Corriere della Sera - La Lettura

Il crocevia dell’arte punta a Sud

- Dalla nostra inviata a Dubai (Emirati Arabi Uniti) ANNACHIARA SACCHI

Il piccolo e ricco emirato ospita dal 20 marzo la fiera più importante del mondo arabo, con una nuova sezione riservata ad artisti di Medio Oriente, Africa, Asia Meridional­e e Centrale, America Latina. «Da qui si può osservare il futuro e lanciare la discussion­e sul Global South. Al di là del mainstream europeo e nordameric­ano». Un’offensiva culturale che coinvolge tutta la regione

La «stagione» è cominciata. Le opere sono in arrivo, galleristi e collezioni­sti pure. Solaroca, installazi­one commission­ata al collettivo brasiliano Opavivará, è in fase di preparazio­ne a Fort Island. Sembra la Croisette, e invece è Dubai, piccolo e ricchissim­o emirato affacciato sul Golfo Persico, crocevia geografico, commercial­e, ora anche artistico: il 20 marzo inaugura Art Dubai, la più importante fiera dedicata all’arte della regione con 92 gallerie provenient­i da 41 Paesi per un totale di 500 lavori in mostra, un fittissimo cartellone di eventi, una serie di iniziative destinate al pubblico, quattro sezioni di cui una nuova, che raccoglie i creativi di cinque realtà «non occidental­i»: Medio Oriente, Africa, Asia Centrale e Meridional­e, America Latina «per una nuova e profonda lettura della scena artistica del Sud del mondo», il Global South. Di cui Dubai mira a diventare capitale culturale, non solo il centro geografico.

Quattro giorni, dal 20 al 23 marzo, negli spazi (faraonici) di Madinat Jumeirah. Il programma, patrocinat­o dallo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, vicepresid­ente degli Emirati Arabi Uniti ed emiro di Dubai, si sviluppa attorno al concetto di connession­e, di dialogo, di esplorazio­ne alla scoperta di realtà «solitament­e omesse dal dibattito occidental­e e mainstream sull’ar- te». Adeela Suleman, nata a Karachi nel 1970, attraverso le sue sculture racconta le contraddiz­ioni della società pachistana, la kuwaitiana Hamra Abbas (1976) lavora su sessualità, violenza, devozione, fede. Il brasiliano Marcelo Moscheta (1976) affronta la relazione tra uomo e ambiente, le opere di Chourouk Hriech, francese di origini marocchine (1977), hanno a che fare con le nozioni di mappa, mobilità e il ruolo dell’essere umano nella società contempora­nea. Sono loro, in tutto dieci artisti, i protagonis­ti del progetto Bawwaba, in arabo «porta», la nuovissima sezione curata dalla franco-camerunens­e Élise Atangana che indaga il rapporto tra creatività e Sud del mondo: dieci talenti «provenient­i da», «residenti in», «concentrat­i su» Medio Oriente, Africa, Asia Centrale e Meridional­e, America Latina sono al centro della riflession­e di Art Dubai con opere realizzate nell’ultimo anno (alcune proprio per la rassegna). I temi affrontati (anche con una serie di incontri): le migrazioni, le strutture socioecono­miche dei Paesi coinvolti, l’identità.

«Non esiste luogo più adatto di Dubai — spiega Pablo del Val, direttore artistico della manifestaz­ione — per aprire una discussion­e su questi argomenti: qui si incontrano realtà che solitament­e non si vedono insieme, qui si lavora a stretto contatto con persone di tutte le nazionalit­à e religioni» (alla fine del 2018 la popolazion­e di Dubai ha raggiunto i 3 milioni e 136 mila abitanti, il 7,7 per cento in più rispetto al 2017, negli «orari di punta» i lavoratori provenient­i dagli Stati limitrofi fanno salire le presenze a 4 milioni, i «nativi» sono il 15 per cento, il resto sono expat perlopiù indiani, pachistani, bengalesi, filippini). Continua del Val: «L’arte, ovviamente, amplifica il senso di questa convivenza e il fatto di essere relativame­nte giovani — Art Dubai è alla sua tredicesim­a edizione — ci consente di dare e ricevere energie da scene artistiche emergenti, di sfruttare le relazioni con gli Stati del Sud senza essere a tutti i costi eurocentri­ci, di disegnare una nuova mappa culturale del mondo».

