Corriere della Sera - La Lettura
Milano e Rimini vivono Come la Istanbul di Pamuk
La crisi di un matrimonio nel nuovo romanzo di Marco Missiroli è il pretesto per un’indagine sull’identità. In cui si fronteggiano anche due città: ascolta il rumore inimitabile dei tram sulle rotaie! Respira l’aria che viene dall’Adriatico!
Si fronteggiano, Milano e Rimini, le due città nelle quali è ambientato Fedeltà, il nuovo romanzo di Marco Missiroli, e giovandosi dell’amorevole acribia con cui l’autore le descrive, diventano luoghi esistenti. Missiroli sa che per dare concretezza, e anima, a una metropoli, come a una provincia, o a un villaggio, il modo più semplice è quello di «nominare»: i quartieri, le strade, le piazze, i viali, i parchi, la banchina del porto, un faro, il supermercato all’angolo. Senza minimamente preoccuparsi dello spaesamento di chi legge. Nominare, vuol dire creare. Il lettore, dunque, non sarà affatto spaesato. Vedrà quelle strade, quell’edicola di giornali, quei negozi, quelle chiese, quei palazzi borghesi, quelle periferie, quei gerbidi sotto i ponti. E, come gli accade quando si inoltra nei dedali della sconosciuta Istanbul di Pamuk, sentirà il rumore inimitabile che fanno i tram sulle rotaie di Milano, respirerà l’aria che viene dall’Adriatico, sentendosi a casa. Oppure, autorizzato a trasferire quelle città nella sua propria, quei mondi nel proprio mondo.
Milanesi sono Carlo e Margherita, sposati e senza figli da non molti anni. Appartengono a categorie sociali diverse. Lei è figlia di una sartina, Anna, e di un ferroviere. Franchin, così lo chiamava Anna, appassionato di uno spettacolo televisivo che si chiamava Drive in prodigo di «tette e culi», votava Berlusconi. Ora è morto. Un pomeriggio — uno di quei pomeriggi desolati che non ti danno scampo — scendendo in cantina, Anna scopre in una valigia un bel numero di cartoline «affettuose» che certificano un insospettabile tradimento. Hai visto il ferroviere ottuso e quieto? Altro che fedeltà! Margherita lavora in una piccola agenzia immobiliare, e a suo marito Carlo, con il quale fa spesso l’amore, provando piacere, è fedele. Ma vorrebbe tradirlo. Per esempio, con Andrea, il giovane fisioterapista che le cura una infiammazione alla gamba, massaggiandola dal polpaccio fino all’inguine. Carlo è figlio di un medico importante, deluso dalle scelte di suo figlio. Lo avrebbe voluto avvocato, professionista, non professore precario di letteratura all’università e compilatore di opuscoli pubblicitari di viaggio (Marocco, Kenya, Grecia, ecc.) per arrotondare lo stipendio. Carlo, incapace di scrivere un romanzo, lui che insegna scrittura creativa, come i personaggi di Flaubert coltiva in sé il germe ferale del fallimento. Ama Margherita, ma vorrebbe tradirla con Sofia Casadei, una sua studentessa di ventidue anni che viene da Rimini, dove ha lasciato un padre vedovo, proprietario di un negozio di ferramenta. Sofia è molto attraente, ma è divorata dal senso di colpa, perché sua madre è morta in un incidente automobilistico nel quale lei è rimasta illesa.
Abbiamo detto molto. Invece, il romanzo deve ancora incominciare. E comincia con un episodio ambiguo, un «giallo» del tradimento che per parecchie pagine — qui va dato atto all’abilità dell’autore — lascia non solo i personaggi, bensì anche i lettori, in un legittimo dubbio, e si pone quale primo anello — aperto — della catena ossessiva che avvolgerà i personaggi stessi e muoverà l’azione narrativa del romanzo. Di che si tratta? Un giorno, nel bagno femminile dell’università lasciato sbadatamente con la porta aperta, qualcuno scopre il professore e la studentessa avvinti in un atteggiamento compromettente: non stanno facendo l’amore, ma potrebbero averlo fatto. Così come, quel sorreggersi vacillante, potrebbe essere un soccorso per un malore, uno svenimento. E scoppia lo scandalo.
I due hanno fatto l’amore? Lo faranno? Margherita, che sa tutto, tradirà suo marito con Andrea? Preso d’assalto dai dubbi, il matrimonio fragile che fino a questo momento ha resistito, andrà in pezzi? Oppure si ricostituirà, superate le febbri del tradimento, in una nuovo legame? Ebbene. Margherita scoprirà che Andrea, un ragazzo contorto che in fondo al cuore conserva torvi impulsi di violenza (le scommesse sulle atroci lotte fra i cani, quelle sul pugilato fra gli immigrati e gli ultimi, nell’inferno delle periferie), ama gli uomini. Sofia tornerà a Rimini, a guardare suo padre che alza la serranda, a sentire il suo respiro roco (nella scena più tenera e più bella del romanzo ), e rinuncia. I due milanesi avranno un bambino. La sartina che vorrebbe essere la forza, il punto di riferimento degli affetti (dopo aver scoperto come il suo sia stato inutilmente tradito), cede «fisicamente» il passo, e muore.
Il romanzo che Marco Missiroli ha costruito, tecnicamente, come una catena «aperta», o, per meglio dire, con un continuo, sempre più accentuato «passaggio di consegne» fra un personaggio e l’altro, fra una situazione e un’altra, mutando prospettiva addirittura all’interno di una stessa frase (con esiti sorprendenti), rimane giustamente in sospeso, nel dubbio incardinato dalla scena iniziale del bagno femminile.
Perché non è soltanto il problema della fedeltà coniugale, il testimone affannoso che i personaggi si consegnano in un perpetuo giro. Il problema ultimo, e più vero, filtrato dalle ansie dell’adulterio, è quello della fedeltà che ciascuno deve a sé stesso. Il problema dell’identità, insomma. Complicatissimo da risolvere. In ogni circostanza.
Matrimoni incerti Carlo e Margherita sono sposati e non hanno figli. Lei è figlia di una sartina e di un ferroviere; Carlo è figlio di un medico
Relazioni pericolose Margherita vuole tradire Carlo con un fisioterapista; Carlo vuole tradire Margherita con una sua studentessa