Corriere della Sera - La Lettura
La sincerità premia l’arte di Carofiglio
Il maresciallo Pietro Fenoglio, vecchia conoscenza dei lettori di Gianrico Carofiglio, piemontese ma in servizio a Bari, sta per chiudere la sua carriera e deve fare i conti con il tempo che è passato, il lavoro che sta per finire, i figli che non ha avuto e, infine, una tediosa rieducazione dopo un problema all’anca. La fisioterapista è una bella donna, professionalmente impeccabile ma con un filo di (civettuola?) ironia che serpeggia quando chiacchiera con Fenoglio. Il quale, separato e solo, ci farebbe anche un pensiero ma è terrorizzato dalla differenza d’età e dalla brutta figura conseguente a un eventuale passo falso. Il racconto, in questa parte sentimentale, è un ricamo lievissimo, quasi invisibile. Negli esercizi per riconquistare la forma fisica tiene compagnia al maresciallo un ventenne incerto sul suo futuro (studia giurisprudenza da padre avvocato). Tra loro nasce un rapporto prezioso. Fenoglio, in modo discreto, spiega al ragazzo i segreti del suo mestiere ripercorrendo alcuni casi affrontati in carriera. Ne viene fuori un trattato sull’arte di investigare (e anche sull’arte e sul senso di narrare storie): La versione di Fenoglio del titolo, appunto. Carofiglio diventa sempre più bravo, onesto, coscienzioso. E anche generoso nei confronti dei lettori più giovani che mette a parte, senza supponenza, ma quasi con sofferenza, della sua esperienza di scrittore, magistrato e persona, per giungere a una specie di filosofia controvoglia. Questo romanzo-saggio-manuale deriva dal bellissimo romanzo precedente dell’autore ( Le tre del mattino, anche lì un rapporto padre-figlio). In termini tecnici sarebbe uno spin off. Ma ha qualcosa che va oltre la tecnica. La sincerità non è quasi mai una buona consigliera per uno scrittore. Quasi sempre è un’aggravante. Scrivere è un’arte che coltiva le più spudorate menzogne. Farei una grande eccezione per questo racconto nudo, senza orpelli, a bassa voce, in un mondo mediatico sempre più urlante.