROLE E RITMI
«La poesia — ma cos’è mai la poesia» si chiede Wisława Szymborska in un celebre componimento che ricorda quante definizioni incerte siano state date a questa domanda. La sua è una risposta allo stesso tempo vaga e concreta: «Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo/ Come alla salvezza di un corrimano».
A che cosa serve una Giornata mondiale della Poesia verrebbe da chiedersi se già nel 1910 in Lasciatemi divertire Aldo Palazzeschi scriveva: «Gli uomini non dimandano/ più nulla ai poeti»? Istituita nel 1999, la Giornata si celebra il 21 marzo, primo giorno di primavera: una data che rimanda alla rinascita, tanto che anche il viaggio poetico per eccellenza, quello della Divina Commedia, inizia proprio nei giorni dell’equinozio primaverile, nella «dolce stagione».
Se la poesia è il genere letterario più negletto, il meno commerciale e però, disse Montale nel suo discorso di accettazione del Nobel, «una produzione o una malattia assolutamente endemica e incurabile», la sua celebrazione diventa l’occasione per un fiorire di iniziative, di incontri, di performance, di pubblicazioni, di riscoperte che ci ricordano che «senza poesia non c’è città» secondo uno slogan che si trova (anche) scritto sui muri.
Quest’anno, poi, la festa in Italia ha un significato ancora più simbolico: nel 2019 si festeggiano i 200 anni dell’Infinito di Giacomo Leopardi, idillio perfetto il cui manoscritto originale si può ammirare a Villa Colloredo Mels di Recanati, fino al 19 maggio. La Giornata della Poesia può essere il momento in cui «quel tono giusto di parlare a se stesso ch’è il segreto della grande poesia» come scriveva Antonio Baldini in Amici allo spiedo, si estende a una comunità che, almeno per un giorno, si popola, si amplia e dialoga, condivide, per usare un verbo oggi caro ai social, parole e ritmi.
Perché la vera poesia può parlare di tutto a tutti: del quotidiano, della realtà, dei sentimenti, del privato e della Storia in modo che, almeno nei versi migliori, chiunque possa ritrovare il proprio orizzonte esistenziale. O il proprio corrimano.