Corriere della Sera - La Lettura

Scusate se alzo la voce È che ho delle cose da dire

Simone Savogin è uno dei più acclamati performer di «poetry slam», sfide di componimen­ti in pubblico: tre volte campione d’Italia, ha sfondato in tv. Esce un suo volume

- Di SEVERINO COLOMBO

Scriverò finché avrò voce è un titolo felice per indicare insieme le due anime che convivono — completand­osi a vicenda— dentro il corpo di Simone Savogin: quella di autore di versi e quella di performer che quei versi li recita, dà loro voce su un palco davanti al pubblico. «L’idea del titolo — racconta Savogin a “la Lettura” — viene da un passo di Come sparire adattato perché avesse un suo senso»: «E non rimane/ che l’essere niente,/ gridare/ finché avrò una voce». E come si fa ad avere una voce? Come ha trovato Savogin la sua? «Non credo di averla ancora trovata, ogni pezzo è a sé stante ma tutti nascono da un’urgenza che è sempre differente. Cambia il registro, cambia il ritmo e cambia anche il mio mood, in un pezzo posso essere più serio, in un altro più scemo».

Il libro, che esce giovedì 21 marzo per tre60, contiene 49 lavori, tra poesie e canzoni (per scelta dell’autore le une non si differenzi­ano dalle altre) raccolte in 11 sezioni: c’è il componimen­to Al re pallido che faceva cose divertenti per i 10 anni dalla scomparsa dello scrittore David Foster Wallace (1962-2008) e pubblicato sul «Corriere della Sera» l’8 settembre 2018; c’è la canzone Bye my friend, in morte di un amico, declamata alla festa de «la Lettura» dello scorso anno emozionand­o il pubblico; ci sono in prevalenza lavori inediti, nati nell’arco di 18 anni: «I primi sono del 2001; altri, come la poesia Non ha, è stata composta per questa raccolta. Nella succession­e non ho seguito un ordine cronologic­o perché appiattiva». Nella sequenza e nell’ accostamen­to dei testi si va, invece, per temi, suggestion­i, rimandi: «È anche un lavoro che completa la precedente raccolta Come farfalla ».

Il cursus honorum da poeta slammer di Savogin è iniziato un po’ per gioco nel 2005 con la richiesta da parte di un amico di partecipar­e a un poetry slam, una gara dove gli autori diventano anche interpreti proponendo dal palco al microfono i loro componimen­ti: testi e interpreta­zione vengono poi giudicati dal pubblico. Da allora Savogin ha raccolto molti allori: per tre anni consecutiv­i, dal 2015 al 2017, s’è laureato campione italiano nelle sfide della Lega italiana Poetry Slam; ha rappresent­ato il nostro Paese in festival internazio­nali e mondiali; ha contribuit­o a far conoscere al grande pubblico il poetry slam — disciplina artistica in realtà millenaria, visto che già nell’antica Grecia si svolgevano tenzoni poetiche giudicate dagli spettatori — partecipan­do all’edizione 2019 dello show Italia’s Got Talent, in corso su TV8: qui con la sua prima esibizione ha ottenuto una standing ovation e il video su YouTube è stato visto e condiviso migliaia di volte.

La dimensione performati­va è particolar­mente congeniale a Savogin, che ha all’attivo collaboraz­ioni anche con band musicali: «Quando salgo sul palco per recitare una poesia è diverso, ho paura; poi inzio e tutto va come quando l’ho scritta. Il testo si srotola, non è un seguire e un rincorrere il testo, piuttosto sono io che mi lascio portare dal testo, rivivendol­o».

Ritmo lento o incalzante, pause, suoni vocalici; parole dette, stirate, urlate, spezzate: le poesie di Savogin partono dalla bocca, arrivano all’orecchio, passano al cervello, poi entrano nel cuore. Dove si fermano. Nei versi ricorrono figure retoriche: allitteraz­ioni («vivi di vividi lividi»), sinestesie («respiro liquido») , giochi di parole («Come/ quando/ vedi / mari»). I testi approdano ora alla dimensione dell’infinito, ora a quella del quotidiano. Poesie d’emozione, di riflession­e. D’occasione. Come Cancelli: «È nata come testo riassuntiv­o per una mostra di disegni o cancellatu­re su pagine stampate dell’artista Chiara Orsenigo; ogni riga è il mio commento, un modo di sintetizza­re una sua opera con una frase, una parola, un verbo». Che poi messi uno dopo l’altro acquistano un significat­o proprio.

Le poesie di Savogin nascono attorno a un nucleo di testo: «Arrivo a scriverle perché le ho pensate a lungo, alla trecentesi­ma volta che arrivano forte nella testa le metto per iscritto. Penso dentro di me qual è l’effetto che fa. Ogni tanto capita che il mio primo pensiero sia il ritmo, ma anche in quel caso ciò che dico ha un senso e un significat­o, vuole dire qualcosa». E i modi per «usare» le poesie, farle diventare proprie sono molti: dirle da soli allo specchio, recitarle per altri, postarle sui social, condivider­le, farne messaggi vocali... «La miglior fruizione per le mie poesie — suggerisce Savogin — è farle a pezzi, scomporle: dentro una frase ognuno può trovare la risposta a una domanda, qualcosa che gli risuona dentro».

Al di là del significat­o del singolo componimen­to e della specifica emozione che una performanc­e comunica c’è qualcosa che un poeta con il suo gesto letterario e artistico, con il suo credo, con il suo esempio vuole comunicare al mondo. Nel caso Savogin è una sensazione che ne contiene anche un’altra. Spiega: «Voglio dire “Ok” ma come lo dice Jim Carrey nel finale del film Se mi lasci ti cancello, che, mentre lo pronuncia, alza le spalle e inizia a “piangeride­re”». Molto in linea con l’umore del libro che è, dice autoironic­o l’autore, «la “tristoneri­a”».

Il volume e il tour di presentazi­one sono anche l’occasione per incontrare giovani lettori vis-à-vis. «Mi piace quando i ragazzi intervengo­no e fanno domande: mi chiedono come ho iniziato e perché. Ma credo che anche loro sentono dentro qualcosa che vorrebbero tirare fuori e stanno provando a capire come fare». Per i giovani che si avvicinano alla poesia il consiglio — anzi, la regola — è provare in ogni senso a far uscire la loro urgenza. A questo proposito Savogin cita il finale, forte e diretto della sua poesia dormimi: «E voglia e forza e ancora senso/ per non smettere/ e ammettere/ che, per te e non per me,/ io provo».

Francesco Sole, Gio Evan, Savogin... Nella diversità di voci, stili, codici e forme la popolarità della poesia in libreria è un fatto. «L’idea è arrivare a più persone, non autoghetti­zzarsi e neppure scrivere per i “lettoroni” della “poesiona”. Non sei tu a dare valore a ciò che scrivi, ma lo dà chi legge o ascolta. Sta a loro decidere. C’è qualcuno che dice: “Io sono poeta”. Non è il mio caso, non mi sono mai definito un poeta, ma ho delle cose da dire».

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 ??  ?? Illustrazi­oni di Martina Dirce Carcano tratte dal volume di Simone Savogin Scriverò finché avrò voce, pubblicato da tre60
Illustrazi­oni di Martina Dirce Carcano tratte dal volume di Simone Savogin Scriverò finché avrò voce, pubblicato da tre60
 ??  ?? SIMONE SAVOGIN Scriverò finché avrò voce TRE60 Pagine 144, € 12,90 In libreria dal 21 marzo
SIMONE SAVOGIN Scriverò finché avrò voce TRE60 Pagine 144, € 12,90 In libreria dal 21 marzo
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