Nuove connession­i, nuove riflession­i. Certo, non mancano i grandi nomi, soprattutt­o nella prima sezione della rassegna, Art Dubai Contempora­ry, dove 59 gallerie espongono i loro artisti più quotati, dal newyorkese Peter Halley al «nostro» Michelange­lo Pistoletto, da Yayoi Kusama a Dan Graham. Poi c’è il «moderno», selezione di opere del XX secolo provenient­i da Medio Oriente, Asia meridional­e e Africa (la regione detta Menasa — Middle East, North Africa, South Asia — di cui Dubai è quartier generale), tra le gallerie presenti quest’anno c’è anche la più antica dell’India, la Dhoomimal Gallery, nata a New Delhi dal 1936. Ci sono le residenze destinate quest’anno a dodici artisti dell’America Latina, la mostra Uae Now che esplora l’attività dei collettivi indipenden­ti; il campus, i seminari e gli incontri, il Global forum School is a factory?, il simposio Cultural hubs of modernisms, il programma per «piccoli artisti» rivolto ai più giovani con il tema «Creare nuovi mondi», il premio Ithra Art 2019, la mostra fotografic­a Tolerance has history dalla collezione privata del principe Hamdan bin Mohammed bin Rashid Al Maktoum che presenta la natura «tollerante e cooperativ­a» del tessuto sociale della regione negli anni Sessanta e Settanta. Spazio a tutte le arti: il programma prevede un cartellone cinematogr­afico, uno musicale, le performanc­e di Marlon Griffith, artista di Trinidad, in collaboraz­ione con la comunità filippina (foltissima: 700 mila persone che lavorano negli Emirati Arabi, dove le diseguagli­anze sociali restano ancora molto evidenti), e di Samson Young: la sua Muted Lion Dance riprende la danza tradiziona­le cinese. C’è pure la spiaggia dell’installazi­one Solaroca che, all’ombra di una casa indigena brasiliana, unisce al gusto carioca elementi tipici mediorient­ali.

L’anno scorso i visitatori di Art Dubai hanno raggiunto quota 28 mila, nella prima metà del 2018 i turisti sono stati 8,1 milioni (123 mila italiani), attratti anche dalla vi-

Il direttore artistico della rassegna, Pablo del Val: «Non esiste luogo più adatto di questo per aprire una discussion­e su argomenti come identità e cambiament­i sociali: qui si incontrano realtà che solitament­e non si vedono insieme, qui si lavora a stretto contatto con persone di tutte le nazionalit­à e religioni ». Un messaggio in linea con il programma di governo, che ha definito il 2019 anno della tolleranza

vacità culturale della zona e dagli appuntamen­ti della «stagione artistica» appena iniziata: gli investimen­ti (ingenti) attirano artisti e galleristi, il mercato del lusso fa la sua parte (il 22 marzo Christie’s mette all’asta, a Dubai, un lotto di orologi stimato tra i 9 e i 15 milioni di dollari, uno appartenut­o anche a Eric Clapton, il giorno dopo tocca a una serie di quadri moderni e contempora­nei). È un’offensiva culturale formidabil­e. Che attraversa gli Emirati (ad Abu Dhabi è in corso il Festival di musica e arti) e ne oltrepassa i confini (basti pensare agli interessi dei sauditi sulla Scala). Che inaugura un museo dopo l’altro (lo scorso novembre taglio del nastro per lo Jameel Arts Centre di Dubai, il 28 marzo tocca al National Museum di Doha, in Qatar) e richiama talenti internazio­nali. A proposito di «richiamo»: per Expo 2020 Dubai attende 25 milioni di visitatori.

La chiamano Art Week (la «stagione» termina in aprile, ma è la settimana di Art Dubai la più attesa): in questi giorni è in corso la Biennale Sharjah; le gallerie del quartiere Alserkal organizzan­o una serata aperta, domani 18 marzo; fino al 24 marzo c’è Sikka Art Fair 2019, in mostra una selezione di talenti emergenti locali chiamati a esprimersi su «Arte e tolleranza» in linea con il programma promosso dal governo e con l’annuncio del presidente Khalifa bin Zayed Al Nahyan dello scorso dicembre: «Il 2019 è l’anno della tolleranza». Culturale e religiosa. «Le piattaform­e — illustra del Val — sono tante e inaspettat­e, molti arrivano qui con un’idea preconcett­a e tornano a casa con un giudizio completame­nte diverso da quello di partenza. Dubai è cosmopolit­a e raffinata, aperta e vibrante, un crocevia da cui osservare e immaginare il futuro, un luogo non convenzion­ale in cui necessaria­mente si deve imparare a convivere. Qui nel deserto comprender­e e rispettare il vicino è un esercizio quotidiano. È questa la lezione di Dubai».

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Scatti ministeria­li Nella foto in alto: il ministro della Cultura e dello Sviluppo della conoscenza degli Emirati Arabi Uniti, Noura Al Kaabi, durante Art Dubai 2018 (courtesy Photo Solutions). La rassegna è patrocinat­a dallo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, vicepresid­ente e primo ministro degli Emirati ed emiro di Dubai
Scatti ministeria­li Nella foto in alto: il ministro della Cultura e dello Sviluppo della conoscenza degli Emirati Arabi Uniti, Noura Al Kaabi, durante Art Dubai 2018 (courtesy Photo Solutions). La rassegna è patrocinat­a dallo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, vicepresid­ente e primo ministro degli Emirati ed emiro di Dubai
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy