Corriere della Sera - La Lettura
«Addio capitalismo Anche l’euro affonda Vincerà il disordine »
Quando un intellettuale parla di fine del capitalismo, la tentazione di non dargli retta e passare ad altro bussa alla mente. Troppe volte è stata prevista e altrettante volte il sistema economico alla base della prosperità dell’Occidente ha cambiato pelle, è sopravvissuto, ha inaugurato una nuova fase. Questa volta è diverso? Dopo la crisi del 2008 e con il vacillare odierno della globalizzazione è arrivato il momento finale?
Quando scende in campo un peso massimo del pensiero sociale europeo come Wolfgang Streeck, i pregiudizi vanno messi da parte, la sua analisi va presa in considerazione, va discussa perché è interessante e stimolante: non farlo vorrebbe dire che il capitalismo, almeno quello che vive anche di libero pensiero, sarebbe davvero già morto.
Streeck sarà a Torino giovedì 28 marzo, nel quadro di Biennale Democrazia: interverrà dunque in uno dei Paesi europei che più sentono la crisi del modello del quale prevede la fine. Collocato saldamente nella sinistra politica tedesca, oggi direttore emerito del Max Planck Institute per lo Studio delle società, a Colonia, è una figura tra le più rilevanti e autorevoli nel dibattito politico europeo. Nei suoi scritti più recenti sostiene che il «capita- lismo dell’Ocse», cioè quello delle economie più avanzate, è «in una traiettoria di crisi sin dagli anni Settanta». In passato, la capacità del sistema di sopravvivere è dipesa da «un continuo lavoro di riparazione», ha scritto nel suo libro più recente, How Will Capitalism End?, una raccolta di saggi scritti in seguito alla crisi del 2008. «Oggi, tuttavia, troppe fragilità sono diventate simultaneamente acute — continua — mentre troppi rimedi si sono esauriti o sono stati distrutti». Da qui la previsione: «La fine del capitalismo può quindi essere immaginata come morte da un migliaio di tagli, o da una molteplicità di malattie ognuna delle quali sarà sempre più intrattabile in quanto tutte domanderanno cure allo stesso tempo». Il sociologo individua tre tendenze di lungo termine che corrono in parallelo «attraverso l’intera famiglia delle ricche democrazie capitaliste: declino della crescita, crescente disuguaglianza e aumento del debito — pubblico, privato e complessivo». Trend inarrestabili: «Non c’è niente in vista che possa anche solo un po’ sembrare abbastanza potente per spezzare le tre tendenze, diventate profondamente radicate e densamente interconnesse».
Secondo Streeck, il capitalismo è entrato nella «fase finale»: è un sistema che